SPECIALE MASCAGNI. 7 dicembre 2016. Lodoletta e non solo: festa di compleanno al Goldoni di Livorno

Un mercoledì di dicembre, il giorno 7. L’anno è il 2016, esattamente 153 anni dopo la nascita di Pietro Mascagni (1863) che festeggia ancora una volta al Teatro Goldoni di Livorno, la città natia,  il suo compleanno. L’appuntamento (cade anche il ventennale della scomparsa del maestro Gianandrea Gavazzeni) è per le 20.30. E sarà una serata particolare, nel corso della quale si festeggia Mascagni, ma anche l’amico Giacomo Puccini. Il sipario si alza su “Lodoletta tra Mascagni e Puccini”, una selezione di arie dal dramma lirico in tre atti di Gioacchino Forzano, musica di Pietro Mascagni (edizioni Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano). Seguirà “Il tabarro”, opera in un atto di Giuseppe Adami da “La Houppelande” di Didier Gold, musica di Giacomo Puccini /edizioni Universal Music Publishing Ricordi Srl Milano, sovratitoli in italiano realizzati dalla Fondazione Teatro Goldoni).

LIVORNO NELLA FOTO: RIGOLETTO/ GOLDONIFOTO AUGUSTO BIZZI

Nella selezione da Lodoletta saliranno sul palco Lodoletta / Clementina Regina,Flammen / Giuseppe Raimondo,  Giannotto e Franz / Ken Watanabe, Maud / Virginia Barchi. Voce
di tenore Francesco Napoleoni, voce recitante Paola Martelli.

I personaggi e interpreti de “Il tabarro” sono Michele / Stefano Fagioli, Giorgetta / Gesu Zefi, Luigi / Francesco Napoleoni, Il Talpa / Ken Watanabe, La Frugola / Katia Tempestini, un venditore di canzonette / Giuseppe Raimondo, due amanti Virginia Barchi, Giuseppe Raimondo e con Saverio Bambi (Il Tinca).

Direttore d’orchestra è Fabrizio Da Ros. La regia, idea scenica e luci Daniele De Plano. Maestro del Coro Gabriele Micheli. Orchestra Filarmonica Piccinina, Coro dell’Istituto Superiore di Studi Musicali Pietro Mascagni,Coro Voci Bianche della Fondazione Teatro Goldoni diretto da Mariolo Carballo.

Gli interpreti sono stati selezionati nel corso della Masterclass tenuta dal soprano Fiorenza Cedolins nell’ambito del Progetto “Verismo Opera Studio” della Fondazione Goldoni. Nuovo allestimento e produzione della Fondazione Teatro Goldoni di Livorno con Rotary Club Livorno.

  • LA NOTA DEL DIRETTORE ARTISTICO DELLA STAGIONE DEL GOLDONI

E a proposito di “Lodoletta tra Mascagni e Puccini all’insegna del Verismo Opera Studio: un nuovo percorso per giovani interpreti”, ecco un estratto della nota di Alberto Paloscia, direttore artistico della stagione Lirica Fondazione Teatro Goldoni di Livorno: “La morte di Puccini mi ha colpito tremendamente! Non so darmi pace! (…)”. Così scriveva Pietro Mascagni alla confidente Anna Lolli il 1° dicembre del 1924. a pochi giorni di distanza della morte del collega lucchese, a cui fu legato da un rapporto profondo di amicizia e complicità, anche se spesso caratterizzato da momenti contraddittori e conflittuali. Anche se certa storiografia ha spesso dipinto i due maggiori esponenti della “Giovine Scuola Italiana” quali amici-nemici e colleghi-rivali, il più delle volte critici l’uno nei confronti dell’altro, le diverse vicende biografiche e creative del musicista labronico e del compositore lucchese sono caratterizzati, pur nei divergenti orientamenti stilistici della loro produzione e della loro drammaturgia musicale – più dilatata, ‘sinfonica’ e dispersiva quella di Mascagni, più concentrata e unitaria quella del Lucchese – da radici comuni e da vere e proprio comunanze d’intenti.mascagnigiovane

Innanzitutto la condivisione degli anni di studi: entrambi formatisi nella fucina “scapigliata” della Milano degli ultimi decenni dell’Ottocento e nella classe di composizione di Amilcare Ponchielli, i due giovani musicisti non solo dividono la stessa stanza e le angustie di una vera e propria “bohème” milanese – quella “vita gaia e terribile” che Puccini immortalerà nel suo capolavoro tratto da Murger – ma frequentano assieme gli spettacoli del Teatro alla Scala, ormai immersa nella più vivace temperie europea, spaziando nella propria programmazione dall’esplorazione del grand-opéra di Meyerbeer a quella dei maggiori titoli di Gounod, Thomas e Massenet e ai primi tumultuosi approcci con il dramma musicale di Richard Wagner e vengono accomunati dalle prime esperienze creative: c’è un filo sotterraneo – ma non troppo – che connette l’esordio teatrale di Giacomo – quelle delicate e visionarie Villi che vedono la luce al Teatro Dal Verme di Milano nel 1884 nella cui compagine orchestrale Mascagni è impegnato addirittura a suonare il contrabbasso -, le gestazione del nordico e ‘scapigliato’ Guglielmo Ratcliff e la fulminante, geniale esperienza creativa di Cavalleria rusticana, il cui trionfale battesimo al Teatro Costanzi di Roma il 17 maggio del 1890 sancirà la nascita del fortunato filone del melodramma verista. Non è un caso che il Teatro Goldoni abbia scelto quale produzione finale della nuova esperienza di alta formazione mirata a ‘scoprire’ e a perfezionare nuovi talenti vocali per il repertorio mascagnano e verista, il neonato Verismo Opera Studio, un singolare e insolito abbinamento Mascagni-Puccini, affiancando alcune scene tratte da Lodoletta, ovvero uno dei titoli più fortunati della maturità creativa e della produzione più tarda del musicista livornese, che vide la luce nel “suo” teatro romano, il Costanzi, il 30 aprile del 1917 – l’anno prossimo si celebrerà il centenario della prima assoluta – e l’esecuzione integrale dell’atto unico Il tabarro, primo capitolo di quel “Trittico” pucciniano che sarà tenuto a battesimo al Metropolitan di New York il 14 dicembre 1918 (…)”

  • LA NOTA DEL DIRETTORE D’ORCHESTRA

Ed ecco la nota di Fabrizio Da Ros, direttore d’orchestra su “Lodoletta e Tabarro: un accostamento pertinente”: L’accostamento della Lodoletta mascagnana al Tabarro pucciniano risulta più pertinente del previsto. 
Entrambe le opere videro la luce nel periodo della Grande Guerra ma differenti furono gli esiti e probabilmente i propositi.
Fondamentale la presenza di Forzano per il libretto di Lodoletta (Forzano fu poi librettista di Puccini per Suor Angelica) che aveva rischiato di diventare un vero e proprio casus belli con  Puccini che vantava una priorità su di esso e che aveva sarcasticamente commentato: “Ormai sono abituato ai doppioni, le due Manon, le due Bohème, i… quattro Zoccoletti”. Nonostante Mascagni avesse affermato che non era sua intenzione rubare il soggetto di un’opera ad un suo collega, rispondendo, così, lealmente, alla recondita accusa di Puccini di averglielo soffiato, la situazione fu lontana dal chiarirsi immediatamente, anche perché molto più complessa di quanto appariva superficialmente per una questione di diritti d’autore sulle opere della scrittrice inglese Ouida. 
La Lodoletta, composta da Mascagni nei difficili anni della Grande Guerra, che aveva strappato al suo affetto i due figli, Dino, prigioniero in Ungheria, e Domenico, esposto ai rischi e all’esistenza precaria del fronte, è un’opera giudicata quasi unanimemente come la manifestazione del disimpegno politico del compositore che aveva maturato un certo disgusto per gli eventi bellici, mentre il Tabarro, primo affresco dell’ampio polittico qual è il Trittico, è permeato di una cappa plumbea difficilmente non riconducibile alla guerra. 
Le scritture compositive si caratterizzano e si colorano quindi di leggere pennellate dai colori tenui e rarefatti la prima e intensi squarci di realistiche e oscure immagini da film noir la seconda.

  • LE NOTE DEL REGISTA

“Puccini, Mascagni, Viani”, ecco un estratto delle note di regia di Daniele De Plano: “Puccini, Mascagni, Viani. Cosa accomuna queste tre personalità così importanti nel panorama culturale italiano di inizio ‘900? I primi due lo sappiamo con certezza: una profonda stima e, con alti e bassi, una sincera amicizia: gli anni spensierati e in miseria vissuti insieme a Milano, il loro essere conterranei, le storie che raccontarono,  così profondamente intrise di verità e di umanità. Ma Viani come rientra in questo sodalizio durato una vita tra i due geni musicali? Si sa che Puccini lo frequentò ai tempi in cui il pittore si stabilì a Torre del Lago e, introdotto da Plinio Nomellini, partecipò ai cenacoli del Club della Bohème. Si sa anche che Mascagni lo incontro quando allestì a Livorno la grande mostra antologica dei suoi lavori. Ma al di là del dato aneddotico, che unisce le loro ricche biografie in qualche singolo momento della loro vita e che sicuramente aiuta a meglio comprendere le assonanze tra i tre , quello che li combina assieme è sicuramente la condivisione  di una narrazione unica, esclusiva e soprattutto nuova perché fino a quel momento riservata soltanto alla letteratura: i marinai, i contadini, i cavatori di marmo, i lavoratori. Un mondo di gente umile al quale i tre, con i dovuti distinguo, avevano sicuramente, per un periodo importante della loro vita, appartenuto.
Ecco quindi la mia presunzione  in questo contesto gioioso dedicato al Maestro di Livorno nella ricorrenza del  giorno della sua nascita: rendergli omaggio azzardando un’ ipotesi iconografica che unisca Il Tabarro di Puccini alla Lodoletta di Mascagni e ricercando, proprio in Viani, pittore viareggino coetaneo dei due musicisti, l’elemento di continuità (…).