Esce la nuova edizione del romanzo “Aprire il fuoco” di Lucio Bianciardi (Minum Fax) e nella postfazione di Michele Cecchini c’era anche Livorno
“Aprire il fuoco”, quinto e ultimo romanzo di Luciano Bianciardi, viene riproposto da Minimum Fax in una nuova edizione. L’uscita nelle librerie è prevista per venerdì 7 ottobre 2022.
Luciano Bianciardi nel romanzo descrive la propria condizione di esule nella repubblica marinara di Nesci (Rapallo) dopo il fallimento dell’insurrezione antiaustriaca che immagina avvenuta nel 1959. La rievocazione di queste sue fantasiose “Cinque Giornate di Milano” offre dunque lo spunto per mescolare personaggi contemporanei e risorgimentali, eventi passati e presenti: le discussioni al Giamaica con gli amici, Giorgio Garber e Jannacci, la cameretta di Porta Tosa, le barricate a San Damiano. Ne emerge l’autobiografia di un tramonto, l’ultima lettera di un sinistrato politico clinicamente morto, ora che è morta ogni insurrezione.
Ma questa nuova edizione del romanzo ha a che fare con Livorno perché, oltre a un testo introduttivo di Oreste Del Buono, il volume presenta una postfazione a cura di Michele Cecchini che ha per titolo: “Disobbedisco! Dispaccio dall’avamposto livornese di Ardenza al comandante Luciano, dopo i fatti del 10 e 11 maggio”.
In questo testo Michele Cecchini compie un’operazione analoga a quella di Bianciardi, cui si rivolge. Redige un dispaccio da Livorno dopo l’assedio da parte dell’esercito austriaco del 10 e 11 maggio, che immagina avvenuto ai giorni nostri. Il nemico ormai ha sfondato e occupato la città, e lo scrittore si trova a fare i conti con la dominazione straniera, tra disillusione e attese di riscatto. Cecchini è circondato da personaggi del passato – tra gli altri, si fa riferimento alle imprese di Bartelloni, alla figura di Barontini, alla presenza di Fattori durante l’assedio – ma anche, sul modello di “Aprire il fuoco”, coinvolge nella vicenda livornesi contemporanei. Non è costretto all’esilio – “io per me mi contento di stare qui e a salutare da lungi i miei tetti non ci penso proprio” – ma si aggira furtivo per la città, tra il Pentagono del Buontalenti e il moletto di Ardenza.
Dalla quarta di copertina di Aprire il fuoco:
C’è appena il tempo per un ultimo appello. Per dire il poco che ha imparato dalla sua vita agra: che fare all’amore non è vergogna. Vergogna è uccidere, morire di fame, chiudere la gente in prigione o al manicomio, giudicare. E non serve stampare libri che nessuno legge, né costringere i giovani nelle scuole, né occupare le università. Bisogna occupare le banche, le vere cattedrali del nostro tempo. E vuotarle. E poi spegnere la televisione. E alla fine lasciare tutto nel disordine.
Michele Cecchini è nato a Lucca ma vive a Livorno, dove insegna materie letterarie in una scuola superiore. Scrittore, ha pubblicato per le Edizioni Erasmo Dall’aprile a shantih (2010) e Per il bene che ti voglio (2015); per Bollati Boringhieri Il cielo per ultimo (2019) e E questo è niente (2021).
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