1915/1927: quando Salvatore Ferragamo lavorava a Santa Barbara, California. Nuova grande mostra nel museo della maison: “L’Italia a Hollywood”

Un’altra grande mostra sta per schiudere i suoi tesori nelle sale del Museo Ferragamo, a Palazzo Spini Feroni, all’angolo fra piazza Santa Trinita e via de’ Tornabuoni a Firenze. Una mostra che indagherà il lavoro di Salvatore Ferragamo negli anni americani, quando fra il 1915 e il 1927 visse negli Usa, in particolare a Santa Monica in California, ma anche la presenza degli italiani nella Mecca del cinema. Una mostra – si intitola “L’Italia a Hollywood” – che mette in sinergia arte, cinema, moda, evoluzione della società. Sarà aperta al pubblico dal 24 maggio 2018 al 1 marzo 2019, a cura di Giuliana Musico e Stefania Ricci.

La storia. Gli anni dal 1915 al 1927, trascorsi da Salvatore Ferragamo negli Stati Uniti, in particolar modo a Santa Barbara in California, sono la fonte d’ispirazione per il nuovo progetto espositivo del Museo Salvatore Ferragamo: dalla collaborazione con i registi più famosi del tempo, come David Wark Griffith e Cecil B. DeMille, all’apertura dell’Hollywood Boot Shop, il negozio in Hollywood Boulevard frequentato da star del calibro di Mary Pickford, Pola Negri, Charlie Chaplin, Joan Crawford, Lillian Gish e Rodolfo Valentino.

“Mi sembra di intravedere un parallelo tra l’industria cinematografica e la mia attività…quando le major superavano la fase iniziale per ingrandirsi e crescere, il mio negozio seguiva la stessa traiettoria”.

Prendendo spunto dal racconto autobiografico di Salvatore Ferragamo, la mostra indaga il fenomeno migratorio e l’influenza esercitata dal mito e dalla cultura italiana in California. Un’ampia sezione è dedicata alle produzioni cinematografiche californiane in cui è manifesto il richiamo all’italianità.

MANIFESTO MOSTRA

Il percorso espositivo focalizza l’attenzione sul mondo dell’arte, dell’artigianato e dello spettacolo, aree d’interesse privilegiate dalla creatività di Ferragamo, sviluppandosi come la trama di un film. L’impressione per il visitatore di trovarsi su un set cinematografico è alimentata dall’allestimento scenografico di Maurizio Balò, che trae ispirazione dagli studios americani degli anni Venti.
In quegli anni il cinema muto italiano fornisce a Hollywood potenziali divi come Lido Manetti, Tina Modotti, Frank Puglia e Lina Cavalieri, quest’ultima presente in mostra attraverso quaranta dei trecento celebri ritratti che di lei fece su piatti di ceramica Pietro Fornasetti. Altri giovani italiani, come Rodolfo Valentino, si impongono col loro fascino personale, dando origine al moderno divismo.

Il progetto espositivo, che mette in luce nomi e personalità note e meno note, senza trascurare il contributo italiano in area musicale, vuole anche chiarire la contraddittoria valutazione degli italoamericani da parte della cultura WASP (White Anglo-Saxon Protestant), combattuta tra la considerazione positiva della storia e della tradizione italiana e la critica negativa di alcuni aspetti che caratterizzavano lo stereotipo dell’Italiano – l’istintività, la passionalità o il sentimentalismo. Questo binomio di natura e cultura si ricompone in un equilibrio armonico nell’operato di alcuni performer, come Enrico Caruso, che fa tesoro delle proprie doti naturali, la voce e il corpo, e le affina grazie allo studio, alla tecnica e all’arte.

Il percorso espositivo e il progetto Two Young Italians. Un itinerario, nel museo, che passa attraverso fotografie, spezzoni di film, oggetti, abiti e raffigurazioni artistiche, la mostra illustra le relazioni e il ruolo svolto dagli Italiani e dall’arte italiana nella nascita del cinema muto, ma guarda anche all’argomento con occhio contemporaneo. Ne è infatti parte integrante il progetto Two Young Italians in Hollywood, curato da Lo Schermo dell’Arte Film Festival, che prevede il coinvolgimento di due giovani artisti italiani che lavorano a Los Angeles. Manfredi Gioacchini e Yuri Ancarani sono stati invitati a realizzare due idee originali – una serie fotografica e una video installazione – in continuità ideale con quel tema. Cento anni dopo, chi sono gli Italiani che oggi lavorano a Hollywood? Cosa di quei luoghi colpisce lo sguardo di un artista che vi giunge dal nostro paese?

I prestiti. La mostra si avvale di prestiti prestigiosi, forniti da musei e collezioni pubbliche e private italiane e americane, e della collaborazione di alcune importanti istituzioni legate al mondo e alla storia del cinema, che hanno generosamente messo a disposizione conoscenze e consigli. Vi trovano spazio anche le produzioni americane girate in Italia in quegli anni, come Ben Hur o Romola, il film prodotto e interpretato da Lillian Gish e girato a Firenze, negli studi cinematografici di Rifredi.

Chiude il percorso la sala dedicata a Salvatore Ferragamo, dove sarà ricostruito fedelmente il negozio che il grande artigiano italiano aprì a Hollywood nel 1923. L’allestimento sarà accompagnato da una videoinstallazione che riprodurrà elementi reali della vita a Hollywood negli anni Venti.

Hollywood era allora poco più di un paesino. Gli studios cinematografici erano pochi, piccoli e di scarse finanze. Quando nel 1927 Ferragamo lasciò gli Stati Uniti, tutto era cambiato.