Quando un filo prezioso incontra la creatività: i segreti di Bruno Manetti Cashmere, azienda toscana d’eccellenza. Capi chic e il cappotto “a colori” (con video e fotogallery)

di ELISABETTA ARRIGHI

Il rumore delle macchine da maglieria è metallico e un po’ monotono. Avanti e indietro sulle guide, intrecciando i fili ed i colori, per formare i disegni che con la tecnologia attuale vengono impostati dal computer. Poi, in un angolo, ecco una delle belle macchine  di una volta. Anni Sessanta più o meno, con il doppio pomolo per far scorrere avanti e indietro il telaio capace di lavorare e intarsiare i fili. Anche questa macchina, che la signora Luana muoveva rapidamente con sapienza manuale, ha ceduto alla modernizzazione. Ha messo il motore e oggi è tarata per lavorare i bordi sfrangiati che ornano le giacchine stile Chanel.

Nel capannone moderno e funzionale, con molto bianco, sabbia e forme minimaliste, i colori dei rocchetti di filo illuminano gli scaffali e i grandi tavoli da lavoro. Nell’atelier un enorme specchio rimanda le immagini di alcuni capi mentre alle pareti, nelle bacheche, ci sono appesi memo con schizzi, appunti, fotografie, ritagli di riviste. La “via del cashmere” toscano si dipana in queste stanze, lungo un percorso che permette di osservare i diversi passaggi che dal filo portano alla realizzazione di un maglione, di un cappotto, di un pantalone stile jogging o di una avvolgente sciarpa.

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Bruno Manetti nell’area controllo dei capi

L’azienda è la Bruno Manetti Cashmere, nella zona industriale di Montelupo. E’ una delle “fabbriche” più quotate per quanto riguarda la lavorazione del prezioso filato. Specializzata nella realizzazione di capi per donna, offre anche una collezione maschile dalle forme eleganti, presentata con successo all’ultima edizione di Pitti Uomo, dove lo scorso gennaio il brand è arrivato per la prima volta, pur avendo sulle spalle una storia di successo internazionale e di mercati conquistati negli ultimi vent’anni (dalla Germania al Giappone passando per la Russia, ma non solo) grazie all’eccellenza del prodotto. Non solo dal punto di vista qualitativo, ma anche stilistico. Capi morbidi, colorati, avvolgenti, lussuosi, chic…

Il debutto a Pitti Uomo è stato positivo, dice Bruno Manetti che porta avanti l’eredità della mamma Luana, ancora in azienda. E’ lei la “magliaia” che ha cominciato a tracciare la strada del successo aziendale.

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Bruno Minetti nell’atelier dell’azienda

Bruno è arrivato dopo aver studiato lingue a Firenze (inglese, tedesco e francese), senza – dice – sapere nulla di maglieria, cashmere, filati e filiera. Ma in breve tempo è riuscito a traghettare il marchio Luana in una nuova impresa. “Quando ho cominciato a lavorare nel settore per presentare una mia proposta di collezione, un cliente tedesco mi disse che avevo un nome bellissimo. Certo – racconta Bruno – il mio nome è bello perché non si traduce. E’ Bruno in tedesco, in francese, in inglese… e il cognome Manetti, all’estero, ricorda molto la parola spaghetti. Insomma, Bruno Manetti poteva funzionare, molto più di Luana. Ed è diventato il nome dell’azienda”. Una srl della quale Bruno è amministratore unico. E nella quale incontriamo prima mamma Luana e poi Tommy, 21 anni, che dopo sei mesi in Canada per le lingue, è rientrato a Montelupo ed ha cominciato a lavorare, partendo dal magazzino (l’altro figlio di Bruno gioca invece a basket e frequenta l’università).

Capi per donna (85% della produzione) e per uomo (circa il 15%). La  collezione femminile è seguita stilisticamente da una signora affiancata da una collaboratrice più giovane. Stessa cosa per la collezione maschile, un signore esperto e un collaboratore più giovane. Per sinergizzare i concetti di moda over e under, in modo da sintetizzare quelle che sono le aspettative di fasce diverse di clientela. Continuando a cercare la qualità ai massimi livelli, utilizzando il cashmere che è uno dei filati naturali più preziosi. Con il fili di cashmere si ottiene quello che da sempre è indicato come il “tessuto degli dei”, sensuale al tatto, con una struttura calda e leggera. Ma c’è anche la maglia di lana “infeltrita” (direttamente in fabbrica, nel reparto lavanderia) per ottenere una maglia-tessuto che si può tagliare e quindi assemblare come una stoffa. Tutto questo si traduce in collezioni che diventano un grande abbraccio di benessere per chi le indossa.

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La sofisticata ricerca di filati preziosi e l’ossessione per il “ben fatto” si sposano in una interpretazione – per quanto riguarda la collezione donna per l’autunno-inverno 2018/2019 – dai volumi moderni, textures inedite, dettagli preziosi, punti ricamo fatti a mano. Una visione di sport chic cittadino, per un lusso contemporaneo dal quale emergono alcuni capi destinati a diventare dei must have. Come il cappotto patchwork, che sembra essere una tela d’artista (nella foto a destra). Cashmere double grigio, come il davanti. E sul dietro un mosaico di colori (una lavorazione giapponese realizzata con particolari macchinari) che rende il cappotto un modello unico. Un altro cappotto, una lunga redingote con cintura a vestaglia, alterna una lavorazione quasi etnica che sceglie anche il collo sciallato in pelo. Il cappottino ecrù chiudeinvece una serie di capi che esplorano le numerose tonalità del colore-non-colore e l’abbinamento di un maglione con una gonna tutta ricoperta di piccole frange movimenta una collezione che nelle maglie più spesse come consistenza si traduce in ricami fatti a mano. Dall’ecrù al grigio, dal verde al senape, dalle varie tonalità di rosso al turchese… la palette è ampia e modernissima, come lo stile dei capi. Per i quali si stanno studiando in azienda anche abbinamenti di accessori, come ad esempio una scarpa basica, per completare gli outfit (che possono contare anche su alcuni capi, ad esempio i pantaloni, realizzati in sartorie specializzate nella zona di Castelfiorentino).

La collezione maschile per l’autunno-inverno 2018/2019, presentata all’ultimo Pitti Uomo a Firenze, ha portato una ventata di freschezza: maglieria moderna e di qualità, sia tradizionale che tagliata come capospalla. Ecco quindi il 100% cashmere proposto in combinazione con il mohair, fibra di grande tendenza, con motivi degradé e con rombi ad intarsio. Poi ricami a maglia e motivi etnici, il cashmere stone washed che dona al capo un sapore vintage vissuto, la sensualità del cashmere/seta, la morbidezza e durevolezza della lana di origine scozzese che diventa “lana cotta” (il procedimento dell'”infeltrimento”) per giacche a tre bottoni e peacoats (doppiopetto stile marinaro). Il tutto declinato in una vasta palette che, come già accennato per la donna, comprende colori molto contemporanei come turchese, arancio, olio e verde inglese accanto ai più rassicuranti e classici cammello, grigio e beige.