Il Falstaff torna in scena al Maggio Musicale. Nel cast (al suo debutto fiorentino) c’è anche Irina Lungu che interpreta Alice Ford. L’intervista

Debutta il Falstaff al Maggio Musicale Fiorentino. A seguire un’intervista a Irina Lungu che interpreta Alice Ford. Dopo l’appuntamento del debutto (il 16 giugno), l’opera perdiana diretta da Daniele Gatti torna in scena il 19 e il 21 (ore 20) e il 23 (ore 18). Allestimento del Maggio Musicale Fiorentino. La recita del 19 giugno 2023 sarà trasmessa in diretta su Rai Radio 3.

Signora Irina Lungu, questo nel Falstaff è il suo debutto a Firenze? In quali altri teatri toscani si è esibita?

Sì, è il mio debutto al Maggio Musicale Fiorentino e a dir il vero è il mio debutto teatrale in Toscana. Sono comunque spesso venuta a Pisa, Livorno e Lucca ad assistere ad opere in cui si esibivano dei colleghi. Un paio di mesi fa ho cantato lo Stabat Mater di Rossini nel meraviglioso Duomo di Siena.

Ha cantato il ruolo di Nannetta in varie produzioni di “Falstaff” di altissimo profilo nella prima parte della sua carriera, anche al Teatro alla Scala diretta dal Maestro Gatti, che dirige fra l’altro anche questo allestimento fiorentino, e ha debuttato in quello di Alice Ford l’anno scorso a Zurigo. Quali sono le differenze e le difficoltà vocali di questi due ruoli, e quale sente più vicino?

Il mio primo approccio con quest’opera è stato nei panni di Nannetta, personaggio che ho amato tantissimo. È un’opera della quale mi sono innamorata veramente subito. Nannetta, a differenza di Alice, ha un momento tutto suo molto bello, magico, con quest’aria meravigliosa,, “Sul fil d’un soffio etesio”, dove puoi esibire il virtuosismo di un soprano, un virtuosismo quasi belcantistico, con fiati lunghi, sfumature: è veramente un’aria che crea un’atmosfera magica. Devo dire che in Alice mi manca un po’ questo momento, ma Verdi ha deciso di assegnare queste linee lunghe e legate ai giovani, cioè a Nannetta e a Fenton; gli altri personaggi non hanno questi momenti di abbandono, Comunque il personaggio di Alice mi piace moltissimo, è caratterizzato molto bene da Verdi. Alice è sempre sul pezzo, vocalmente è un ruolo brillante, in cui si richiedono altre qualità da un’artista, qualità da musicista forse, di saper recitare, saper creare un’atmosfera in un tempo molto veloce, saper fare gli accenti, di recitar cantando. E poi è un’opera di ensemble, in cui bisogna riuscire ad esprimersi nell’assieme. Per un’artista è essenziale trovare altri modi per esprimersi. 

Domanda simile ma che riguarda La bohème: anche in quest’opera ha interpretato i due ruoli sopranili, fra l’altro diventando il primo soprano a farlo nella stessa stagione al Teatro alla Scala. Quali sono anche in questo caso le difficoltà vocali ed interpretative dei ruoli, le loro differenze ma anche i loro punti di incontro?

Accettando questo impegno così artisticamente stimolante e anche insolito, che pochi soprani hanno fatto nella loro carriera, sono partita dall’idea di una intercambiabilità fra queste due donne sperando nella frase della grandissima cantante Renata Scotto che aveva detto che Mimì e Musetta in realtà sono la stessa donna però una è malata e l’altra no, e credo che in realtà potrebbe trattarsi della stessa donna che in diversi momenti della sua vita, come anch’io sono state diverse volte Musetta e altre volte Mimì , per cui le comprendo entrambe, le amo entrambe e non potrei mai rinunciare ad una in favore dell’altra. Non le vedo in conflitto. Più che una sfida si è trattato di un appagamento al mio lato artistico di poter esser così versatile così diversa e di trovare stimoli così interessanti durante la stessa produzione. Ovviamente non volevo dire che non presenti difficoltà cantare i due ruoli. Anche senza farli insieme non sono due ruoli semplici e non sono due personaggi semplici però quel che volevo dire è che la mia idea era quella di combattere contro il cliché che Musetta deve esser cantata da un tipo di voce e Mimì da un altro tipo di voce perché non è dal tipo di voce che dipende la credibilità dei personaggi. Per esempio la civetteria di Musetta si può esprimere anche senza essere un sopranino di coloratura, quale io non credo di essere, e quindi non sono in conflitto questi due personaggi per un’artista sensibile.

Nel suo prossimo futuro c’è un altro debutto verdiano, Amelia Grimaldi in Simon Boccanegra: questo personaggio quali particolarità, quali sfide offre al soprano? 

Ho deciso di ampliare il mio repertorio verdiano andando verso il lirico pieno, e ho deciso di farlo proprio con questo personaggio perché Amelia deve saper cantare legato prima di tutto; ha bellissime frase di grande espansione, fiati lunghi con bei legati, deve saper sfumare, modulare la voce. Onestamente penso che questo sia uno dei miei punti forti e credo di saper dare il meglio in questo tipo di espressività. Lo sto studiando e lo sta già adorando tantissimo. 

Ha altri debutti importanti in vista, verdiani e non?

Prima di tutto Nedda in “Pagliacci”, che canto per la prima voltaal Teatro alla Scala la stagione prossima. Secondo me è un personaggio che avrei già dovuto cantare: mi piace tantissimo, e non so come mai non me l’hanno mai chiesto, però adesso si è presentata un’ottima occasione e non vedo l’ora perché mi inspira non solo vocalmente ma anche artisticamente. Mi ha sempre incuriosito dove si trova il confine fra il recitare e l’essere, e credo che in Nedda lo potrò esplorare. 

A volte parla di Violetta Valery come del suo “alter ego”: può spiegarci come mai?

Spesso nella carriera di un cantante avviene che un personaggio risulti più amato, più riuscito degli altri e credo che nel mio caso sia Violetta. C’è da dire che comunque io amo tutti i miei personaggi perché altrimenti non riuscirei mai a portarli in scena e dar loro vita, ma con Violetta sento una sintonia particolare. Questo personaggio  è perfetto per la mia voce, per il mio timbro, il mio esser in palcoscenico, la mia indole vocale, scenica, artistica, la qualità del mio colore di voce. Sento che tutto in me sia molto adatto a questo personaggio. Sin dalla primissima produzione di Traviata mi sono sentita subito lei e non mi costa nessuna fatica capirla. La mia estensione vocale mi permette di trovarmi a mio agio in tutti e tre gli atti, però oltre a questo, oltre alle difficoltà tecniche accade anche qualcosa di particolare: credo proprio di capirla e per questo riesco a raccontarla così bene in scena.

Tralasciando per un attimo Verdi, lei ha in repertorio molte opere del cosiddetto belcanto; fra i maggiori debutti degli ultimi anni spiccano Anna Bolena e Imogene ne Il pirata: ha intenzione di espandersi ulteriormente anche in quella direzione?

Il belcanto è il repertorio che prediligo in assoluto; è il repertorio nel quale ho mosso i primi passi della mia carriera dopo aver studiato con Leyla Gencer, e ho interpretato opere rare come Parisina e Ugo Conte di Parigi di Donizetti. In seguito ho sempre cercato nuovi debutti nel belcanto e così ho costruito la base del mio repertorio cantando Lucia, I puritani, Maria Stuarda, Anna Bolena, I Capuleti, moltissime opere che mi hanno insegnato proprio a cantare, a esprimere e dar vita alle mie eroine, esprimere qualsiasi stato d’animo e emozione attraverso attraverso la voce e cantando sul fiato. Credo che il belcanto sia il repertorio attraverso il quale deve passare ogni cantante perché ti insegna un atteggiamento corretto verso la tua voce, senza ricorrere ad altri mezzi espressivi ma esclusivamente alla corretta impostazione della voce, al fiato, e all’attacco della voce morbida sul fiato, ossia quella che deve essere la base della vocalità di ogni cantante. Detto questo, credo che per ruoli da grande primadonna come Bolena, o Stuarda, oltre a saper cantare e gestire tutte le difficoltà tecnico-vocali in maniera brillante, sia necessaria una qualità di voce, un timbro nobile, una voce di grande personalità. Sicuramente intendo ampliare questo repertorio: delle tre regine me ne manca ancora una, Elisabetta in Roberto Devereux, e in questo momento mi sento anche molto pronta per Norma e penso proprio di andare verso quel debutto. 

Chi è Irina Lungu nella vita privata?

Non credo di riuscire a scindere completamente Irina Lungu artista da Irina Lungu nella vita privata. Le due cose vanno insieme e a volte è quasi impossibile distinguerle perché moltissimi aspetti della mia vita artistica lasciano impronte nella mia vita privata e viceversa. Nella vita privata mi piace fare ciò che mi arricchisce come artista, per esempio amo molto la letteratura, l’arte figurativa, tutto ciò che arricchisce il mio essere artista, la mia capacità di approfondimento dei miei personaggi e delle storie che vivono. Ogni personaggio è un piccolo mondo, e più complesso è il tuo mondo, più bello e ricco di sfumature sarà il personaggio. E poi sono una mamma e ache questo mio essere mamma ha arricchito molti miei personaggi, come Alice, per dirne uno. Mi considero una persona sportiva, mi piace sciare, giocare a tennis, correre ma senza esser fanatici, così solo per il piacere di farlo.