Umy, la prima volta di un androide donna nel cast di un’opera lirica. Accade in “Dr Streben” di Girolamo Deraco (progetto per il Festival della Robotica) che ha debuttato a Torre del Lago. E ora una tournée all’estero

di LISA DOMENICI

Il pubblico che entra nell’auditorium Caruso del Gran teatro Puccini di Torre del Lago, non può fare a meno di dare subito un’occhiata al grande schermo in fondo al palcoscenico, dove ogni spettatore può riconoscersi. Non non solo, una voce annuncia di lasciare accesi i cellulari perché anche lì ognuno può vedere se stesso. Cosa strana certo, per il pubblico, ma non per quella faccina che con due occhi molto vivaci sta elaborando i dati. Si tratta del robot Umy, che accoglie così i suoi spettatori, chiamati ad assistere a una robot-opera dove lei (Umy è una ginoide cioè un androide donna), fa parte del cast. Proprio così. Il nuovo lavoro, andato in scena in prima assoluta, si intitola “Dr Streben” ed è un’opera da camera per soprano, tenore, baritono, robot e ensemble, composta da Girolamo Deraco su libretto di Vincenzo Reale, commissionata dal Festival internazionale della robotica di Pisa in collaborazione col Festival Puccini di Torre del Lago e l’associazione Cluster di Lucca.

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Girolamo Deraco

La vicenda si svolge nel laboratorio del Dr Richard Streben (tenore), che aiutato dall’ assistente Karl (baritono), lavora al robot Umy, che lui ha costruito per trasformarlo in una ginoide. Su Umy, Streben proietta l’immagine della sua amata e scomparsa Galatea, e come Pigmalione se ne innamora, ma a differenza del mito, da scienziato, sa che non può trasformarla in essere umano. Quindi decide di trasformarsi in un cyborg, innestandosi a Mexos, una sorta di esoscheletro, per collegarsi al computer, in questo modo potrà vedere Umy. Il finale è significativo e accattivante. Grazie a un drone che si attiva e inquadra le due mani, quella umana e quella robotica, che si avvicinano richiamando l’immagine michelangiolesca del Giudizo universale.

“E’ la prima volta che si innesta un robot nell’opera lirica – spiega Deraco – finora ci sono state solo installazioni robotiche”.

Ma come è nata questa idea? Spiega il compositore : “E’ nata per caso. Un giorno il professor Franco Mosca, direttore del festival internazionale della robotica di Pisa, mi ha chiesto: cos’è un suono robotico? Io ho risposto: non lo so. E lui: se ti metto a disposizione un robot che fai? Ovviamente ho accettato la sfida e ho presentato un progetto che poi ho dovuto adattare al robot”. Insomma il robot è il vero protagonista di questa opera, che dialoga con la tradizione italiana, come vuole Deraco: “Il format dell’opera lirica italiana che si identifica nel canto, non subisce tradimenti con l’inserimento dell’apparato tecnologico”. Difatti l’opera italiana l’abbiamo subito riconosciuta, anche in questo contesto insolito. Perché , “Dr Streben” si innesta nella tradizione con lo sguardo verso il futuro.

Tra i prossimi impegni di Girolamo Deraco, ancora opera lirica e tecnologia, anche per bambini. Nel frattempo “Mr Streben” si godrà una gratificante tournée all’estero.