“Risurrezione” di Franco Alfano a Firenze (mancava dal 1929) nell’allestimento del Festival di Wexford. Anne Sophie Duprels getta il cuore oltre l’ostacolo. Applausi per lei e il maestro Lanzillotta. La recensione di Fulvio Venturi

di FULVIO VENTURI
Tanti ricordi mi legano a “Risurrezione” di Alfano: un’intervista radiofonica di Magda Olivero durante la quale la grande interprete di Saluzzo diceva di aver appreso la parte di Caterina – così la protagonista nell’opera – direttamente da Franco Alfano. Nella stessa intervista la cantante diceva pure che la moglie del compositore medesimo le avesse insegnato passo per passo che cosa fare nella scena del carcere, a fumare, a bere da una bottiglia e a pronunciare con la giusta carica grottesca la frase “il vecchio bamboccion”, dando così parvenza ad un cliente adescato da Caterina. La trasmissione del 1973, ancora via radio, che rappresentò una specie di evento fra gli appassionati data la presenza della stessa sempiterna “Magda”. La produzione del San Carlo di Napoli nel ventennale della scomparsa di Alfano, maggio 1975, con una fantastica e bella Virginia Zeani, Gastone Limarilli e Antonio Boyer sotto la direzione di Ottavio Ziino. Infine il romanzo di Tolstoji letto in una estate di tanti anni fa, forse il 1970.
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A parte il cassetto dei ricordi e dei sentimenti legati a quegli anni che mi vedevano sì e no ventenne, devo dire che come opera “Risurrezione” non mi ha mai avvinto più di tanto e che in una gerarchia di gradimento alfaniano ad essa abbia sempre preferito “Sakuntala”. Tracce di Literaturoper si rinvengono solo nel titolo, essendo il libretto di Cesare Hanau una quasi sbrigativa riduzione del romanzo tolstoiano e la prima mezz’ora è regalata ai quadretti di genere, duetto della seduzione incluso; poi l’opera prende quota con il solipsismo disperato di Katiusha nella scena della stazione, ma nel carcere la maniera torna a sopravanzare l’ispirazione: convince poco la prima scena fra il tragico e il grottesco, mentre la “chiama” delle inviate alla deportazione, pur costruita sul colto cenno bachiano di una fuga, assomiglia troppo da vicino, ma senza la stessa forza d’espressione, a quella di “Manon Lescaut”. Infine quel dannato principe Dimitri che in tutta l’opera sembra passare sempre per caso, – quale differenza da Tolstoij -, non perde mai il suo à plomb né mai esprime sensi di convincente pietà. I desolati ricordi di Katiusha che chiudono l’atto ci danno tuttavia la pagina più intensa e dell’opera.
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Il gelo iniziale del quarto atto, il silenzio del paesaggio siberiano richiama quello di un capolavoro – il finale della “Ledi Makbet” di Šostakovič che verrà trent’anni dopo – con l’aria di Simonson che teatralmente sarà una “zeppa”, ma che ci pare d’ispirazione genuina (bello il violino obbligato) e con il duetto della risurrezione, – più tradizionale che nuovo, certo – che riesce però a farci sciogliere con quella lancinante frase di Katiuscia “Addio Dimitri, baciami sulla fronte” proprio sul chiudere dell’opera.
Ma in tutta sincerità non potremmo mai accostare “Risurrezione” alle grandi opere italiane del Novecento, come “La fanciulla del West”, tanto per fare un titolo, né alle più solide espressioni del teatro verista, come “Ratcliff” (parlando di Literaturoper) o “Chénier”.
Comunque siamo felici che per una volta si possa parlare di Alfano senza citare il finale di “Turandot”.
Qui a Firenze (Maggio Musicale Fiorentino, nda) “Risurrezione”, che non si dava dal 1929, è giunta nell’allestimento del Festival di Wexford, una rassegna che negli anni ha mostrato di non avere pregiudizi nei confronti del verismo a differenza di tanti teatri italiani.
Allestimento tradizionale nelle scene di Tiziano Santi, nei costumi di Claudio Pernigotti, nelle luci di Ginevra Lombardo sul design originale di D. M. Wood e nella regia di Rosetta Cucchi, non privo di citazioni pittoriche quali l’Azrail di Mikhail Vrubel, il celebre simbolista russo, e di qualche colpo come il suggestivo finale.
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Il giovane direttore Francesco Lanzillotta si è gettato con passione nella partitura di Alfano con qualche eccesso di decibel, e vorremmo a lui ricordare che secondo un’aurea legge teatrale è meglio togliere che mettere, però dimostrando chiarezza di gesto e sicurezza. Crediamo poi fermamente nel lavoro dei giovani e va bene così. Il coro come di solito era diretto da Lorenzo Fratini.
Luci ed ombre, inevitabilmente, fra i personaggi di fianco che in quest’opera sono ben ventisette, citiamo però il timbro sonoro e la bella presenza scenica di Ana Victoria Pitts (Vera e La Korableva), il carattere ben delineato di Romina Tomasoni (Matrena Pavlovna e Anna), di Francesca di Sauro (Sofia Ivanowna) e Nadia Pirazzini (Una vecchia serva).
Il baritono Leon Kim, Simonson, ha messo in campo una buona voce e tutto sommato è uscito bene dalla difficile aria e dalla umanissima caratterizzazione del suo personaggio.
Accettabile anche il tenore Mattew Vickers nello scomodissimo personaggio del principe Dimitri che canta molto e figura poco.
Anne Sophie Duprels, la protagonista, ha gettato il cuore oltre l’ostacolo. La parte di Caterina è lunga, spossante, intensa, il personaggio si mostra in tutte le età, in tutte le condizioni fisiche e psicologiche, i suoi accenti variano dall’ingenuo adolescenziale al tragico. Una parte dunque da grandissima prima donna, come dimostra la galleria d’interpreti del dopoguerra, dove figura l’affascinante Carla Gavazzi, oltre alle citate Magda Olivero e Virginia Zeani, di tempi recenti con Olivia Stapp e Denia Mazzola, e di una volta con la favolosa Giuseppina Cobelli e le ancor più antiche Elvira Magliulo, Mary Garden, Eugenia Burzio, Ersilde Cervi Caroli.
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Diremo subito che dalla protagonista di “Risurrezione” vorremmo una maggior aderenza con la parola e forse anche un temperamento più duttile di quanto mostrato da Anne Sophie Duprels la quale ha nondimeno affrontato il cimento con professionalità crescendo d’intensità nel corso dello spettacolo e collocando note pulite, ben sostenute e sonore ove la parte lo richiede.
Un pubblico attento, generoso e partecipe, quantunque non troppo numeroso, ha applaudito lungamente decretando il successo della serata e dimostrando di gradire l’opera, con vertici di particolare calore per Lanzillotta e Duprels.
*** “Risurrezione” sarà in replica al teatro del Maggio a Firenze (piazzale Gui) domenica 19 gennaio 2020 alle ore 15.30, poi martedì 21 e giovedì 23 alle ore 20.