FESTIVAL PUCCINI 2019. “Le Villi”, il fascino della freschezza e l’invito per lo studioso all’individuazione delle fonti. Bene il giovane tenore Fabian Rodriguez Lara e il Coro diretto da Roberto Ardigò. La recensione di Fulvio Venturi

di FULVIO VENTURI

Ultimo titolo del Festival Puccini 2019, “Le Villi” è andata in scena ieri, 16 agosto 2019 (unica rappresentazione)***. Come già scrivemmo lo scorso novembre in occasione di una recente produzione modenese, il fascino di questa prima opera pucciniana risiede nella freschezza e, per lo studioso, nella individuazione delle fonti.

Le villi Lidercek_4

Nel libretto scarno del buon Ferdinando Fontana passano mille stimolanti eco. Oltre la novella di Alphonse Karr dalla quale la vicenda è tratta (la stessa di “Giselle“ di Adam), si sente tutta la “Scapigliatura“ della quale Fontana fece parte: Cletto Arrighi, Carlo Dossi, Tarchetti, le “Penombre“ di Emilio Praga, Camerana, i due Boito e persino “Il Canto dell‘Odio“ di Guerrini/Stecchetti. In un‘ora giusta di musica Puccini quelle eco le amplifica cogliendo spunti da Ponchielli a “Le rouet d’Omphale“ di Saint-Saëns, dal sinfonismo della “Contemplazione“ di Catalani, che già aveva composto la lugubre “Elda“, altra storia di fanciulle morte per amore in cerca di vendetta, a certi pallidi notturni di Sgambati, dal virtuosismo di Bazzini ai turgori del gran padre Wagner, lambendo persino il giovane Mascagni, la cui “preghiera“ della cantata “In Filanda“ (1881) somiglia tanto a questa del primo atto de “Le Villi“. In altri termini, vi si riconosce l‘entusiasmo onnivoro del giovane talentuoso in cerca del suo stile – che arriverà, si sente, con “Manon Lescaut“, qui e là annunciata da queste pagine – nonché l‘ansia e lo spleen tutti pucciniani, già dietro l‘angolo.

Poi vi sarebbe la questione musicologia de “Le Willis“ e de “Le Villi“, ovvero della prima e della seconda versione dell‘opera, composta come è noto per il primo concorso indetto dall’editore Sonzogno nel 1883 e rappresentata, senza aver conosciuto la vittoria nella competizione, il 31 maggio 1884 al Teatro dal Verme di Milano, quindi ampliata per la produzione che andò in scena al Regio di Torino il 26 dicembre 1884 e ancora rivista per l’allestimento scaligero del 24 gennaio 1885. Sarebbe interessante ascoltare la prima versione che incentra l’attenzione proprio sul versante onirico della fiaba nordica più di quanto faccia la seconda, mettendo in secondo piano i protagonisti rispetto alle anime vendicatrici, ma ci accontentiamo di quest’ultima. 

Bartolomeo_giuliano,_le_villi,_1906

Per qualche verso la produzione del Festival Pucciniano che fa leva sull’allestimento ungherese di Mupa Budapest (regia Csaba Kael) guarda alla prima versione, con le Villi in scena prima ancora che la musica abbia inizio, proprio a privilegiare l’aspetto onirico, crepuscolare e delirante della vicenda, con movimenti ripetuti e ossessionati affidati al corpo di ballo Pécsi Ballet (coreografie Balasz Vincze), nonché una scena scabra ed essenziale (set designer Eva Szendrényi) con una pianta a fusto intrecciato come elemento dominante ed un alto praticabile a piani inclinati a significare ora il villaggio del primo atto, ora la foresta del secondo. Non indimenticabili i costumi di Kati Zoob. (Sopra: Le Villi, opera di Bartolomeo Giuliano).

Alberto Veronesi ha diretto l’orchestra Excellence 2019 nella quale figuravano molti giovani elementi forse con eccesso di sonorità, sacrificando la preziosità di alcuni colori orchestrali – non si dimentichi che, come Puccini anticipò alla madre durante la composizione, nelle Villi vi è parecchio del “genere descrittivo sinfonico” – ma tutto sommato rendendo abbastanza gli entusiasmi giovanili della partitura. Molto bene il coro del Festival diretto da Roberto Ardigò, chiamato ad una prova di qualità e fra i cantanti una lieta sorpresa è giunta dal giovane tenore Fabian Rodriguez Lara dotato di una voce chiara, robusta e squillante che ha disegnato un ottimo Roberto. Vorremmo poter dire lo stesso del baritono Raffaele Raffio, che interpretava Guglielmo e del soprano Dafne Tian Hui, la gentile parte di Anna, ma purtroppo non è così, specie nel caso dell’interprete femminile. Non indicato il nome del narratore, in altri tempi (1991) interpretato al Festival da Giuseppe Di Stefano.

La rappresentazione dell’opera ha avuto un epilogo con l’esecuzione di “Crisantemi”, la pagina composta da Puccini in una notte per la morte di Amedeo di Savoja, eseguita al Regio Conservatorio di Milano il 26 gennaio 1890 dal Quartetto Campanari e quindi riversata nel terzo e quarto atto di “Manon Lescaut”. Su questa ispirata musica il corpo di ballo ha continuato la sua danza, in una ideale trenodia per Roberto ed Anna, fino a scendere in platea. Registicamente una buona idea, ma non sappiamo se proprio tutti gli spettatori siano riusciti a distinguere la musica delle “Villi” da quella di “Crisantemi”.

*** L’edizione 2019 del Festival Puccini prosegue nel Gran Teatro all’aperto di Torre del Lago con le repliche di Madama Butterfly il 23 agosto e con Tosca il 24 agosto.