TEATRO DEL SILENZIO, ecco l’Andrea Chénier di Andrea Bocelli (sabato 28 e lunedì 30 luglio). Intervista al baritono Vladimir Stoyanov, che affronta il suo primo ruolo verista interpretando Carlo Gerard

Due giorni al Teatro del Silenzio di Lajatico, con l’Andrea Chenier interpretato da Andrea Bocelli. Nel cast anche il baritono Vladimir Stoyanov nel ruolo di Carlo Gerard. E proprio Stoyanov è il protagonista dell’intervista che pubblichiamo a seguire.

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Ma torniamo per un attimo a Lajatico e al suo suggestivo scenario (sopra il titolo un’immagine da YouTube). L’opera di Umberto Giordano (quattro quadri su libretto di Luigi Illica) è un dramma di ambiente storico ispirato a Chénier, poeta, al tempo della rivoluzione francese. Un dramma che si muove fra storia, amore e gelosia. Quest’opera lirica è la più famosa fra quelle di Giordano e Bocelli è un grande estimatore di essa, che al Teatro del Silenzio viene rappresentata la sera di sabato 28 luglio 2018 (data sold out) e poi lunedì 30 luglio in replica. In entrambe le date l’inizio dello spettacolo è alle ore 20.15. 

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VLADIMIR STOYANOV / L’INTERVISTA

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Vladimir Stoyanov
  • Come ha scoperto di avere una voce? Proviene da una famiglia di cantanti o musicisti?

Nella mia famiglia non c’erano musicisti. La scoperta della voce è avvenuta per puro caso. Devo ammettere che mia madre ha un merito in questa scoperta perchè aveva notato in me quest’inclinazione osservandomi danzare e ballare sulle musiche di varie opere che trasmettevano soprattutto alla radio. All’età di 5 anni ho iniziato a frequentare un coro di bambini nella mia città natale, Pernik, in Bulgaria, poi crescendo mi sono sempre di più appassionato alla musica classica, proseguendo miei studi più tardi al liceo musicale e terminando all’ Accademia musicale di Sofia.

  • Abbiamo letto nella sua biografia che ha passato alcuni anni come membro della compagnia stabile dell’Opera di Plovdiv? Quali ruoli ha imparato in quel periodo? Crede che una compagnia stabile sia utile per un giovane cantante, o si corre il rischio che non possa più uscirne?

Si, i primi passi li ho compiuti nei teatri di Plovdiv e Burgas in compagnia stabile. Devo dire che gli inizi non furono facili. Come ho già detto sopra, non provenendo da una famiglia di musicisti non avevo nessun idea di come muovermi nell’ambiente musicale. La Bulgaria è un paese conosciuto per la cosiddetta “Grande scuola vocale”, e le attese nei confronti di un cantante giovane erano tantissime. Vi sono tantissimi cantanti bulgari famosi, ne citerò solo alcuni tanto per intenderci: Ghena Dimitrova, Boris Cristoff, Nikola Ghiuselev (mio maestro), Nikolai Ghiaurov, Raina Kabaivanska, Elena Nikolai, Anna Tomova Sintow. Quindi da ragazzo non sognavo nemmeno di potermi avvicinare ad uno di questi “mostri sacri”, figuriamoci di pensare di calcare le scene che avevano calcato loro. Certo, sapevo di avere un talento musicale, ma non avrei mai immaginato di poter cantare alla Scala, a Parma, a Vienna, a Napoli, al Metropolitan, a Parigi e in tanti altri luoghi. Quindi non mi sono nemmeno posto domande del tipo: se cantare in compagnia stabile a Plovdiv o Burgas o perseguire la strada come libero professionista. Volevo cantare e basta.

-2Negli anni in cui iniziavo a cantare, la Bulgaria stava uscendo da un regime politico totalitario e viaggiare era estremamente difficile dal punto di vista burocratico ed economico. Quindi ho accettato quello che il destino aveva da offrirmi sul momento.
Se dovessi dire qualcosa ai giovani è quello che ripeto sempre anche a mio figlio: prima di tutto pensare sempre ad imparare e migliorarsi. Non importa se canti in compagnia stabile o come libero professionista. Bisogna cantare e stare in scena il più possibile. La gavetta è di fondamentale importanza e non solo nel canto. Pensiamo ad un chirurgo. Quanti interventi deve eseguire prima di diventare un professionista riconosciuto! Questo secondo me, vale anche per la musica. Se lavori duro, con passione e dedizione e se il talento c’è non potrà passare innoservato. Le mie possono sembrare frasi di “occasione” oppure frasi “gia’ dette e ripetute”, ma, i fatti parlano. Quest’anno corre il 20mo anniversario dal mio debutto come Marchese di Posa in Don Carlo di Giuseppe Verdi e ci sono ancora dei ruoli che non ho debuttato. Mi piace desiderare le cose, studiarle approfonditamente, ottenerle con fatica, con il gusto di saper attendere il momento propizio. In un’epoca di sfrenato consumismo dove vige la regola dell’usa e getta, vent’anni di soddisfazioni in un qualsiasi campo direi che sono gia’ un bel traguardo.

  • Il debutto in Italia è stata una pietra miliare nella sua carriera: può parlarcene? E perché ha lanciato la sua carriera internazionale proprio dall’Italia?

Il debutto al San Carlo di Napoli è stato uno dei momenti più belli e più importanti della mia vita. Qui devo fare un passo indietro per dire che in Italia c’ero già stato come studente all’Accademia Boris Christoff a Roma sotto guida del mio maestro, il basso Nikola Ghiuselev, e per un corso di alto perfezionamento all’Accademia della Scala sotto la guida di Magda Olivero. L’Italia credo sia il sogno di ogni cantante lirico. E’ la patria del Belcanto.
L’Italia è un paese incredibile per la storia e cultura. Da qui, potete immaginarmi vent’anni fa sul palco di San Carlo a Napoli a cantare Macbeth di Giuseppe Verdi; un’emozione indescrivibile. Come ho già detto prima, il destino mi ha condotto in Italia, ed è dall’Italia che è iniziata la mia carriera. In Italia ho trovato tantissimi amici, un pubblico intenditore che mi ama e che amo e rispetto. A Parma ho trovato anche moglie. Posso dire senz’ombra di dubbio: grazie Italia per questo amore che dura ormai da 20 anni.

  • E quanto è stato ed è importante Verdi per la sua carriera? 

Verdi è il compositore che ho più eseguito e dove la mia corda baritonale si sente a suo massimo agio. Anche la scelta del repertorio è avvenuta spontaneamente. Inizialmente, quando non parlavo bene la vostra lingua ero soprattutto affascinato dalla dolcezza delle sue melodie, dalla forza espressiva e drammatica che in Verdi parla un linguaggio universale. Poi ho provato ad eseguire queste melodie, e sono arrivati i primi riscontri positivi. Ormai mi mancano pochi titoli per poter dire di aver cantato tutto quello che Verdi ha scritto per il baritono. Mi piacciono molto anche altri compositori che frequento volentieri, ma in Giuseppe Verdi trovo vi sia l’unione perfetta tra la vibrazione divina ed il gesto scenico terreno. Quando ho detto sopra, cioè, che a Parma ho trovato moglie, non l’ ho detto per caso. A Parma sono particolarmente legato non solo per questo piacevole fatto personale,ma soprattutto per Giuseppe Verdi-uomo e per la sua musica. Frequentare le persone del luogo, le Terre verdiane come Busseto, Roncole Verdi, Sant’ Agata, leggere i manoscritti del Maestro, approfondire la lingua italiana, discutere con amici ed appassionati dei libretti, fatti storici accaduti in Italia e descritti nelle opere di questo grandissimo genio, per me è come respirare. Cantare Verdi vuol dire comprendere un linguaggio, conoscere veramente l’Italia. Per me Verdi è il più grande compositore mai esistito sulla Terra.

  • Carlo Gérard è il primo fra i grandi ruoli veristi baritonali che lei abbia affrontato. Ci parli di questo ruolo così complesso e come mai ha aspettato così tanti anni prima di aggiungerlo al suo repertorio?

Qui, però bisogna fare un chiarimento e poche righe di un intervista non possono bastare per esprimere bene il concetto. Ho aspettato di compiere 40 anni prima di cantare Rigoletto. E non è che questo titolo non mi fosse stato offerto prima. Lo stesso vale anche per i ruoli di Alfio, Tonio, Scarpia, capolavori assoluti dell’epoca verista. Ed ho detto di no.
Sono fatto così. Per poter cantare un ruolo con soddisfazione prima di tutto devo avere dentro di me idee chiare dal punto di vista tecnico ed emozionale per potermi esprimere. Inoltre, penso che fare le cose con calma, serenità e serietà alla lunga paghi. Non nascondo di aver sofferto a causa di questo mio modo di essere “lento” e forse all’antica. Perché a causa di questo a volte non vieni considerato “alla moda”. Il mondo dello spettacolo (di cui fa parte anche il teatro lirico) è un business e come tale può essere turbolento, vorace, all’insegna del profitto ed alla ricerca di una cosa sensazionale. Il mio maestro mi ripeteva: “ Vladimir una carriera non si misura in altezza, ma in lunghezza”. Ora, più che mai mi è diventato chiaro questo concetto.
Venendo a Carlo Gerard, posso dire di avere diverse emozioni da esprimere. Ho meditato a lungo su questo meraviglioso ruolo cantato da tutti i più grandi baritoni. Carlo Gerard è un uomo che soffre. Un uomo in lotta con i costumi dell’epoca in una Francia divorata dalla Rivoluzione. Sin dal suo ingresso in scena racconta del malessere di una classe sociale oppressa. Racconta della sua vita da schiavo, di giornate infinite passate nella sete di vendetta e del desiderio di un riscatto. (nell’aria di sortita “ Son sessant’anni”). Poi il personaggio di Gerard si fa notare anche per il suo amore per Maddalena, la protagonista femminile dell’opera. Direi che è un personaggio complesso maschile… un uomo che ama, soffre, tradisce ed infine si redime e compie l’azione buona.

  • Il modo in cui si avvicina a un ruolo verista è diverso da quello in cui approccia uno dei suoi numerosi ruoli verdiani?

Per me non c’è nulla di diverso nel approccio in quanto la voce è sempre la stessa. Se intendiamo dal punto di vista prettamente tecnico il metodo che si applica è sempre lo stesso. Qui, non entrerò
nei dettagli, perché potrebbe non essere interessante per i lettori. E’ d’uso comune ormai, pensare che il cantante verista debba gridare, singhiozzare, strapparsi i vestiti di scena o fare a gara con i colleghi nella produzione di decibel per esprimere bene il concetto del compositore. A mio modo di vedere le cose il “segreto” starebbe invece nel saper affrontare diversi stili operistici senza stravolgere il proprio apparato fonatorio mantenendo sempre il “nucleo belcantista” che è alla base della tecnica del canto lirico. E’ quest’arte non si misura in decibel.
Nel canto vi è una componente mistica che non si può misurare, monetizzare o semplicemente classificare con un “wow”. Una voce armoniosa e ben emessa nella sua semplicità, sa accarezzare l’animo umano e toccare corde più  intime di ogniuno di noi, basta saper trovare l’equillibrio giusto.

  • E pensa adesso che altri ruoli capisaldi come Scarpia, Michele, Tonio e Alfio siano ormai alle porte?

Per il momento non penso di allargare mio repertorio oltre ad Andrea Chénier proprio per i motivi che ho esposto nella domanda precedente. L’apparato fonatorio deve essere mantenuto il più armonioso possibile e questo presuppone la frequentazione di stessi titoli per un lungo periodo di tempo, ossia la cosiddetta specializzazione nel repertorio. Questa è la mia opinione.

  • Che ne pensa del fenomeno della pop-opera, di cui Andrea Bocelli – nel cui Teatro del Silenzio a Lajatico lei debutta in Andrea Chénier – è il massimo rappresentante al mondo?

Andrea Bocelli è il cantante italiano più conosciuto al mondo. Le sue canzoni risuonano e si ascoltano in ogni angolo del pianeta. Anche in Bulgaria è famosissimo. Sono molto felice di poter prendere parte aquesto progetto nel suo paese, al Teatro del Silenzio e di poterlo conoscere di persona (mio figlio mi ha già chiesto l’autografo). Trovo molto nobile questa passione che Bocelli continua a coltivare per il canto d’opera nonostante i numerosi impegni del mondo della musica pop. Inoltre leggendo e vedendo un film sulla sua vita ho capito che Chenier è l’opera che Andrea Bocelli ama da sempre e che gli è particolarmente cara. Il palcoscenico di Lajatico so che è frequentato da tanti miei colleghi, cantanti italiani e stranieri quindi, ancora una volta il destino mi ha portato in un luogo magico. Sono sicuro che emozioni non mancheranno.

Ruoli in cui sicuramente debutterà nel futuro più o meno prossimo, e ruoli che invece le piacerebbe aggiungere al suo repertorio, ma per il momento non ci sono progetti concreti. E può parlarci dei suoi impegni futuri? 

Come potrete immagnare il futuro è verdiano. Attendo con gioia il debutto nel ruolo del Doge Francesco ne “i Due Foscari” di Verdi a Parma per il Festival Verdi 2019. Mi attende il debutto al Covent Garden di Londra in ruolo di Principe Yeletsky nella Dama di Picche di Tchajkovsky in una produzione già molto fortunata (vincitore di Opera Award 2016) andata in scena al Dutch National Opera di Amsterdam. Tornerò  nei panni di Rigoletto (ruolo che amo moltissimo) al Festival di Bregenz in Germania ed a Valencia, poi in Cina sarò Papà Vermont nella Traviata.
Un ruolo che ancora mi manca e che mi piacerebbe moltissimo cantare è Simon Boccanegra, sempre di Giuseppe Verdi.