SPECIALE “IRIS” / 7. Dopo il debutto a Livorno, l’attesa cresce a Pisa e Lucca. Il secondo cast e i giovani cantanti del Progetto Mascagni Opera Studio

di ELISABETTA ARRIGHI

La nuova produzione di “Iris”, l’opera di Pietro Mascagni che ha debuttato al Teatro Goldoni di Livorno e proseguirà il suo cammino in gennaio al Teatro Verdi di Pisa (nei giorni 16 e 17) e in febbraio al Teatro del Giglio di Lucca (weekend del 10 e 11), teatri che compaiono della coproduzione che ha visto anche impegnato il Kansai Nikikai Opera Theater di Osaka dove l’opera andata in scena alla fine della primavera del 2017, è senza dubbio uno degli eventi operistici di questa stagione lirica 2017/2018 per quanto riguarda i teatri di tradizione toscani affacciati lungo la costa.

“Iris”, dopo la rappresentazione di esordio sabato 16 dicembre 2017 al Goldoni, ha replicato domenica 17 dicembre con il secondo cast. Abbiamo rivolto a Fulvio Venturi, musicologo, critico e saggista, alcune domande riguardo alla replica.

Può darci un suo giudizio su Valentina Boi, soprano, seconda interprete di Iris, partecipante al Mascagni Opera Studio, giovane cantante livornese al suo debutto davanti al pubblico di casa?

“Ha fatto una bellissima recita, nella quale ha anche dato dimostrazione di sapersi gestire. Iris è un’opera molto difficile, la parte della protagonista è lunga e cresce d’intensità con lo svolgere dell’azione – risponde Venturi – . Il culmine della tensione emotiva è situato nel secondo atto, con l’aria della piovra che è anche molto attesa dal pubblico, ma si giunge a quel punto attraverso tutto un mutare di stati d’animo, dall’ansia adolescenziale del primo atto, alle reminiscenze oniriche della scena del risveglio, ad una consapevolezza quasi erotica nel duetto, sino all’interrogativo finale. Di conseguenza cambia anche l’ambito vocale della parte, che da lirico e sognante si fa sempre più drammatico, sino al marcatissimo inno a Nirvana del finale. Valentina ha iniziato con molta attenzione, quasi saggiando le sue possibilità al confronto di una parte tanto complessa e nel corso della recita ha liberato una grande energia, dando il meglio di sé proprio nella “piovra” e nel finale”.

Al Progetto Mascagni Opera Studio, di cui lei è stato docente alla masterclass, hanno partecipato anche Filomena Fittipaldi, altra interprete di Iris, Denys Pivnitskyi, Samuele Simoncini, Maria Salvini, Federico Bulletti, Didier Pieri… cosa può dirci delle loro interpretazioni? Quale è, a suo giudizio, la voce più “mascagnana”?

“Denys Pivtinisky (come secondo cast, ndr) ha fatto una bellissima recita insieme a Valentina Boi. Ha una voce molto robuta, con un registro acuto solido, sicuro e squillante. Deve lavorare sul timbro, sulle “nuances” di una parte raffinata, elegante e flessuosa come quella di Osaka. Ha un’ottima guida in Nicola Martinucci, il grande tenore, suo maestro di canto. E’ sulla buona strada, vada avanti così senza forzare.  Filomena Fittipaldi è una ragazza capace, attenta. Inoltre ha un gradevole aspetto ed è molto educata, rispettosa dei docenti e dei colleghi. Ha lavorato molto bene e sa attendere. Il suo momento che arriverà a Lucca e anch’io l’attendo perché a mio avviso lei è una vera promessa. Samuele Simoncini giunge a questo repertorio dopo una lunga evoluzione vocale iniziata qualche anno fa. Affronta il suo impegno con devozione e modestia. Sono convinto che possa fare bene.  Maria Salvini, livornese, colta, deve trovare la giusta maturazione tecnica. Per una parte di fianco come quella della Guècha, dove la grazia naturale aiuta molto è pressoché perfetta, ma deve misurarsi anche su parti più articolate. Anche Federico Bulletti deve trovare l’assetto tecnico, per il momento fa esperienza. Didier Pieri (anche lui livornese, ndr), invece, si esprime con una proprietà di linguaggio musicale veramente notevole rispetto all’età. Ha studiato e studia molto seriamente, dispone di una vocalità forbita. In una parte come quella del Cenciauolo, breve, ma raffinata e difficile per intonazione è pressoché perfetto. Veda lui se specializzarsi in questo repertorio, dove peraltro un livornese, Carlo Bosi, è adesso ai vertici nel mondo, o se iniziare ad avvicinarsi alle parti da protagonista”.

“La professione del cantante è complessa soprattutto dal lato psicologico – prosegue Fulvio venturi – . Si deve essere a proprio agio, liberi, sia nei confronti del pubblico, sia di quello che si canta. Questi ragazzi sono stati tutti molto bravi. Con loro voglio ricordare che anche il basso Fulvio Fonzi, uno splendido Cieco nella recita del 17 dicembre, lo stesso Paolo Antognetti, Osaka nel primo cast, Carmine Monaco d’Ambrosia, Kyoto nel primo cast. Tutti hanno seguito le masterclass di questa produzione. Né possono essere dimenticati coloro i quali hanno fatto parte del progetto, ma non sono arrivati alla ribalta e faccio un nome per tutti, quello della giovanissima Grazia Sinagra, una voce di rara qualità che deve solo attendere la giusta maturazione.  Mi chiede della voce più “mascagnana”. Bella domanda, ma la voce “mascagnana” non esiste. L’attitudine di un cantante è la risultante di molte caratteristiche, tecnica, timbro, capacità interpretativa, musicalità, stile, misura. In questo senso, mascagnano, pucciniano, verdiano, è solo un aggettivo. Il cantante deve essere preparato”.

Far parte di un’opera come”Iris” cosa rappresenta per un giovane cantante lirico?

“Un bel banco di prova che senza la giusta preparazione può risolversi in un azzardo. Con Iris non si scherza, ma non si scherza con il melodramma in generale”.

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