“Up & Down – Un film normale”: Paolo Ruffini, Francesco Pacini e gli attori di Mayor Von Frinzius al Teatro 4 Mori per la “prima” (dopo la Festa del Cinema di Roma)

Sarà una serata speciale quella al Cinema teatro 4 Mori di Livorno dove venerdì 26 ottobre 2018 (ore 21.30) sarà presentato – dopo la Festa del Cinema di Roma – il docu-film “Up & Down – Un film normale” di Paolo Ruffini e Francesco Pacini. La pellicola propone il lavoro e l’amicizia di Ruffini con tutta la squadra della Compania teatrale livornese Mayor Von Frinzius diretta da Lamberto Giannini. Una compagnia che ha nelle sue file persone con disabilità, affette dalla sindrome di Down. Prima lo spettacolo teatrale “Up & Down”, andato in scena a Livorno, in Toscana e nel resto d’Italia ed ora il docu-film che racconta la normale quotidianità nel backstage di un lavoro teatrale. Un film carico di emozioni, di speranza e di riflessioni.

******* “La normalità è un’illusione. Un’invenzione per chi è privo di fantasia.” (Alda Merini)

SINOSSI DEL DOCU-FILM

Che cosa signi ca essere normali? Quali caratteristiche esattamente dovremmo avere per de nirci così? Questo lungometraggio è un’indagine sulla normalità, raccontata attraverso gli occhi incantati di attori straordinari. Cinque attori con sindrome di Down e uno autistico, accompagnati in un viaggio lungo un anno intero dall’amico Paolo Ruffini.

È la storia di un sogno che si trasforma in un’avventura, la storia di una compagnia teatrale che vuole compiere un’impresa “normale”: realizzare un grande spettacolo – scorretto, esilarante, irriverente – e portarlo in tournée nei più prestigiosi teatri d’Italia. Federico, Andrea, Erika, Giacomo, Simone e David sono i protagonisti di questa impresa, sono i super eroi “sbagliati” con il poter inconsapevole di compiere l’impossibile. E come quell’insetto che è in grado di volare solo perché non sa di non poter sostenere il proprio peso, così questi ragazzi possono portare in scena uno strepitoso happening comico, spezzare i pregiudizi del pubblico, emozionarlo, commuoverlo, e lasciare a tutti l’illusione di essere normali. Addirittura l’illusione che la normalità esista davvero.

Spesso il concetto di normalità viene schiacciato su quello di perfezione, ma ogni volta che questo succede, la vita ci dimostra di non avere la stessa ridicola pretesa. Ci ricorda l’umiltà nell’essere fragili, la meraviglia nell’essere diversi, la magia nell’essere imperfetti e l’emozione di essere ultimi.

Il teatro, come il cinema, come la vita, non chiede di essere normali, al contrario, punta una luce sulla diversità. È esattamente ciò che riesce a realizzare Paolo Ruf ni in questo lm, prendendo per mano questi attori e guidandoli in un mondo dove ci sono alberi di tela, cieli di cartapesta e diamanti di vetro.

Anche se il teatro non è la realtà, tutto quello che accade li dentro è pieno di verità.

D’altronde, esiste un sogno normale o un’emozione normale?
Il manifesto del lm sembra spingerci verso una direzione: come sarebbe un “Normale mondo Down”? Sicuramente più semplice, sorridente, felice. Sarebbe un mondo Up.
Per raccontare tutto questo soltanto la meraviglia del cinema poteva essere d’aiuto. Ecco perché “Up & Down” è un lungometraggio normale. O forse no.

NOTE DI REGIA (di Paolo Ruffini)

Federico Parlanti, uno degli attori del lungometraggio, lo ha definito “un lungometraggio normale”.
“Film normale” è un ossimoro meraviglioso. Geniale. Lo stesso Federico, dopo poco, sostiene candidamente di essere “normale”. Allora con Francesco Pacini, che firma con me la regia, mi sono chiesto chi mai potrebbe contraddirlo, e soprattutto perché dovrebbe.

Si dice che la normalità non esista. Nel realizzare questo lungometraggio mi sono accorto che la normalità semplicemente non accade. La vita non ci chiede di essere normali, la vita è un inno alla diversità: siamo tutti diversamente normali e ugualmente diversi.

Ho riflettuto sul significato di queste parole, e mi sono reso conto che rischiamo di appiattire il concetto di normalità, che può essere invece declinato in mille forme, esattamente come il concetto di diversità. D’altra parte se c’è qualcosa che accomuna tutti è proprio l’essere diversi: un tratto somatico del viso, un talento, un difetto caratteriale, un’espressione dello sguardo.

Un cromosoma in più o una sindrome in meno, bastano a farci sentire “più normali” o “più diversi”?

Ho iniziato a girare questo lungometraggio con l’intenzione di raccontare nella maniera più autentica possibile la meraviglia che ho scoperto lavorando con questi attori.
Quando ho finito di girare mi sono accorto che avevo invece appena iniziato ad imparare.
Si è trattato di una vera avventura in cui proprio niente era normale. Soprattutto non lo ero io. Perché io mi sentivo normale a prendere in mano il cellulare appena ero solo, e mi sentivo normale quando non vedevo l’ora di postare la foto di un piatto su Instagram prima di mangiarlo, e invece mi sono sentito strano a girare la scena in cui corro spensierato su un prato in una giornata di sole, strano a essere libero. Strano a essere felice.

E ora che toccato quella felicità, non ho paura di essere triste, anzi. Credo che io, come la mia vita, sono fatto di alti e bassi, di Up e Down.

A volte sono Up, a volte sono Down. Quest’anno compio 40 anni.
E far amicizia con questo concetto, è come un regalo che scarto tutti giorni.

Adesso credo sia più normale brillare di felicità pura per un piatto di pasta al burro mangiata con gli amici, come sa fare Andrea, o emozionarsi perdutamente per una canzone di Walt Disney, come succede a David, o saper ridere di niente, come il mio amico Simone.

Per me non è stato soltanto un lungometraggio, e so che non lo sarà nemmeno per lo spettatore. Esattamente come lo spettacolo che portiamo in teatro non si stratta di una rappresentazione a cui assistere ma di un’esperienza a cui partecipare, e in cui perdersi.
Ognuno di questi ragazzi è lo specchio attraverso cui chi guarda, o meglio, chi sa guardare, può vedere sé stesso e la propria vita, la propria irreplicabile imperfezione, la propria magia e la propria capacità di essere unico e bellissimo.

Erika ripete spesso: “Non sapete cosa vi perdete ad essere normali”, e ora so quanto abbia ragione. Giacomo invece sostiene non essere più “Down”, ma di essere guarito.
Questo lungometraggio in qualche modo ha guarito anche me.

Il cinema è il posto in cui i sogni esistono davvero, e questolungometraggio è reale quanto un sogno.
“Unlungometraggio normale” ha preso forma in me, esattamente come un sogno ricorrente.
Eppur conoscendo a memoria ogni singolo fotogramma, ancora non riesco a guardarlo senza commuovermi.

Ma forse questo è normale…