“L’empio punito”, una sfida coraggiosa. Raffinata preparazione del cast capitanato dal controtenore Raffaele Pe e diretto da Carlo Ipata. Scene surreali e suggestive

di LISA DOMENICI

La sfida stavolta, era oltremodo impegnativa, ma il coraggioso cartellone del Verdi di Pisa, l’ha vinta ancora. (*) Ha proposto al suo fedelissimo pubblico, “L’Empio punito” di Alessandro Melani,  andato in scena per la prima volta nel 1669 e caduto in profondo letargo, tanto che la maggior parte degli spettatori del 21° secolo ne erano del tutto ignari. Per la verità , nel  2015,  una parte di loro aveva ascoltato una selezione dell’opera, nella sala Titta Ruffo, grazie a Carlo Ipata e al suo eccellente ensemble Auser Musici, inserita  nella rassegna da camera che il teatro organizzava a fianco della stagione lirica. La selezione anticipava la versione pressoché  integrale, tre ore e quaranta minuti, curata dallo stesso  Ipata e da Alessio Bacci, che ha inaugurato l’attuale stagione lirica. Proporre questo dimenticato titolo al direttore artistico Stefano Vizioli,  certo, è stato come sfondare una porta aperta, appassionato com’è di cose rare e non facili, ma, che il pubblico non manca di apprezzare.

“L’Empio punito”, dramma musicale in tre atti di Alessandro Melani su libretto del romano Pippo Acciaiuoli, con versi di Giovanni Filippo Apolloni, andò in scena a Roma, a palazzo  Colonna in Borgo, il 17 febbraio 1669, alla presenza della regina Cristina di Svezia, che “lodò assai le musiche, le mutazioni delle scene et i balletti”.  Incaricato di comporre la musica, Alessandro Melani di Pistoia, figlio di Domenico campanaio della cattedrale di San Zeno e di Camilla Giovanelli. Alessandro, fratello dei più celebri Atto e Jacopo, dirigeva dal 1667 la cappella di Santa Maria Maggiore. Con “L’Empio punito”,  Melani metteva  in musica per la prima volta il mito di Don Giovanni . Difatti, la trama si ispira a “El burlador de Sevilla” di Tirso de Molina, ma non si svolge a Siviglia, bensì a Pelle , alla corte di  Atrace, re macedone. Nella  complessa trama si muovono Acrimante (Raffaele Pe), donnaiolo impenitente ,  che  fa la corte a Ipomene (Roberta Invernizzi),  ma lei è innamorata di Cloridoro (Federico Fiorio), mentre Bibi (Giorgio Celenza) , servo di Acrimante,  aspira alla matura Delfa (Alberto Allegrezza) , nutrice di Ipomene. Atrace (Lorenzo Barbieri), fratello di quest’ultima, condanna a morte Acrimante perché crede abbia sedotto la sorella, invece era  Bibi,  che indossando il mantello del padrone, si incontrava con Delfa.  Tidemo,   (Carlos Negrin Lopez),  ucciso da Acrimante , è il convitato di pietra. La conclusione è che Acrimante sprofonda all’inferno, Bibi e Delfa coronano il loro sogno e Atamira (Raffaella Milanesi) sposa Atrace. 

Innanzitutto va preso atto della raffinata prepazione di tutto il cast capitanato dal controtenore Raffaele Pe, nel ruolo di Acrimante che all’esordio romano fu interpretato dal  castrato Giuseppe Fede, e della competenza e passione di Carlo Ipata che del periodo barocco è profondo studioso.  Gli fanno eco il regista Jacopo Spirei e lo scenografo Mauro Tinti,  che trasformano l’opera “in un viaggio surreale e fantasiosissimo” con scene dipinte bidimensionali e costumi realizzati tra attualità e fantasia.  

(*) “L’Empio punito” replicherà sabato 19 al Teatro Pacini di Pescia.