Turandot e l’Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba. Apre la mostra al Museo del Tessuto di Prato dove sono esposti anche gli abiti e i gioielli del soprano pratese Iva Pacetti utilizzati per la prima assoluta dell’opera del Maestro

Turandot e l’Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba (Museo del Tessuto, Prato dal 22 maggio al 21 novembre 2021) è il frutto di un lungo e accurato lavoro di ricerca compiuto dal Museo sullo straordinario ritrovamento di un nucleo di costumi e gioielli di scena risalenti alla prima assoluta della Turandot di Puccini e provenienti dal guardaroba privato del grande soprano pratese Iva Pacetti. (Sopra il titolo e in basso: foto di Marco Badiani – Mostra al Museo del tessuto di Prato).

Un’esposizione inedita, suggestiva, multidisciplinare e di ampio respiro, che nasce grazie alla collaborazione di enti e istituzioni pubblici e privati italiani di grande prestigio che a vario titolo hanno contribuito a questo ambizioso progetto: ricostruire le vicende che hanno portato il grande compositore toscano Giacomo Puccini a scegliere Galileo Chini per la realizzazione delle scenografie per la Turandot, andata in scena per la prima volta al Teatro alla Scala il 25 aprile 1926, diretta da Arturo Toscanini.

Co-organizzatore della mostra è il Sistema Museale dell’Ateneo fiorentino nel cui Museo di Antropologia e Etnologia è conservata una collezione di oltre 600 cimeli orientali, riportati da Galileo Chini – grande interprete del Liberty italiano – al rientro dal suo viaggio in Siam nel 1913 e da lui personalmente donati nel 1950 al Museo fiorentino.

A questi si aggiunga anche il contributo degli enti prestatori: l’Archivio Storico Ricordi, il Museo Teatrale alla Scala e l’Archivio Storico Documentale Teatro alla Scala, le Gallerie degli Uffizi – Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, la Fondazione Giacomo Puccini di Lucca, la sartoria Devalle di Torino, l’Archivio Corbella di Milano, la Società Belle Arti di Viareggio e numerosi prestatori privati.

La mostra è ha ricevuto il sostegno del Socio Fondatore Comune di Prato, di Estra spa, della Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, di Saperi Srl, della Regione Toscana, di Intesa Sanpaolo, del Museo del Tessuto Supporter Club, di B&B Hotels, del movimento Life Beyond Tourism e il patrocinio di Fondazione Italia Cina e Fondazione Romualdo Del Bianco.

LA MOSTRA 

Tutto ha avuto inizio nei primi mesi del 2018, quando al Museo venne proposto di acquisire un misterioso baule contenente materiale eterogeneo proveniente dal guardaroba del soprano pratese Iva Pacetti.  Gli studi condotti dalla conservatrice del Museo, Daniela Degl’Innocenti, hanno permesso di riconoscere in due costumi e in due gioielli di scena quelli disegnati e realizzati dal costumista del Teatro alla Scala Luigi Sapelli (in arte Caramba) per la prima assoluta dell’opera e indossati da Rosa Raisa, il primo soprano della storia a interpretare il ruolo della ‘Principessa di gelo’. 

Partendo dallo straordinario ritrovamento, la mostra ripercorre la genesi complessiva dell’opera e il sodalizio artistico tra il grande compositore Giacomo Puccini e l’artista e amico Galileo Chini, voluto fortemente dal Maestro per la realizzazione delle scenografie.  (A sinistra: Caramba, bozzetto per i costumi di Turandot)

Puccini volle affidare l’atmosfera orientale di Turandot – ambientata all’interno del palazzo della Principessa cinese – ad un artista che l’Oriente l’avesse vissuto veramente e trovò in Galileo Chini, che aveva vissuto e lavorato in Siam (attuale Thailandia) per ben tre anni (1911-1913) per lavorare alla decorazione del Palazzo del Trono del Re Rama VI, l’interprete più adatto a costruire l’immagine scenica dell’opera.

Dal suo soggiorno orientale Chini tornò profondamente affascinato e con un bagaglio di centinaia di manufatti artistici di stile e produzione cinese, giapponese, siamese che influenzarono la sua produzione artistica anche dopo la permanenza in Siam e, all’interno di essa, successivamente, la genesi figurativa delle scenografie per l’opera Turandot.

La mostra e il catalogo sono dedicati a Guido Biancalani, per molti anni Presidente dell’Associazione Ex Allievi dell’Istituto Tullio Buzzi e Vicepresidente della Fondazione Museo del Tessuto. Guido fu tra i primi a credere fortemente in un grande progetto di mostra finalizzato a valorizzare i costumi ritrovati dal Museo del Tessuto, acquisiti anche grazie alla collaborazione sempre preziosa e attiva dell’Associazione. 

IL PERCORSO ESPOSITIVO

Il percorso espositivo della mostra – che occupa circa 1.000 metri quadri complessivi – si apre nella Sala dei Tessuti Antichi con una selezione di circa 120 oggetti della collezione Chini, proveniente dal Museo di Antropologia e Etnologia di Firenze.

Come già ricordato, la collezione Chini venne donata dal Maestro al Museo nel 1950 e vi rimase esposta fino agli anni Settanta; in seguito, solo alcuni degli oggetti conservati sono stati visibili al pubblico.

Questa mostra rappresenta dunque un’occasione per valorizzare una delle collezioni più preziose e interessanti del Sistema Museale dell’Ateneo fiorentino.

Il visitatore potrà ammirare tessuti, costumi e maschere teatrali (FOTO 1), porcellane (FOTO 2 e 3), strumenti musicali, sculture, armi e manufatti d’uso di produzione thailandese e cinese – suddivisi per ambiti tipologici all’interno di grandi teche espositive – che sono stati continua fonte di ispirazione per l’Artista e sono diventati soggetti di suoi numerosi dipinti. 

L’esposizione prosegue al piano superiore con una sezione dedicata alle scenografie per la Turandot e al forte influsso che l’esperienza in Siam ebbe nell’evoluzione del percorso creativo e stilistico di Chini. 

Accanto a opere provenienti da collezioni private e a molti reperti inediti e curiosi – come una tradizionale piroga monoposto di legno in uso a quei tempi per solcare le acque del fiume Menam, per molti anni conservata nella casa al mare di Lido di Camaiore e utilizzata dallo stesso Chini sulle mare della Versilia – si cita a titolo di esempio la tela raffigurante La fede,  parte del trittico La casa di Gothamo di proprietà della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Invece, la grande tela raffigurante la Festa dell’ultimo dell’anno a Bangkok, anch’essa appartenente alla Galleria, è oggetto di un’installazione multimediale che dialoga con una bellissima testa di dragone della Collezione Chini.

In questa sala sono esposti anche i cinque straordinari bozzetti finali delle scenografie della Turandot provenienti dall’Archivio Storico Ricordi di Milano e altre due versioni di proprietà privata.

Tra tutte si segnala Vasto piazzale della reggia dove viene ambientata una delle scene più famose della Turandot, quella dei tre enigmi. Chini rappresenta in tutto il suo sfarzo la reggia della principessa, appagando le aspettative del grande Maestro. Nella prima versione di questa scenografia sono ancora visibili i segni a matita che vanno a cancellare la parte superiore della scalinata. Sono fatti da Puccini che esclamò “Vedi Galileo, qui bisogna fare un trucco scenico perché se no… io la sfiato [il soprano], tu la risfiati, e quando arriva in fondo farà aahh!!!” (cit. catalogo della mostra).

La terza e ultima sala riunisce finalmente, dopo decenni di oblio, gli straordinari costumi della prima dell’opera. Infatti, accanto a quelli della protagonista di proprietà del Museo – su una grande pedana rialzata che la prima volta nella storia riunisce la straordinaria parata realizzata da Caramba nel 1926 – sono esposti anche 30 costumi straordinari provenienti dall’archivio della Sartoria Devalle di Torino, comprendenti i ruoli primari e comprimari – l’Imperatore, Calaf, Ping, Pong e Pang, il Mandarino – e i secondari – i Sacerdoti, le Ancelle, le Guardie, i personaggi del Popolo. 

Si tratta dei costumi originali realizzati per la stessa edizione dell’opera, anch’essi inizialmente scomparsi, ma poi rocambolescamente ricomparsi a metà degli anni Settanta ed entrati a far parte definitivamente di questo meraviglioso archivio storico privato.

In mostra anche alcuni bozzetti originali e pochoir dei costumi dell’opera del celebre illustratore Filippo Brunelleschi, artista inizialmente designato da Puccini, il manifesto originale della prima dell’opera  e la riduzione per canto e piano editi da Casa Ricordi e illustrati con la celebre immagine di Turandot realizzata da Leopoldo Metlicovitz, a oggi una delle immagini più iconiche del melodramma italiano.

A Iva Pacetti, protagonista silenziosa della nostra mostra, il Museo ha dedicato una sezione espositiva multimediale a conclusione del percorso.

GLI INEDITI COSTUMI DELLA PRINCIPESSA DI GELO  

Tutti gli abiti presenti in mostra sono stati ideati e realizzati da Luigi Sapelli in arte Caramba – primo vero costumista del Novecento, colui che ha firmato gli spettacoli in cartellone al Teatro alla Scala di Milano per oltre vent’anni e che ha gestito una sua sartoria di costume cine-teatrale fino alla sua morte avvenuta nel 1936. 

Oltre a Galileo Chini si deve anche a lui il merito di aver elaborato per primo l’immagine scenica dell’opera.

Il primo costume di Turandot di proprietà del Museo è stato realizzato per l’Atto I.

Così come pervenuto, si presenta come una sopravveste, essendo privo del capo sottostante, con una foggia a kimono dalle ampie aperture, riccamente decorato da pizzo meccanico in rayon e filato metallico e una decorazione a pochoir a motivi vegetali.

Ad esso di associa la parrucca realizzata con capelli veri dalla ditta Biffi Rodolfo, fornitrice ufficiale del Teatro alla Scala, e l’ornamento da testa che l’arricchisce. 

Sebbene di questo costume, al momento, non si trovino testimonianze fotografiche, probabilmente per il fatto che la protagonista nel primo atto svolge una performance gestuale, scenica e iconica e non canora, in realtà le ricerche condotte dal Museo del Tessuto hanno permesso di identificare l’abito con quello descritto al n. 481 nel documento inventariale della sartoria della Scala, che descrive il primo della serie dei tre abiti del personaggio Turandot.

Il secondo costume è invece per l’Atto II.

Confezionato con due diversi tessuti laminati, presenta una foggia a tunica con ampia scollatura semicircolare sul davanti e sul dietro e con un lungo strascico semicircolare.

La paternità del costume è attestata dall’etichetta cucita alla fodera, dal figurino conservato presso il Museo Teatrale alla Scala, dagli inediti riscontri con gli inventari del Teatro (n. 482) e dai numerosi riscontri iconografici possibili attraverso le fotografie originali delle scene e dei ritratti dei primi soprani che si sono cimentati nel ruolo della protagonista, visibili in mostra nella sezione dedicata.

A questo costume si associa una fastosa corona eseguita dalla ditta Corbella di Milano, fornitrice ufficiale del Teatro alla Scala e interprete del pensiero creativo del costumista. Il gioiello, in stile orientale, rappresenta un capolavoro di oreficeria per il teatro, per la presenza di fiori e farfalle tremblant, perle pendenti, piume di struzzo, galloni arricchiti da frange con perline. 

La corona venne indossata dalle più celebri interpreti: Rosa Raisa nella primissima del 1926, ma poi Bianca Scacciati, Gina Cigna e Iva Pacetti.

La corona divenne il simbolo stesso di Turandot, tanto che la Callas trent’anni più tardi lo volle per sé e Dolce & Gabbana lo riproposero nella loro stupefacente sfilata del 2019 ispirata all’opera.

I COSTUMI E IVA PACETTI

Il suo debutto sulle scene risale al febbraio 1920 presso il Metastasio di Prato, nel ruolo di Aida nell’opera omonima di Giuseppe Verdi. 

La sua facilità di apprendere e la sua voce perfetta le consentirono di approfondire un numero incredibile di opere; se ne contano sessantuno, passando da Monteverdi a Cherubini fino ai contemporanei.

Uno dei personaggi per i quali il soprano si distinse fu sicuramente la Principessa di gelo.  A quasi un mese di distanza dalla prima assoluta della Turandot, si tenne la prima interpretazione di Iva Pacetti al Teatro Costanzi di Roma, dove cantò come secondo soprano dopo otto repliche eseguite da Bianca Scacciati (21 maggio 1926). A questa prima recita ne seguirono altre a Napoli, Barcellona, Firenze, Palermo, Roma, Milano, Ferrara, Genova, Bari e Prato. Tra queste, furono particolarmente importanti quella del 9 agosto 1938 alle Terme di Caracalla di Roma, la prima volta in cui la Turandot andò in scena in tale teatro.

Nel 1939 il suo debutto al Teatro alla Scala di Milano, mentre l’ultima interpretazione nel ruolo della principessa cinese risale al 18 gennaio 1947 al Teatro dell’Opera di Roma, dopo la quale il soprano rende pubblica l’inaspettata decisione di lasciare definitivamente le scene.

Con tutta probabilità Iva Pacetti venne in possesso dei costumi realizzati da Caramba nel 1939, in occasione della sua prima performance al Teatro alla Scala.

È possibile che li abbia ricevuti in dono o li abbia acquistati per il personale “guardaroba d’artista”, come spesso era in uso fra i soprani. Sicuramente nel 1942 ne era già in possesso, come testimonia l’immagine che la ritrae nei panni di Turandot nella performance pratese presso il Teatro Politeama Banchini.

IL LORO RESTAURO 

Rinvenuti in pessimo stato conservativo, i due costumi e i gioielli di scena sono stati sottoposti a importanti e complessi interventi di conservazione e restauro da parte del Museo. 

I costumi sono stati restaurati dal Consorzio Tela di Penelope di Prato, mentre i gioielli sono stati affidati alle cure di Elena Della Schiava, Tommaso Pestelli e Filippo Tattini che li hanno riportati a nuovo splendore. 

Il restauro, ben documentato nel catalogo che accompagna la mostra, è stato reso possibile grazie a un poderoso sforzo corale, che ha visto da un lato il cofinanziamento della Regione Toscana, dall’altro l’organizzazione da parte del Museo del Tessuto di un’impegnativa campagna di crowdfunding denominata “Il Costume Ritrovato”, alla quale hanno contribuito quasi 170 privati provenienti da otto Paesi diversi, aziende e associazioni del territorio.

Tra i tanti sostenitori un ringraziamento particolare va a:

Rotary Club Prato, Rotary Filippo Lippi Prato, Collegio dei Periti Industriali di Prato, Ordine degli Avvocati di Prato, Lions Club Prato Datini, Ewa Maria Pacini, Associazione Ex Allievi Istituto Tullio Buzzi, BBS-pro, Lyria spa, Marini Industrie spa, Lionardo Ginori Lisci, Prof. Maurizio Agamennone e Prof. ssa Teresa Megale e i loro studenti del Corso di Laurea in Progettazione e gestione di eventi e imprese dell’arte e dello spettacolo (Pro.Ge.A.S.) Pin Prato – Università di Firenze

IL PASSAPORTO TURANDOT: NUOVE SINERGIE TERRITORIALI NEL SEGNO DI PUCCINI E CHINI

Il Museo del Tessuto ha riunito alcuni dei luoghi più suggestivi della Toscana, legati a vario titolo alle figure di Giacomo Puccini e Galileo Chini, in un progetto parallelo alla mostra denominato Passaporto Turandot, nell’interesse comune di promuovere attivamente la ripresa della cultura e del turismo di prossimità. 

In una piccola guida cartacea, agile e snella, sono presentati al pubblico il Puccini Museum di Lucca, la casa natale del compositore Giacomo Puccini, la Villa Museo di Torre del Lago, che conserva ancora il suo aspetto originale così come lasciato dal Maestro nel 1926, il MO.C.A. – Montecatini Terme Contemporary Art, esempio tangibile dell’operato di Galileo Chini qui presente con le splendide vetrate e con la decorazione delle volte e dei velari del Municipio e, infine, il Chini Museo di Borgo San Lorenzo con gli splendidi capolavori ceramici e non solo creati dal poliedrico artista. 

Portando con sé il Passaporto Turandot, appositamente timbrato all’ingresso delle strutture segnalate, il visitatore potrà usufruire di particolari agevolazioni.

In occasione della mostra il Museo di Antropologia e Etnologia del Sistema Museale dell’Ateneo fiorentino ha riallestito appositamente una sala del Palazzo Nonfinito con un’accurata e inedita selezione di oggetti provenienti dalla Collezione Chini – visibili al pubblico a partire dagli inizi di giugno – creando così una connessione filologica con la mostra pratese.

Al prodotto promozionale sopra descritto, si aggiungono le collaborazioni più specifiche che la Fondazione Museo del Tessuto ha stretto con il Comune di Montecatini per la creazione di itinerari turistici più ampi sempre sulle tracce di Galileo Chini che coinvolgono il complesso termale Tettuccio e Tamerici e il Grand Hotel & La Pace e con la Fondazione Festival Pucciniano – giunto quest’anno alla 67° edizione. In cartellone tra luglio e agosto Tosca, Turandot e La Bohème. Per i possessori del biglietto della mostra è stata accordata una speciale riduzione del 10% in II, III e IV settore, mentre gli spettatori del Festival potranno visitare la mostra al prezzo del biglietto ridotto.

DICHIARAZIONI

Francesco Nicola Marini, presidente della Fondazione Museo del Tessuto di Prato:

“Dopo tanti mesi di chiusure e riaperture a singhiozzo, aprire nuovamente le porte del Museo con una mostra straordinaria come questa rappresenta per noi una grande emozione. Ringrazio col cuore gli enti che ci hanno sostenuto in questa grande impresa, le molte e prestigiose istituzioni che hanno collaborato con prestiti e collaborazioni scientifiche di alto profilo – primo fra tutte il Sistema Museale di Ateneo – il Direttore, il Comitato scientifico ed i curatori, tutto lo staff del Museo che non finirà mai di stupirmi per le competenze e la passione che infonde in ogni progetto del Museo”.

Marco Benvenuti, presidente del Sistema Museale di Ateneo, Università degli Studi di Firenze:

 “La fruttuosa collaborazione tra il Sistema Museale dell’Ateneo fiorentino e il Museo del Tessuto di Prato permetterà di valorizzare la raffinata collezione raccolta da Galileo Chini in Oriente. Fonti inesauribili di ispirazione per la sua pittura e la sua poliedrica attività, gli oggetti esposti testimoniano l’impatto che il percorso del grande artista ha avuto sulla collaborazione con Puccini”.

____________________________

TURANDOT E L’ORIENTE FANTASTICO DI PUCCINI, CHINI E CARAMBA

Museo del Tessuto, 22 maggio – 21 novembre 2021

Via Puccetti 3 – Prato |  www.museodeltessuto.it/mostra-turandot/   | Ingresso: intero 10 €, ridotto 8 € 

Catalogo Silvana Editoriale, edito in italiano e inglese (240 pagine, 160 illustrazioni)