“Le Willis”: torna in scena la prima opera di Giacomo Puccini nella sua versione originale. Il 5 giugno a Parma (Auditorium Paganini), il 7 al Teatro del Giglio di Lucca

Torna in scena la prima opera di Puccini nella sua versione originale,
LE WILLIS. Parma, Auditorium Paganini, 5 giugno 2022; Lucca, Teatro del Giglio, 7 giugno 2022.

di Fulvio Venturi

“Successo clamoroso. Superato speranze. Diciotto chiamate. Ripetuto tre volte il finale primo”.
Con questo telegramma del 1 giugno 1884 Giacomo Puccini informava la madre sull’esito della prima rappresentazione della sua opera prima, “Le Willis”, andata in scena al Teatro Dal Verme di Milano il 31 Maggio 1884.
Da quella sera la vita di Puccini non sarebbe stata più la stessa. Lo studente speranzoso, il giovane lucchese un po’ scapestrato, un po’ imbranato e provinciale, scappato a Milano per motivi non solo musicali, trovava una bella affermazione ed una relativa agiatezza. Con il successo era in arrivo un contratto con l’editore Ricordi e la commissione per un’opera di maggiori dimensioni (sarà “Edgar”).
“Le Willis”, che arriveranno poi a noi con il più noto titolo di “Le Villi”, dopo due istantanee revisioni nei mesi successivi, erano una partitura agile, un lavoro breve nato dalla collaborazione con il librettista Ferdinando Fontana. Poeta scapigliato, attratto dall’aldilà come dalla fiaba nordica, Fontana aveva tratto l’idea primigenia delle Willis dal racconto omonimo del francese Alphonse Karr, noto per le sapide cronache che stendeva per “Le Figaro” e per i suoi aforismi, che già aveva preso spunto dal canovaccio di Théophile Gautier per il fortunato balletto “Giselle” di Adam.

Le Villi, frontespizio dello spartito ed. 1891
Giacomo Puccini e Ferdinando Fontana (in secondo piano)

In un villaggio della Foresta Nera si festeggia il fidanzamento di Anna e Roberto, ma la fanciulla è triste. Il promesso deve partire alla volta di Magonza per prendere possesso dei beni ereditati con la scomparsa di un’anziana congiunta.
A Magonza Roberto si dà alla bella vita e s’innamora di un’altra e Anna muore di dolore. Finita male la relazione, Roberto, ignaro della sorte di Anna, decide di tornare al villaggio e chiedere perdono. È passato quasi un anno e siamo in inverno. Guglielmo, il padre di Anna, per vendicare la figlia invoca l’aiuto delle Villi, le creature della foresta che si danno convegno nelle notti di luna piena per danzare con i traditori d’amore fino a farli morire.
Giunto al villaggio in preda al rimorso crede di scorgere Anna. Ma è il fantasma della ragazza a parlargli, a rimproverarlo per il cattivo comportamento. Roberto fa un passo verso lo spettro quando sopraggiungono le Villi che lo costringono a danzare in un ballo folle e vorticoso. Al volgere della notte Roberto giace inanimato davanti alla casa di Anna, le Villi dileguano nelle luci dell’alba e con loro il fantasma placato della ragazza.

Giacomo Puccini, ritratto di Luigi Conconi / 1885

Il fascino dl questa prima opera pucciniana risiede nella freschezza e, per lo studioso, nella individuazione delle fonti.
Nel libretto scarno del buon Ferdinando Fontana passano mille stimolanti eco. Oltre la novella di Alphonse Karr dalla quale la vicenda è tratta, si sente tutta la “Scapigliatura“ della quale Fontana fece parte: Cletto Arrighi, Carlo Dossi, Tarchetti, le “Penombre“ di Emilio Praga, Camerana, i due Boito e persino “Il Canto dell‘Odio“ di Guerrini/Stecchetti. In un‘ora giusta di musica Puccini quelle eco le amplifica cogliendo spunti da Ponchielli a “Le rouet d’Omphale“ di Saint-Saëns, dal sinfonismo della „Contemplazione“ di Catalani, che già aveva composto la lugubre “Elda“, altra storia di fanciulle morte per amore in cerca di vendetta, a certi pallidi notturni di Sgambati, dal virtuosismo di Bazzini ai turgori del gran padre Wagner, lambendo persino il giovane Mascagni, la cui „preghiera“ della cantata „In Filanda“ (1881) somiglia tanto a questa del primo atto de “Le Willis“. In altri termini, vi si riconosce l‘entusiasmo onnivoro del giovane talentuoso in cerca del suo stile – che arriverà, si sente, con “Manon Lescaut“, qui e là annunciata da queste pagine – nonché l‘ansia e lo spleen tutti pucciniani, già dietro l‘angolo. Poi vi sarebbe la questione musicologica de “Le Willis“ e de “Le Villi“, ovvero della prima e della seconda versione dell‘opera, composta come è noto per il primo concorso indetto dall’editore Sonzogno nel 1883 e come detto rappresentata, senza aver conosciuto la vittoria nella competizione, il 31 maggio 1884 al Teatro dal Verme di Milano (vinsero ex æquo “Anna e Gualberto” di Luigi Mapelli e “La Strega del Nord” di Guglielmo Zuelli) e
quindi ampliata per la produzione che andò in scena al Regio di Torino il 26 dicembre 1884 (quando diventò “Le Villi”), ancora rivista per l’allestimento scaligero del 24 gennaio 1885 e addirittura terminata nel corso di quella produzione. Tempo fa, scrivendo una scheda per “Le Villi” concludevo: sarebbe interessante ascoltare la prima versione che incentra l’attenzione proprio sul versante onirico della fiaba nordica più di quanto faccia quella definitiva, focalizzando maggiormente l’azione più sulle anime vendicatrici che sugli “umani” e un giorno, magari, avvrerrà. Quel giorno è arrivato.

Immagine:
Giacomo Puccini (ritratto di Luigi Conconi, 1885)

Bartolomeo Giuliano, Le Villi, 1906 (foto sopra il titolo)