Buon compleanno Mascagni! Al Teatro Goldoni di Livorno una serata memorabile con le belle voci di Reutov, Umani e Hayashi, il quarto atto di Parisina, la direzione di Valerio Galli e (in apertura) il grande pianoforte di Ilio Barontini. La recensione di Fulvio Venturi

di FULVIO VENTURI

Il mio lungo corso di spettatore mi riporta ad una serata del dicembre 1970, quando Silvano, l’opera di Mascagni, tornò in scena al Teatro Goldoni di Livorno dopo un’assenza di quarantasette anni. Pioveva a dirotto quella sera, ma il teatro era gremito, con il pubblico ammassato persino in fondo alla platea, contro le mura perimetrali della sala. Tutti volevano riascoltare quei due atti “di piccola roba” così come lo stesso Mascagni aveva definito la sua breve e dimenticata opera. E l’entusiasmo salì alle stelle, fra le rammemorazioni dei più anziani e la sorpresa dei giovani che scoprivano un Mascagni intimistico, elegante, e quasi astratto, nel balenìo di quel lunare secondo atto.


Quella stessa atmosfera, fra l’entusiastico e lo stupefatto, ho ritrovato alla fine di questo concerto, articolato su pagine fra le meno note di Pietro Mascagni, che si eseguivano nella ricorrenza della nascita del musicista, avvenuta a Livorno il 7 dicembre 1863.
Il bellissimo quarto atto di Parisina è stato il focus della serata, con il suo afflato lirico e tragico, merito anche di un momento fra i più ispirati del teatro dannunziano con versi d’inusitata bellezza, che richiamano con funzione simbolica lo scrosciare purificatore della pioggia e il dolce peso d’amore, ma direi che la sorpresa vera è giunta dall’interludio di Nerone, il titolo postremo del Livornese, una pagina infuocata e rapsodica, come la vita d’artista di Mascagni stesso.
Demiurgo di questa operazione è stato Valerio Galli, concentrato e commosso come non mai, alla guida di un’orchestra (della Fondazione Goldoni) alle prese con musiche di difficile esecuzione, armonicamente complesse e dall’ordito talvolta virtuosistico dal lato tecnico. Con Galli, valoroso direttore, è da elogiare il trio dei cantanti che ha eseguito l’atto finale di Parisina, ovvero la elegante Noemi Umani, soprano, Vladimir Reutov, tenore (che bei si bemolle, vivaddio) e la straordinariamente incisiva Mae Hayashi, mezzosoprano. Tutti da promuovere a pieni voti, con l’encomio ufficiale per aver dimostrato, e bene, che Mascagni si può eseguire, e bene, con voci giovani e preparate.


Il coro (sempre della Fondazione) si è disimpegnato in quel passo marinaresco di Silvano (sezione maschile) che nella mia memoria è valso da ricongiungimento all’episodio che dà principio alla presente recensione, nella raffinata, brumosa e vagamente mortuaria alba novembrina delle Olandesine di Lodoletta (sezione femminile), e nella Preghiera di Cavalleria rusticana (Noemi Umani e Mae Hayashi ancora soliste). Per ovunque, in queste musiche, Valerio Galli ha dimostrato il suo ben noto dominio della tecnica direttoriale, con un gesto sempre chiaro, esemplare, mai dimostrativo, e rattenuta devozione all’officio da compiere, ovvero servire la musica.

Faremmo tuttavia un grave torto al distinto pianismo di Ilio Barontini, se citassimo solo di passata il suo omaggio a Mascagni che ha aperto la serata. Barontini ha operato sul corpus di cinque fogli d’album del primo periodo mascagnano – La tua stella, Pena d’amore, Ballata medievale, Ave Maria, Serenata – alle quali ha aggiunto una composizione più tipicamente livornese, l’Invocazione alla Madonna, composta da Mascagni alla volta di un pellegrinaggio a Montenero dell’agosto 1932, senza modificare la linea melodica, ma riuscendo a dare senso pianistico a quelle pagine fino al raggiungimento di una composizione finissima e a sé stante. La sua elegantissima mano ha fatto il resto.
Soddisfazione fra i presenti al termine con la sensazione di aver assistito ad una serata memorabile. Prima del concerto il direttore generale della Fondazione Goldoni, Mario Menicagli, ha rivolto sentite parole agli esecutori ed alla augusta parvenza del Musicista ricordato.