MASCAGNI FSTIVAL. Al via a Livorno la prima edizione, apertura (il 2 agosto) con il concerto lirico “Con occhi dove un’anima sognava” introdotto dal critico musicale Fulvio Venturi, studioso del compositore di “Cavalleria”
Commemorazione 75° Anniversario dalla Morte di Pietro Mascagni
Concerto lirico
con
Maria Billeri soprano
Francesca Maionchi soprano
Rossana Rinaldi mezzosoprano
Samuele Simoncini tenore
Sergio Bologna baritono
Laura Pasqualetti pianoforte
Andrea Gambuzza voce recitante e Ilaria Di Luca voce recitante
Introduce Fulvio Venturi, musicologo, autore di saggi e pièce mitico-teatrali, critico musicale. Studioso di Pietro Mascagni, ha di recente pubblicato un nuovo libro dedicato al grande compositore livornese.
MODALITA’ E BIGLIETTI Prezzo: € 7 (posto unico non numerato)
Prevendita biglietti presso il botteghino del Teatro Goldoni (tel. 0586 204290), sempre con orario 10-13 e 15-17, nei seguenti giorni: 14, 16, 21, 23, 28 e 30 luglio; 1, 3, 8 e 10 settembre. Oltre che al botteghino, i biglietti potranno essere acquistati nei punti TicketOne oppure on line collegandosi a www.goldoniteatro.it. – www.ticketone.it.
Per gli spettacoli di settembre la prevendita continuerà nei punti vendita e online anche nel mese di agosto.
CON OCCHI DOVE UN’ANIMA SOGNAVA concerto lirico
Programma
“Tu qui Santuzza” da Cavalleria Rusticana (1890)
“O pallida che un giorno” da L’amico Fritz (1891)
“Fa’ che i pensier non tornino” da I Rantzau (1892)
“E’ sempre il vecchio andazzo” da Guglielmo Ratcliff (1895)
“S’è spento il sol” da Silvano (1895)
“No! Non andar da Silvia” da Zanetto (1896)
Aria della Piovra da Iris (1898)
“Quella è una strada” da Le Maschere (1901)
“M’ascoltate! Pietà” e “Se tu amasti me” da Amica (1905)
“Venne una vecchierella” da Isabeau (1913)
“O tristo, tristo” da Parisina (1917)
“Flammen perdonami” da Lodoletta (1917)
“Ferito? Ferito? Perché non sono stata io ferita” e
“Ah se tu m’ami Mariella” da Il Piccolo Marat (1921)
“O stella della sera” da Pinotta (1932)
“Non danzare sull’orlo dell’abisso” da Nerone (1935)
L’intento della serata è quello di presentare al pubblico l’intero repertorio di Pietro Mascagni con almeno un brano tratto da ogni sua opera, in un’alternanza di arie, ariosi e duetti popolari, conosciuti ed anche rari. Dal ricco programma è possibile riconoscere anche i tre grandi periodi che contrassegnano l’attività del Maestro: quello giovanile, verista, che va da Cavalleria rusticana (1890) a Guglielmo Ratcliff (1895); quello della maturità, lungo e articolato, che diremmo possa iniziare con Zanetto (1896) e terminare con Lodoletta (1917); quello finale che dal gran successo del Piccolo Marat (1921), porta al solipsismo atemporale di Pinotta (1932) e Nerone (1935), rifacimenti di materiali preesistenti e mai ultimati.
“Con occhi dove un’anima sognava…” è una frase di Isabeau che ci sembra possa tradurre efficacemente lo spirito di Pietro Mascagni, ovvero quello di un uomo dedito alla musica, alle arti ed alla letteratura.
Il programma si apre con il duetto “Tu qui, Santuzza” da Cavalleria rusticana, animato dalla gelosia e dalla passione di Santuzza e Turiddu, poi prosegue con la raffinata “ballata alla Luna” (“O Pallida che un giorno mi guardasti”) da L’Amico Fritz e con la rarità offerta dall’aria “Fa’ che i pensier non tornino” da I Rantzau. E’ dunque il momento di una raffinata pagina baritonale, “E’ sempre il vecchio andazzo”, la descrizione di Londra che il Conte Douglas fa nel primo atto di Guglielmo Ratcliff. L’atmosfera lunare, marinaresca, sognante di Silvano chiude questo primo periodo.
Uno stesso “notturno”, espresso tuttavia in una temperie totalmente diversa da quella verista, “No, non andar da Silvia”, da Zanetto, il cui plot è tratto da una pièce del parnassiano Francois Coppée che furoreggiò sulle scene parigine con l’interpretazione di Sarah Bernhardt, prelude al secondo periodo. Sono gli anni più interessanti di Mascagni che in un incessante sperimentalismo, affronta i simboli psicoanalitici del sogno e del turbamento erotico, la commistione pittorica con Iris, dalla quale ascoltiamo la rivelatoria “Aria della Piovra”, eclatante raffigurazione musicale del “Sogno della moglie del pescatore” di Hokusai, per poi passare alla rivisitazione della Commedia dell’Arte con Le Maschere (il declamato-arioso “Quella è una strada”). E certamente il periodo centrale di Mascagni non si esaurisce in questo punto. In modo apparente Amica rappresenta in ritorno al verismo; in realtà si tratta un ampio studio per le prove maggiori. Da essa ascoltiamo l’accorato inciso della protagonista “M’ascoltate, pietà” nel primo atto, dove la scrittura mascagnana si fa aspramente espressionistica, e la perorazione affettiva di “Se tu amasti me” dal secondo atto. La prova non sempre organica di Amica, non di meno, reca a due opere di grandi dimensioni, le più vaste di Mascagni, dal marcato estetismo decadente. La prima è Isabeau, da leggere come una ampia campitura pre-raffaellita (non sorprenda questa ipotesi: sono gli anni in cui Herbert James Draper, coetaneo di Mascagni, dipinge a Londra “For Saint Dorothea’s Day” e “Halcyon”, ove i punti di contatto con questa partitura e la cultura italiana del periodo ci sono eccome), dalla quale ascoltiamo la bella aria “Venne una vecchierella” dal terzo atto. La seconda è Parisina, che ci sentiamo d’indicare come il capolavoro di Mascagni, antica passione di un Maestro come Gianandrea Gavazzeni, ove la testiera mascagnana a contatto con i versi di Gabriele d’Annunzio trova declamati melodici di forza straordinaria e armonie nuove. Da quest’opera ascoltiamo l’invettiva del primo atto “O tristo, tristo…”.
Un’oasi melodica e malinconica, permeata da una mortuaria staticità, mutuata dagli anni di guerra durante i quali fu composta (siamo nel 1917) è rappresentata da “Flammen perdonami”, uno dei brani più famosi di Mascagni, situato nel finale di Lodoletta.
La parte conclusiva del concerto si dedica allo storicismo de Il Piccolo Marat (1921), la cui trama fu tratta dal tragico episodio rivoluzionario delle “Noyades de Nantes”, dal quale sono state scelte due pagine che nell’opera sono collocate in sequenza “Ferito? Ferito?” e “E’ l’alba, è l’alba, prendi, fuggi, salvati”. Per molti cronisti dell’epoca Il piccolo Marat durante la prima rappresentazione (Roma, 2 maggio 1921) andò incontro ad un successo addirittura superiore a quello di Cavalleria rusticana.
Pinotta è una delicatissima operina la cui stesura originale risale agli anni trascorsi da Mascagni nelle aule del Conservatorio Milanese. Dopo aver creduto di aver perduto questa partitura e di averla ritrovata grazie al figlio della sua antica padrona di casa che gliela restituì nel 1931, Mascagni decise di rivedere questa sua partitura giovanile e di presentarla al pubblico. La prima rappresentazione assoluta di Pinotta avvenne così a San Remo il 23 marzo 1932. Si tratta di un lavoro tenue del quale il musicista non esitò a scrivere “È una musica ingenua, ma sincera, sgorgata dal mio cuore e dalla mia mente, quando io mi affacciavo alla vita, con tante speranze e con tanti sogni…” dal quale è stato inserito in programma l’aria “O stella della sera”.
Il programma si chiude con un vibrante duetto delle due protagoniste femminili di Nerone, la liberta Atte e la danzatrice Egloge, nel quale si avverte l’ascendenza di una pagina ponchielliana, “L’amo come il fulgor del Creato” da La Gioconda. Neanche questa osservazione è sorprendente, Ponchielli fu docente di Mascagni al Conservatorio e il Livornese rimase a lui devoto per il resto dei suoi anni. Nerone, presentato alla Scala il 16 gennaio 1935, è in parte composto sulle musiche della inultimata Vistilia, risalenti alla fine dell’Ottocento, accanto alle quali vivono pagine nuove, come lo splendido interludio del terzo atto. Una summa dell’arte mascagnana.