la bohème lucca teatro del giglio 25 novembre 2016

SPECIALE “LA BOHÈME”. Emozione, realismo e giovinezza: la recensione di Fulvio Venturi

“La Bohème” è andata in scena venerdì 25 novembre 2016 al Teatro del Giglio di Lucca, la città natale del Maestro. Una “prima” che ha aperto non solo la stagione lirica del teatro, ma anche le manifestazioni del festival “Puccini Days/I giorni di Puccini”. Ecco la recensione di Fulvio Venturi, scrittore e critico musicale.

di Fulvio Venturi

Un franco successo ha contrassegnato la produzione de La Bohème in scena venerdì 25 novembre 2016 (replica domenica 27 novembre alle 16) al Teatro del Giglio di Lucca (nella foto a lato in basso). Diciamo subito che assistere alla rappresentazione di un’opera pucciniana nella città natale di Puccini ha sempre un sapore speciale sia per il potere evocativo, per l’emozione che comunque aleggia in questo teatro legato alla memoria del musicista e dove egli stesso sovente lavorò in prima persona per l’allestimento delle sue opere. Questa condizione, ad esempio, non è sfuggita al regista Marco Gandini che in una intensa di nota regia chiarifica le linee del proprio lavoro. Non che esse possano sfuggire allo spettatore tanto nitide esse appaiano durante lo spettacolo, ma vale la pena di citarle perché proprio nella regia di Gandini risiede il primo punto fermo della produzione.

testro del giglio 25 novembre 20916 la bohèmeIn un realismo scenico che si rifà direttamente ai valori musicali della partitura, si sviluppa un percorso psicologico con un conseguente carico di simboli. Non si può dimenticare che gli anni della Bohème, 1896 e fine Ottocento tout-court, siano anche gli anni del divano di Freud. Dunque in questa Bohème la condizione di speranza si trasforma in esperienza di morte che si colloca in uno stesso spazio e luogo di memoria. In questo pensiero, la Barriera d’Enfer del terzo atto, piuttosto che una periferia di città, rappresenta lo spazio e il tempo antecedente quello della morte, un’anticamera al luogo dove la tragedia poi si esplicita che è poi il quarto atto. Questo ultimo quadro, che ha valenza realistica e simbolica ad uno stesso tempo, è reminiscenza del primo, è luogo di morte, ma anche di rinascita poiché la vita dopo la catarsi comunque riprende. Questo consistente apparato di ponderatezza è supportato nella produzione dalla essenziale, rigorosa, scenografia di Italo Grassi, dai bei costumi di Anna Biagiotti, e dal disegno luci di Marco Minghetti, non meno “crudo” e indagatore dello stesso apparato scenico. La regia di Gandini, infatti, ha tenuto anche e soprattutto presente la giovane età degli elementi del cast ed è contrassegnata da una recitazione non libera, ma comunque naturale. “La jeunesse n’a qu’un temps”, come dice Murger in una poesia delle Nuits d’Hiver, del 1862.

benedettatorreE diremmo che nella giovane età dei cantanti sta proprio un altro elemento fondante del successo di questa “prima”. Benedetta Torre (nella foto di scena scattata da Lorenzo Breschi) e Alessandro Scotto di Luzio (nella foto in basso, sempre di Lorenzo Breschi) hanno costituito una coppia freschissima, gradevole d’aspetto e convincente. Mancheremmo di onestà nel dire che le difficoltà di una prova tanto impegnativa quale quella d’interpretare Mimì e Rodolfo non si siano avvertite, ma dopo qualche circospezione iniziale nel difficilissimo primo atto, la loro prestazione è diventata sempre più convincente fino a toccare il vertice nel poetico terzo atto e nell’agghiacciante finale. Da notare anche la Musetta vivace e ben cantata di Damiana Mizzi, salutata anche da applausi a scena aperta, sempre intonata e mai sopra le righe. Il resto del cast ha messo in evidenza Renato Proferisce e Daniel Giulianini, Marcello e Schaunard, la presente vocalità del basso Luca Dell’Amico, Colline, l’elemento più maturo della compagine, e quindi Giorgio Trucco, Graziano Dallavalle e Antonio Della Santa, rispettivamente Benoit (col rinforzo di Parpignol), Alcindoro e un sergente. benedettatorrealessandroscottodiluzioIl maestro Maurizio Preziosi ha diretto il Coro della Toscana e piacevolissima la prestazione del coro di voci bianche della Cappella di Santa Cecilia diretto da Sara Matteucci.

Il maestro Nicola Paszkowski ha diretto l’Orchestra della Toscana mettendo in evidenza la tersa scrittura della partitura pucciniana, con una lettura quasi cameristica, attenta al particolare, ma non priva di partecipazione. Ne ha giovato soprattutto il quarto atto nel quale la chiarezza dell’esecuzione si è intersecata con commozione, ma anche con bellezza di suono, nella gelida soffitta di morte.
Occhi lucidi alla fine? Ma certo, con La Bohème non è vergogna piangere.

Con la produzione di ieri ha avuto inizio anche la rassegna “Lucca di giorni di Puccini/ Lucca Puccini days” che, attorno alle date della morte e della nascita del musicista, che rispettivamente cadono il 29 novembre e il 22 dicembre, ha varato un interessante cartellone, diremmo quasi un festival, d’iniziative artistiche delle quali daremo notizia. La prima di queste, il concerto “Puccini e Catalani” dell’orchestra dell’Istituto musicale Boccherini di Lucca, direttore GianPaolo Mazzoli con la partecipazione dei soprani Eva Dorofeeva e Cristina Martufi, che si terrà appunto martedì 29 novembre, ore 21, presso la Chiesa di San Francesco. A presto.

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