Un pizzico di nostalgia, un po’ di commozione… poi si alza il sipario e le note mascagnane di Cavalleria rusticana tornano ad accarezzare gli spettatori del Goldoni di Livorno. Bella serata a vent’anni dalla (re)inaugurazione del teatro avvenuta il 24 gennaio del 2004 alla presenza del presidente Ciampi. Nel cast attuale Valentina Boi, soprano in grande ascesa. La recensione di Fulvio Venturi

di FULVIO VENTURI

Mercoledì 24 gennaio 2024 è stata ricordata la cerimonia della reinaugurazione del Teatro Goldoni avvenuta dopo un imponente restauro esattamente venti anni fa, il 24 gennaio 2004. Una serata che ha assunto quasi il sapore della rievocazione, dal momento in cui molti dei primi attori di quel tempo non sono più tra noi. In scena, allora come adesso, Cavalleria rusticana, che sempre di più si identifica come opera dei livornesi senza che questo concetto appaia riduttivo.

Prima della rappresentazione, dalla platea, così come fece il Presidente Carlo Azeglio Ciampi al fianco dell’allora sindaco di Livorno Gianfranco Lamberti, l’attuale sindaco Luca Salvetti, il Direttore generale del Teatro Goldoni, Mario Menicagli, il Direttore artistico Emanuele Gamba con Marco Bertini, allora assessore alla cultura e con l’architetto Giuseppe Dipietrantonio, responsabile del restauro, hanno rievocato gli eventi di venti anni fa. E mi sia qui consentito ricordare a titolo personale il Maestro Massimo de Bernart, il quale in gravissime condizioni di salute fu l’anima musicale di quell’avvenimento. 

 

Quindi Mario Menicagli ancora una volta si è assunto l’onore e l’onere di condurre dal podio il capolavoro mascagnano e lo ha fatto con il consueto entusiasmo, l’usitato trasporto ed una competenza annosissima. Al suo fianco, in questa produzione, Emanuele Gamba ha firmato la regia. 

In palcoscenico Valentina Boi, soprano livornese (foto a lato) in grande ascesa (sta aggiungendo al suo già ampio repertorio una parte prestigiosa come Asteria nel Nerone di Boito che sarà allestito a Cagliari) ha trascinato la serata. È una cantante ricca di temperamento, che ci ricorda un’altra indomita livornese, Ines de Frate (al secolo Frati, la madre dei Biliotti attori, quella che intentò una causa professionale contro Arturo Toscanini, vincendola. Per dire: una donna contro La Scala nel 1899) e altre Santuzze storiche che hanno cantato al Goldoni con e senza Mascagni, Gemma Bellincioni, Eugenia Burzio, Lina Bruna Rasa. E non è una iperbole. Nel canto di Valentina Boi vi è qualcosa di antico e moderno insieme, di tempestoso e solare. 

Il resto della produzione rispecchiava negli interpreti e nella messa in scena la Cavalleria allestita il 31 dicembre ultimo scorso. Dunque abbiamo riascoltato con piacere il Turiddu generoso e squillante di Amadi Lagha, l’avvenente Lola di Noemi Umani, la precisissima Lucia di Rosa Perez Suarez. Una nota particolare per Jungmin Kim, probabilmente il più forbito Alfio che io conosca (e non paia un’antitesi, Alfio è da cantare bene). Il coro, come di consueto, è stato preparato con perizia da Maurizio Preziosi e l’orchestra ha suonato con trasporto. Al termine tanti minuti di applausi e anche un po’ di commozione. 

Per il Teatro Goldoni è stata una settimana incadescente. Il 19 e il 21 gennaio è andata in scena quella ottima produzione del Trovatore della quale abbiamo già avuto modo di parlare. Ma nei giorni scorsi la Leonora del Goldoni, Claire de Monteil, è stata chiamata alla Scala per sostenere la difficilissima parte della protagonista nella Médée di Cherubini in luogo della star Marina Rebeka e ha debuttato nel tempio della lirica proprio nelle ore durante le quali a Livorno andava in scena Cavalleria.

Un bel riconoscimento per lei, alla quale rivolgiamo i nostri più sentiti complimenti e indirettamente quegli stessi complimenti rivolgiamo alla Fondazione Goldoni al completo che ha saputo allestire un capolavoro come Il Trovatore senza incrostazioni, polveri e muffe di retorica tradizione, ma con la serietà e la passione dovute ad una partitura di fronte alla quale tremano le istituzioni più ricche. (Nella foto sopra a sinistra la ribalta finale. Foto sotto: il direttore d’orchestra Mario Menicagli e ancora Amadi Lagha che  ha interpretato Turiddu).