Tre mostre per celebrare i 500 anni della nascita di Cosimo I de’ Medici (1519/2019). Dal 5 giugno al 29 settembre “Cento lanzi per il Principe” con un intervento di Eike Schmidt direttore degli Uffizi

Le Gallerie degli Uffizi celebrano il cinquecentenario della nascita di Cosimo I (1519-1574), primo Granduca di Firenze, dedicandogli un ‘trittico’ di mostre: “Cento lanzi per il Principe”, “Una biografia tessuta. Gli arazzi seicenteschi in onore di Cosimo I” (sala delle Nicchie e sala Bianca di Palazzo Pitti dal 5 giugno al 29 settembre) e “La prima statua per Boboli. Il Villano restaurato” (sala delle Nicchie di Palazzo Pitti dal 5 giugno al 29 settembre).

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La prima ad aprirsi, “Cento lanzi per il Principe”, è dedicata alla Guardia tedesca dei Medici (‘Guardia de’ lanzi’ in vernacolo fiorentino), composta dai caratteristici alabardieri in livrea. La mostra si svolge al primo piano degli Uffizi e non per caso: dalle finestre delle sale si può infatti ammirare la Loggia dell’Orcagna su Piazza della Signoria, che per essere stata la facciata del quartier generale della Guardia tedesca negli Uffizi è ancora oggi nota come Loggia dei Lanzi (abbreviazione dal tedesco “Lanzknecht”, lanzichenecchi). Il loro arrivo a Firenze nel 1541 è una delle manifestazioni della fedeltà di Cosimo I all’imperatore Carlo V d’Asburgo: molto prima di diventare duca di Firenze, Cosimo aveva infatti più volte potuto vedere in azione la Guardia dei cien Alemanes (cento tedeschi) che seguivano l’imperatore in tutti i suoi pellegrinaggi.

Per quasi duecento anni, fino al 1738, i Lanzi hanno svolto una funzione cruciale nell’ambito della corte medicea. Compito principale della guardia era difendere la persona del sovrano e i suoi più stretti congiunti, pertanto nelle raffigurazioni degli eventi legati al sovrano, i suoi soldati appaiono quasi sempre, facilmente individuabili grazie ai loro costumi sgargianti e alla loro arma iconica: l’alabarda. 

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La mostra percorre la storia di questa milizia sotto vari aspetti – sociale, culturale, militare: divise in quattro sezioni, oltre 90 opere tra armature, armi, vestiti, incisioni, dipinti, documenti e libri ne raccontano l’istituzione e la storia, senza tralasciare l’impatto che essa ebbe sulla vita cittadina. È un racconto a tutto campo, che coinvolge tanto il popolo quanto i personaggi della corte, dai nani alla duchessa Eleonora da Toledo. Sono esposti oggetti sensazionali: quello che resta dell’armatura di Cosimo I, e la splendida armatura del capitano Fernberger con impresso lo stemma mediceo, proveniente dal Künsthistorisches Museum di Vienna, oltre ad armi, oggetti, incisioni e ritratti. Le guardie furono immagini iconiche del potere principesco, capaci, con la sola comparsa, di trasformare un qualsiasi spazio e situazione in una “scena di corte”. Dopo circa 200 anni di fedele servizio, furono l’ultima vestigia del vecchio regime ad abbandonare il proprio posto, rimanendo a scorta dell’Elettrice palatina fino all’arrivo a Firenze, nel marzo 1738, della Guardia svizzera dei Lorena che prese il loro posto. “Gli studi archivistici del Medici Archive Project sugli alabardieri tedeschi a Firenze – commenta il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt – hanno fatto emergere una messe di informazioni inedite, portando alla luce opere d’arte dimenticate o sconosciute, e offrono ora una nuova lettura per innumerevoli documenti figurativi del periodo, legati alla storia di Firenze al tempo dei lanzichenecchi”.

La mostra, promossa dalle Gallerie degli Uffizi in collaborazione con il Medici Archive Project è curata da Maurizio Arfaioli, Pasquale Focarile e Marco Merlo. Catalogo Giunti.

*****FRA I “SOLDATI ALEMANNI PER LA GUARDIA MIA ET DI QUESTA CITTÀ”

di Eike D. Schmidt / direttore delle Gallerie degli Uffizi

Il patrimonio delle Gallerie degli Uffizi si estende alla Loggia dei Lanzi, uno straordinario museo all’aperto, gremito di capolavori scultorei fra i più famosi al mondo e visitato ogni giorno da migliaia di persone. 

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Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi in una sala della mostra

I turisti si aggirano incantati fra le statue, si affacciano dai parapetti per ammirare la piazza, o il cannocchiale lunghissimo verso via della Ninna e via de’ Neri, si riposano sui sedili di pietra, ma spesso non sanno chi si muoveva in passato intorno a quelle pietre, da dove viene il nome di questo spazio unico al mondo.

Dalla sua costruzione nel Trecento, la Loggia è stata per secoli teatro di solenni cerimonie cittadine, ma cambiò nome quando nelle aree limitrofe si accamparono i soldati tedeschi, i lanzichenecchi, che il duca impiegò – come egli scrisse ad Andrea Doria il 29 giugno 1541 «promettendomi da loro, oltra alla fedeltà, molto minor fastidii che da soldati Italiani». A parte l’espressione di deferenza feudale verso l’imperatore che la chiamata degli alabardieri dalle terre di lingua tedesca implicava, il fatto che il duca avesse deciso di costituire la guardia del corpo e della corte con forze provenienti da terre lontane rivela la diffidenza che egli aveva verso i suoi concittadini: qualche anno dopo la sua salita al potere, ancora sobbolliva in città la divisione fra i seguaci dei Medici e i fautori dei fuorusciti antimedicei, che richiama quella inveterata fra Guelfi e Ghibellini. Non a caso le guardie tedesche furono sostituite da quelle svizzere – sempre straniere, dunque – al momento del transito dinastico fra i Medici e gli Asburgo-Lorena, e ancora la diffusione dei Carabinieri “piemontesi” in tutto il Regno d’Italia unito segue il principio di affidarsi a una élite di difesa la cui origine sia geograficamente differenziata rispetto al territorio di servizio.

Gli studi archivistici del Medici Archive Project sugli alabardieri tedeschi a Firenze hanno fatto emergere una messe di informazioni inedite, portando alla luce opere d’arte dimenticate o sconosciute, e offrono ora una nuova lettura per innumerevoli documenti figurativi del periodo, legati alla storia di Firenze al tempo dei lanzichenecchi. Infine, la mostra analizza e mette in evidenza l’inserirsi di un gruppo di origine straniera nella vita della popolazione fiorentina, confermando una vocazione internazionale che la città ha sempre avuto – e si ricordi ad esempio la folta colonia anglosassone che vi fu accolta nell’Otto e Novecento – pur opponendosi a parole e non risparmiando, di primo acchito, commenti salaci e invettive.