Dalla grafica alla pubblicità. Colore e creatività da Livorno a Parigi e ritorno. La mostra”Réclame” celebra Leonetto Cappiello e i pittori prestati all’arte dell’affiche (da Nomellini a Corcos, da Peruzzi a Natali)

di ELISABETTA ARRIGHI

E’ un tardo pomeriggio di metà dicembre e fa freddo. L’inverno è arrivato, dopo un autunno tiepido. L’aria è più che frizzante e sferza i volti. Un po’ come accade a Parigi in questo stesso periodo che precede il Natale. Ma non siamo nella Ville Lumière, dove gli sbuffi dei camini si mescolano agli odori del traffico e dei bistrot. Siamo a Livorno dove l’aria “sa” di mare e dove il profilo del Gran Palais e della torre Eiffel si possono solo immaginare mentre si stagliano illuminate nel buio, in mezzo agli alti pini del parco, le grandi finestre ad arco di Villa Fabbricotti, sede della Biblioteca Labronica. Arrivano in sottofondo, appena percettibili, musiche anni Venti e Trenta. E dentro la villa, appena varcato il portone, la sensazione è quella di una immersione tout court nella vita parigina della prima metà del Novecento. L’arte, la creatività, il colore, i tempi nuovi… Per una mostra che profuma di Ville Lumière, ma anche e soprattutto della Livorno che va dalla Belle Èpoque agli anni Quaranta, della vena artistica di Leonetto Cappiello (emigrato a Parigi alla fine dell’Ottocento come tanti altri artisti) e di grandi pittori livornesi. Si parla di “Réclame”, di grafica, di affiches pubblicitarie. e ci si trova risucchiati nella bellezza creativa di enormi (ma anche piccoli) manifesti (e non solo) che raccontano una storia d’arte, di costume e di imprenditorialità. Perché la pubblicità serviva allora come oggi a “muovere” l’economia, la produzione, il commercio. Ma quando è “arte” diventa un patrimonio comune che si tramanda di generazione in generazione.

“Réclame. Loeonetto Cappiello e le stagioni della grafica pubblicitaria a Livorno” è una mostra affascinante, da non perdere, che resterà aperta a Villa Fabbricotti fino al 17 febbraio 2019. A cura di Antonella Capitanio, con il bel catalogo edito da Sillabe, l’esposizione nasce da una serie di collaborazioni (Comune di Livorno, assessorato alla Cultura / assessore Francesco Belais, Ufficio Musei e Cultura, Ufficio Archivio e Protocollo, personale della Biblioteca Labronica), Itinera Progetti e Ricerche, Fondazione Livorno, Galleria d’arte Athena, Camera di Commercio, Luca Bellandi, Stella Peruzzi, Enrico Zucchi, Giorgio Mandalis… Un lavoro corale per allestire un percorso che stimola la curiosità e racconta un frammento di storia del Novecento. Della nostra storia.

Già entrando nell’atrio di ingresso di Villa Fabbricotti, si è accolti da grandi “cartoni” che rappresentano immagini utilizzate da Cappiello per le sue grafiche (in mostra troveremo anche il progetto per il monumento a Cappiello di Marcello Nizzoli, un obelisco che molto modificato venne inaugurato nel 1961 in quella che oggi si chiama piazza Aldo Moro a Livorno).

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Osvaldo Peruzzi, Estate Livornese 1934

Un tappeto rosso posto sui gradini dello scalone della Villa porta al primo piano dove il percorso espositivo comincia con il bozzetto originale del manifesto che Cappiello realizzò per Livorno, la sua città, per pubblicizzare la stagione balneare del 1901. Una affiche in “puro” stile parigino dell’epoca, città dove il giovane Leonetto si era stabilito già da tre anni. Ogni lettera della scritta “Livorno. Stagione Balneare” è inserita in un piccolo lampioncino giapponese – come sottolinea Capitanio nel catalogo – che è sorretto da una figura femminile con grande cappello e abito con maniche a sbuffo che riporta dettagli di moda tipici del periodo. E, scrive ancora Antonella Capitanio, “dopo questa strepitosa immagine ad apertura di secolo – una rivoluzione rispetto a quella tradizionalmente pittorica che l’anno precedente era stata realizzata da Gino Romiti – Livorno continuò a godere di una promozione turistica di sorprendente livello, con alcuni interventi di eccezione negli anni Venti e Trenta legati all’avanguardia futurista (…)”. Infatti la mostra propone anche uno splendido manifesto (oltre a quelli di Lucio Venna del 1934 e per la Sesta Coppa Montenero del 1926, e di Cesare Gobbo) per l’Estate Livornese del 1934 firmato da Osvaldo Peruzzi, che incastra geometrie di colore che vanno dall’azzurro del mare al verde della collina sopra le scogliere di Calafuria (compreso Castel Sonnino), con il profilo di vele e la scia di una barca che naviga sotto costa.

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Renato Natali, China Bardi

E c’è anche il manifesto di Renato Natali nel quale la grande vela di una barca color legno domina un mare caratterizzato da onde blu che sembrano scolpire, come spuma effervescente, il bianco della carta (sempre di Natali è in mostra un altro bellissimo manifesto, quello dell’Elisir di China Bardi, la cui bottiglia è sospesa sulla darsena del porto di Livorno, all’ora di un rosseggiante tramonto dominato dagli alberi delle barche e dal profilo del Fanale).

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Plinio Nomellini, Oli Sasso

Ma torniamo a Leonetto Cappiello i cui manifesti offrono un percorso che rappresenta un’evoluzione artistica e creativa delle immagini, da “La Frou Frou” (1899) al Parquet Pernot – Biscuits Pernot fino al Pygmalion (1911) di Parigi che espone “fourrures-manteaux” come quelli indossati da quattro signore parigine con cappello che conversano alle Tuileries ricoperte di neve, seguendo poi la ranocchia che indossa le “Chaussures J.B. Torrilhon”, il diavolo verde del Maurin Quina Le Puy, i cappelli Mossant, la pubblicità per Cinziano dove il vermouth e il Marsala Florio (tempera su carta, 1930) “escono” da un fondo nero insieme ad una coppia di zebre (una bianca a nera, l’altra in due tonalità di rosso)…. E ci sono anche il Cognac Pellisson e il Fernet-Branca (Il re degli Amari, che indossa un abito fatto di bottiglie), “Le Thermogène” (che sviluppa calore e sputa fiamme), L’Agua de Vilajuiga e “Je ne fume qui le nil”, il famosissimo Bitter Campari e l’Amaro Felsina  Ramazzotti… Di grande interesse, poi, le “réclame” per le Pastiglie Paneraj (realizzate da Lionello Balestrieri, Aleardo Terzi e Vittorio Corcos), l’illustrazione di Carlo Romanelli “Tutti i bei libri per ragazzi si trovano da Belforte”, le affiches di Plinio Nomellini per “Caffaro. Primo Giornale di Genova” e per gli “Oli Sasso”.

La mostra offre poi delle vere e proprie chicche come i negativi della tipografia livornese Stagi, Conti & C. (la pubblicità ritrovata) e un’esposizione in teche di vetro di oggetti pubblicitari di aziende livornesi. Ci sono la scatola in cartone litografato e alluminio di Pastiglie Paneraj e lo stereoscopio per bambini (in cartoncino litografato con lenti di vetro sottile) della Premiata Distilleria Arturo Vaccari, la brocchetta in ceramica della Premiata Distilleria di Liquori Vigo & Doccioli, il calendario pluriennale 1926/1947 in metallo della Cioccolateria Torricelli, i ventagli a sei petali in carta crespata del Chinotto Corallo, il Super Sassolino e Ponce al Mandarino di A. Vittori, il Cono d’Oro, il bicchiere dell’aperitivo Il Milione Fratelli Bertocchini, il Vino Aleatico di Portoferraio F. Bertocchini…

Quello di cui abbiamo parlato è solo un “assaggio” della mostra. Un’esposizione che finalmente valorizza il patrimonio dell’arte pubblicitaria di cui il livornese Leonetto Cappiello è stato maestro. Una mostra da vedere, divertente, interessante e di grande contemporaneità (magari da esportare anche in altre città, perché Cappiello e gli altri artisti – Corcos, Nomellini, Peruzzi, Natali… – sono patrimonio di tutti, non solo dei livornesi).

LA SCHEDA / Leonetto Cappiello

Pubblicitario, illustratore e caricaturista (come evidenziato anche nella mostra a Villa Fabbricotti), Leonetto Cappiello nacque a Livorno nel 1875. Era nato in una famiglia benestante e cominciò a disegnare e dipingere da autodidatta. La mostra Promotrice di Firenze del 1891 segnò il suo debutto. Il primo trasferimento a Parigi è del 1898, dove viveva già un fratello. Poi il ritorno a Livorno (a causa della scomparsa del padre) per un breve periodo e il ritorno definitivo nella capitale francese. Lì comincia come autore di caricature, pubblicate su alcune riviste, e proprio per il lancio di un giornale umoristico (Frou Frou) dipinge il suo primo manifesto. Dal 1900 comincia la sua carriera di autore di cartelloni pubblicitari, per i quali definisce ben presto un suo stile intriso di creatività e colore. Rientra in Italia all’inizio della prima guerra mondiale, per poi ritornare a Parigi. Nel 1930 prende la cittadinanza francese, mentre dipinge anche ritratti e sviluppa decorazioni d’interni. Poco dopo l’inizio della seconda guerra mondiale si trasferisce a Le Puy, poi a Grasse. Muore a Cannes nel 1942.