Cavalleria rusticana e Dodici anni dopo: l’opera di Mascagni e il “seguito” di Mario Menicagli che ha diretto le due opere (coproduzione con il Goldoni di Livorno) al Teatro Chiabrera di Savona. La recensione di Fulvio Venturi

di FULVIO VENTURI

Un double bill composto da Cavalleria rusticana e Dodici anni dopo è andato in scena al Teatro Chiabrera di Savona in coproduzione con la Fondazione Goldoni di Livorno. Direttore delle due opere Mario Menicagli, che è anche l’autore di Dodici anni dopo, regista Carlo Antonio De Lucia.

È tempo di nuove opere. Dodici anni dopo di Mario Menicagli dà un seguito a Cavalleria rusticana. Storicamente si tratta di un esercizio antico, già attuato nel 1893 da Oreste Bimboni con una Santuzza che conobbe scarsa fortuna. In questo caso dal fatto primigenio di Cavalleria rusticana sono passati dodici anni ed è nuovamente Pasqua. Santuzza è chiusa nel suo mai sopito dolore, è ancora bella, desiderabile, ma rifiuta il contatto con altri uomini. Mamma Lucia è uscita di senno. Dall’unione di Santuzza con Turiddu è nato un bambino che si chiama come il padre e i coetanei dileggiano quale bastardo. Nuova acquisizione rispetto all’opera di Mascagni, uscita per intero dalla pièce teatrale di Verga, la figura di Zu’ Brasi, che offre riflessioni e saggezza. Lola è sempre la stessa, forse ha avuto altri uomini e canta vanamente la sua bellezza. Alfio, appena uscito dal carcere dopo aver scontato con dodici anni di reclusione l’uccisione di Turiddu, esprime la sua amarezza, il suo pentimento.

Se le situazioni psicologiche sono diverse, è come se il tempo si fosse fermato su quel paese siciliano e alcune situazioni musicali se non riecheggiano, sicuramente rimandano a Cavalleria rusticana, la grande preghiera corale, l’intermezzo, il brindisi, una sensazione di sole, di luce. Sarebbe quasi logico aspettarsi un linguaggio musicale teso, acuminato, nervoso, consecutivo a quello mascagnano, ma così non è. Quel tempo trascorso è come se avesse dato una serenità che nell’opera di Mascagni solo si traode in alcuni passi del preludio e dell’intermezzo. Il linguaggio di Dodici anni dopo è evolutivo, chiaro, guarda alla classicità settecentesca, alla formazione di un continuum mobile. Qualcosa, forse, di postmoderno, dove trovano una sua collocazione naturale la forma sonata, il soprano en travesti, il tenore di grazia – lo spasimante respinto di Santuzza, non senza ironia denominato Pietro – le arie chiuse, i concertati e persino la morale conclusiva. L’opera scorre che è un piacere.

Mario Menicagli ha diretto le due opere con grande energia. In Cavalleria il cast, che allineava la Santuzza leggera e corretta di Victoria Khoroshunova, il brado Turiddu di Sergey Radchenko, l’ottimo Alfio di Stavros Mantis, la brava Lola di Laura Del Rio e la distinta Claudia Marchi come Mamma Lucia, non sempre lo ha seguito e delle tre parti principali solo l’Alfio di Mantis si è stagliato con efficacia fino a risultare ampiamente il più applaudito.

In Dodici anni dopo il personaggio di Santuzza è stato interpretato da Noemi Umani con eleganza e musicalità, ben assecondata nei due duetti con lo spasimante Pietro dal giovane tenore Rocco Sharkey che ha cantato con voce educata e bello stile. Brava Claudia Marchi nei vaneggiamenti della tragica Mamma Lucia e degna di ogni elogio per la facilità di canto e disivolto gioco in scena Laura Del Rio come Lola, che in dodici anni dopo diventa un soprano d’agilità che si esprime su una tessitura acutissima. Accanto a questi personaggi adulti, Turidduzzu, il figlio del dissennato amore fra Santuzza e Turiddu, è stato affidato alla “voce bianca” Yna Qiu, anch’essa molto musicale ed efficace. Costanza Gallo ha rivestito i panni di Filomena, la giovane paesana fra le cui braccia Pietro trova ristoro dopo la delusione patita con Santuzza. Rimangono, e volutamente, a concludere la recensione, le due voci “gravi” di Alessio Verna e nuovamente Stavros Mantis. Verna ha interprato con partecipe umanità la figura di Zu Brasi, cantando con lodevolissime intenzioni. Il baritono greco ha interpretato da attore consumato le figura dell’uccisore pentito risultando molto convincente. Un segno di distinzione per entrambi.

Il coro della Fondazione Goldoni, guidato dal valente Maestro Maurizio Preziosi, è stato chiamato ad un grosso impegno. È nota l’importanza della compagine corale nella economia esecutiva di Cavalleria rusticana. In Dodici anni dopo tale rilievo non è inferiore e soprattutto in quest’opera il coro è stato efficace nella preghiera, nel brindisi e nel decisivo intervento finale.

Carlo Antonio De Lucia, con la sua “spalla” Vincenzo Maria Sarinelli, ha inscenato tradizionalmente Cavalleria rusticana, trasponendo poi in Dodici anni dopo le sensazioni di una Sicilia immobile nella sua civiltà come cristallizzata nella luce mediterranea. Molto bene l’Orchestra della Fondazione Goldoni.
Applausi prolungati e cordiali per tutti.