I GIORNI DI PUCCINI. Le letture di Peppe Servillo, la musica del Maestro, quella di Strauss e l’eccellenza del primo violino Luiz Coelho

di FULVIO VENTURI –

Con un concerto di Peppe Servillo e dell’Ensemble Berlin al Teatro del Giglio si è conclusa la rassegna “Lucca i giorni di Puccini/ Puccini days” che aveva avuto inizio il 29 novembre scorso in occasione del novantaduesimo anniversario della scomparsa di Puccini e si è protratta per oltre quaranta giorni. Una rassegna che non esitiamo a definire fortunata, che ha unito al nome di Puccini quello di altri musicisti come Alfredo Catalani, altro grande lucchese, Leoncavallo (finalmente si è trattato anche della sua “Bohème”), Strauss, e che si è distinta per produzioni appositamente create, come “Così muore Mimì” di Cristina Mazzavillani Muti, il recital pucciniano di Fiorenza Cedolins, o presentate in prima assoluta come “Piccolo come le stelle” di Elisabetta Salvatori.

Il concerto di Peppe Servillo (a destra nella foto di Gianni Fiorito) con l’Ensemble Berlin, musicisti dei Berliner Philarmoniker, aveva per titolo “Il semiserio tra Puccini e Strauss” ed era dedicato ad alcuni aspetti caratteriali, quelli ironici, appunto comuni ai due musicisti non solo negli aspetti produttivi. Se è ormai proverbiale l’arguzie tutta toscana di Puccini, che in certi momenti poteva sfociare nella scanzonatura, non meno è noto il distaccato umorismo del bavarese Strauss. Ne è uscito un programma del tutto insolito dove alcuni scritti dei due musicisti hanno avuto dignità pari a quella delle composizioni eseguite. Facciamo riferimento alle lettere di Puccini a Fosca Leonardi (figlia di Elvira) sulla Salome di Strauss ascoltata al San Carlo di Napoli nel 1908 sotto la direzione dell’autore e con l’interpretazione di Gemma Bellicincioni, in condizioni vocali “estreme” ma pur sempre grande artista, a Luigi Illica sull’inattuato disegno dei “Due Zoccoletti” della Ouida (Louisa de la Ramée) poi passato a Mascagni per diventare la sua “Lodoletta”, a Angelo Eisner per una censura sul libretto della “Rondine”.

Nella sapida lettura di Peppe Servillo questi scritti si sono fusi con l’esecuzione di due pagine giovanili di Puccini, lo Scherzo il la minore e l’Allegro moderato dal Quartetto d’archi in Re, il primo dei quali ritroveremo nella tregenda delle “Villi”, e con una elaborazione per violino, clarinetto, corno, fagotto e contrabbasso di Franz Hasendhoerl del celeberrimo “Till Eulenspiegel” di Strauss, poema sinfonico ispirato al popolare e fantastico personaggio che secondo la tradizione, in Germania, si divertiva a girovagare per città e paesi con lo scopo di deridere soprattutto i potenti e i benpensanti.

Nella seconda parte Peppe Servillo ha presentato una sua versione di “Das Buerger als Edelmann”, Il borghese gentiluomo, dal testo di Molière sul quale Strauss insieme con Hugo von Hofmannsthal lavorò oltre dieci anni. Parte di questo progetto confluì dapprima in Ariadne auf Naxos, poi fu ripreso come musiche di scena per una rappresentazione del testo molieriano e infine sintetizzato nella suite op. 60. Intersecandosi con il testo ora ironico, ora caricaturale, ora tragicamente ridicolo interpretato da Servillo con umanissima partecipazione, l’Ensemble Berlin ha eseguito l’elaborazione per violino, viola, violoncello, contrabbasso, flauto, clarinetto, fagotto e corno operata da Guy Brauenstein sul corpus straussiano. Eccellenza fra le eccellenze sottolineiamo la prestazione di Luiz Coelho come primo violino, ma tutti gli altri esecutori, Bettina Sartorius, violino, Walter Kuessner, viola, Clemens Wiegel, violoncello, Ulrich Wolff, contrabbasso, Gili Schwarzmann, flauto, Ishay Lantner, clarinetto, Mor Biron, fagotto, Stefan Jeziersky, corno devono essere ricordati.

Ci congediamo con un aneddoto su Gemma Bellincioni e Salome che la lettera di Puccini alla figlioccia, citata nell’articolo e letta da Servillo durante il concerto, richiama alla mente. Quando Strauss seppe che Gemma Bellincioni avrebbe interpretato volentieri la sua “terribile” opera, mostrò chiaramente la sua perplessità. “È vecchia” commentò con alcuni corrispondenti epistolari. Ma la cantante si sottopose ad audizione e fu accettata. Strauss però propose alla Bellincioni, considerando che la danza dei setti veli sarebbe risultata per lei troppo gravosa, di ricorrere ad una ballerina che la sostituisse nella coreografia come aveva fatto con Marie Wittich creatrice dell’opera a Dresda. “No, maestro, grazie, danzo io”, replicò la fascinosa ed ostinata Gemma. Strauss un po’ controvoglia cedette. Risultato: un trionfo per la Bellincioni e una tournée planetaria per Salome. Diavolo d’una cantante.

 

 

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