“Carmen” a Novara. Alisa Kolosova, bel timbro e passione, bene gli altri interpreti (da Zada al toscano Pieri) e il direttore d’orchestra Beltrami

di FULVIO VENTURI

Si è trattato di una buona produzione che ha avuto anche il merito di presentare giovani interpreti dotati di buone voci. Diremmo che il fulcro dello spettacolo – “Carmen” di Bizet che ha aperto la stagione 2017/2018 al Teatro Coccia di Novara – si trova nella direzione di Matteo Beltrami che ha assicurato il giusto equilibrio fra il palcoscenico e la sonorità generosa della buca d’orchestra, con colori limpidi, buone dinamiche e sufficiente eleganza, trovando i momenti migliori nei lirismi del terzo atto.

La protagonista Alisa Kolosova ha convinto in virtù di una voce piena e sonora, di bel timbro e anche per una interpretazione senz’altro carica di passione, ma mai sopra le righe. Se nei primi due atti è stato possibile rinvenire nello stare in scena di questa cantante alcuni atteggiamenti che ricordavano quelli epidermici delle Carmen-saloon d’antica memoria, senz’altro derivanti dal taglio registico, con il giungere del terzo atto l’interpretazione si è fatta più raccolta e presaga del tragico finale. Accanto a lei il tenore Azer Zada ha dispiegato una voce di ottima pasta, lunga, che ha spaziato senza problemi nei meandri della parte di Don José, uno dei più ambiti traguardi dei tenori per tutto il secolo scorso. Bene nel duetto con Micaela nel primo atto, benissimo dell’attesa “romanza del fiore”, ancor meglio nelle veementi minacce a Carmen nel terzo e senza pecca, convincente come un navigato interprete, nel quarto. Una voce che fa pensare in modo lusinghiero ad impieghi futuri, ma che proprio in ragione della giovanissima età del suo possessore, deve essere anche centellinata e corredata da studio sempre più fine. Convincente Simon Orfila negli scomodissimi panni di Escamillo e bene Valeria Sepe come Micaela, anche se qualche indugio, qualche “nuance”, per dirla in francese, nella trepida aria del terzo atto poteva anche starci (a seguire la fotogallery dello spettacolo).

Accanto a questo eccellente quartetto di protagonisti hanno poi molto ben figurato la Frasquita e la Mercedes di Leonora Tess e Irene Molinari, nonché il sicurissimo Dancaïro di Paolo Maria Orecchia ed il fresco Remendado di Didier Pieri, sempre più sulle tracce del suo concittadino livornese Carlo Bosi, uno dei migliori caratteristi al mondo. In attesa di sviluppi il Morales di Lorenzo Grante e lo Zuniga di Gianluca Lentini.

Il coro San Gregorio Magno (Maestro Mauro Rolfi) ha alternato buoni momenti ad alcuni più incerti, ma veramente molto bene hanno fatto le voci bianche dell’Accademia Langhi. L’Orchestra della Fondazione Coccia con il Conservatorio “Cantelli” non sempre è parsa omogenea, ma si deve mettere in conto la scarsità delle prove avute a disposizione. Per ultima abbiamo lasciato la regia di Sergio Rubini (assistente Gisella Gobbi) che in un impianto tradizionale cede il passo a forzature di non facile lettura, come lo sventolìo di fazzoletti rossi alla morte di Carmen.

Coreografie di Simona Bucci, luci di Fiammetta Baldiserri, scene di Luca Gobbi, costumi di Patrizia Chericoni per un successo vibrante a teatro pieno.