Stagione lirica al Verdi di Pisa. Tutto pronto per Tosca, fra arte, amore, intrighi, politica nella Roma papalina. In scena il 15 e 17 novembre

Dopo l’inaugurazione della stagione lirica all’insegna del barocco, il cartellone del Teatro Verdi di Pisa riprende con Tosca uno dei melodrammi più amati di Giacomo Puccini. A sei anni dall’ultima rappresentazione pisana, l’opera, tenuta a battesimo dal Teatro del Giglio di Lucca, andrà in scena al Verdi venerdì 15 (ore 20.30) e domenica 17 novembre 2019 (ore 15.30), per essere ripresa a Livorno il prossimo febbraio 2020.

L’arte, l’amore, la politica e gli intrighi sullo sfondo della Roma papalina riprendono vita sotto la bacchetta di Marco Guidarini, alla testa dell’Orchestra della Toscana, e con le suggestioni gotiche di Ivan Stefanutti, autore di regia, scene e costumi, coadiuvato da Ezio Antonelli (visual designer) e da Marco Minghetti (light designer). Sul palco alcuni interpreti noti al pubblico internazionale: il tenore Enrique Ferrer (Cavaradossi), il soprano Daria Masiero (Tosca) e il baritono Leo An (Scarpia).

In bilico tra post-romanticismo, realismo ed espressionismo, Tosca fu ispirata dall’omonima pièce di Sardou e dal 1900, data della prima rappresentazione a Roma, non è mai uscita di repertorio. Melodramma attorno alle vicende oscure e ai crimini della Roma papalina alla vigilia della battaglia di Marengo (1800), il capolavoro pucciniano è un inno all’arte, al canto e alla giustizia.

“È come se il personaggio di Tosca – spiega Marco Guidarini – interpretasse in scena la propria vita d’artista, in cui il crimine, la violenza e il suicidio fanno parte di quella doppia realtà, dell’illusione scenica consapevole, dell’artificio. La straordinaria cura del dettato orchestrale, anche quando si dispiega nell’effetto descrittivo o cinematografico, ha valore di tela di fondo nel tormento esistenziale della protagonista”.

Per Ivan Stefanutti, la vicenda è nera, “quasi gotica, fatta di desideri malsani e tragici epiloghi, dove l’amore è solo un episodio di passaggio […] Sono palazzi di potere, cupi e sinistri. Edifici dove si stratificano memorie inconfessabili, si nascondono i documenti pericolosi e dove si abusa. Sono il centro oscuro della città. Una città non solare, dove per sopravvivere bisogna non vedere, ma guardarsi alle spalle”.

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