Sodalizio Mvschiato, 25 anni di satira clandestina, una mostra ai Bottini dell’Olio. Il racconto di Federico Maria Sardelli, i grandi ospiti (dal regista Paolo Virzì al comico Paolo Migone)
Venticinque anni, un quarto di secolo, di satira clandestina (o quasi) raccontati in una mostra e in una serie di eventi che celebrano il genio creativo e il talento artistico del Sodalizio Mvschiato.
La Biblioteca Labronica dei Bottini dell’Olio ospiterà dal 29 marzo al 7 aprile 2019 (ingresso gratuito) la prima mostra del Sodalizio Mvschiato, che vedrà l’esposizione di giornali, dei classici “bigliettini” di “statue” e la partecipazione di grandi ospiti e amici del Sodalizio come il regista Paolo Virzì, il comico Paolo Migone e tanti altri esponenti della generosa produzione umoristica tanto cara alla storia e alla cultura di Livorno. L’evento gode del patrocinio dell’Amministrazione Comunale, con il sostegno della Banca di Credito Cooperativo di Castagneto Carducci. La mostra sarà aperta tutti i giorni dalle ore 9 alle ore 19.30.
Gli interventi degli “esperti” sono programmati in orario 15-19.30. Questo il calendario:
Venerdì 29 marzo: Federico Maria Sardelli, Paolo Migone, prof. Bellucci e prof. Straccavizi.
Sabato 30 marzo: Paolo Virzi, Capras, Mago Luciano Donzella.
Domenica 31 marzo: prof. Dragonetti, prof. de Rosa. Dott. Rizzari.
Domenica 7 aprile: Conclusioni (se ce ne sono…). Cazzeggio con i Sodali
Così nacque il SODALIZIO MVSCHIATO
Attingiamo subito dalla storia ben raccontata da Federico Maria Sardelli:
In principio fu il maremoto. Anzi: “Ahiò, il Maremoto!” Era l’aprile del 1988 e a Livorno si sparse la voce che di lì a pochi giorni si sarebbe avverata la merdosissima profezia contenuta nella X -centuria, LX quartina, di quella ridda di cazzate smisurate che va sotto il nome di Vaticinia di Nostradamus. Qualche solerte esegeta di quell’oscurissimo testo decretò che la profezia prevedeva un imminente maremoto che avrebbe spazzato via la città di Livorno, e proprio in quei giorni. Memori del maremoto che flagellò la città nel 1742, i livornesi si dettero al panico e allo sgomento.
E’ in momenti calamitosi come questi che gli spiriti forti s’ergon sui pusillanimi e gli uomini di valore additano la via ai tremebondi: si riunirono subito Alberto Fremura, Stefano Caprina, Marcello Sardelli e Federico Maria Sardelli per dare alla luce un numero unico, un giornale che avrebbe dovuto ammaestrare, guidare, esplicare, indirizzare le turbe di fronte alla catastrofe. La redazione si riunì al volo e fu individuato nell’eroico Alfio Sartoni il tipografo che avrebbe stampato il giornale in larga tiratura. Ci voleva un editore responsabile che si accollasse il rischio dell’impresa titanica, e fu trovato nell’irresponsabile Aldo Laschetti, generoso pirata dell’editoria livornese. Fu così che, il 5 maggio 1988, uscì trionfalmente il giornale <Ahiò il maremoto!>, fitto di vignette, proclami, finte interviste al vescovo e alle autorità, consigli su come affrontare la calamità, ricette e giochini.
Era fatta: era nato il nucleo primigenio del Sodalizio Muschiato. A cui, di lì a poco, si sarebbe associata un’altra colonna, oggi spezzata, di questo tempio laico della satira: Giorgio Marchetti, ovvero il professor Ettore Borzacchini.
Ma allora perchè la storia ufficiale del Sodalizio la si fa iniziare dal 1994? Perché si parla di “25 anni di satira clandestina”? Giusto per non passare da bria’i al cospetto dell’esigente pubblico destinato a calcare il red carpet della mostra che s’inaugurerà venerdì 29 marzo nella sala della Biblioteca del Museo della Città ai Bottini dell’Olio, ecco la spiegazione, ripresa papale papale dalle memorabili cronache del medesimo Federico Sardelli.
Fu una di quelle sere della vigilia di primavera del 1994 che i cinque sodali decisero di disertare il vieto pizzajolo dietro casa Fremura a fine riunione di redazione del settimanale “Ugo”, nato nel frattempo come supplemento satirico del “Tirreno”, e trovar ristoro presso un tortajo posto alle pendici del colle di Montenero, subito dopo la chiesina dell’Apparizione. Bisogna premettere che il Maestro Fremura soffriva in quei tempi di fastidiose narcolessie: s’addormentava d’improvviso durante le conversazioni, i pasti, i momenti più impensati. Essendo persona intelligentissima e astuta, dopo questi fulminei abbiocchi rincuorava l’esterrefatto interlocutore dicendogli che anche da dormiente egli seguiva perfettamente il suo discorso, e lo pregava di continuare. Ma in realtà, durante le intermittenti cascate di sonno, egli non capiva una sega nulla. Per ovviare a quest’inconveniente, un suo amico medico, di cui taceremo il nome, gli propose una misteriosa cura sperimentale. Quella sera, a cena dal tortajo di Montenero, il Maestro aveva ingurgitato la pillola misteriosa.Una volta al tavolo, nell’angusta saletta del tortajo, furono portate le consuete fogliate di torta e le pizze. Il Maestro Fremura, che di solito piegava in 4 la pizza ingoiandola in un sol boccone, restò muto e svagato davanti al cibo. Intanto gli altri quattro s’ingozzavano e discutevano. Ma era chiaro che qualcosa di strano stava accadendo: il Maestro, colla testa puntellata sui pugni, stava lasciando freddare il cibo. Dopo poco, egli sparì in bagno e i sodali continuarono a ridere e mangiare.
Fu il misericordioso Capras ad accorgersi, dopo dieci minuti, che il Maestro non era ancora sortito dal gabinetto. E, nell’indifferenza totale degli altri quattro che continuarono a ingozzarsi di torta e pizza, altrimenti esposte al rischio concreto di diacciarsi a fronte di improvvidi impeti solidali, chiese le chiavi della ritirata. “Alla sua apertura – riferisce la rigorosa cronaca del Sardelli – si presentò il tristo spettacolo: il Maestro giaceva riverso sul pavimento in condizioni pietose, coi pantaoni slacciati, gli occhi rovesciati e il volto bianco come la carta. Fu estratto per i piedi dalle angustie dell’immondo ricetto e fu chiamata l’ambulanza. All’arrivo dei soccorsi, il Maestro fu sollevato e adagiato su una lettiga. A quell’operazione egli aprì un occhio, socchiuse la bocca e disse: “Fatemi una foto così”. Un grido di giubilo percorse le stanze: risorto!, risorto! e subito gli amici si accodarono ai soccorritori fino a formare un corteggio d’autovetture che seguì l’ambulanza fino all’ospedale, fra colpi di clacson e fazzoletti sventolati, saranno state le una di notte. Il conto del tortajo non fu pagato. Il Maestro fu rilasciato la mattina dopo, sano e salvo, con l’ammonizione di non riprendere più le pasticche maledette.
Quella notte oscura e trista, la notte del 19 marzo 1994, si verificò l’evento passato alla storia come M.E.R.D.A.F., Morte E Resurrezione Di Alberto Fremura, destinato a celebrare la nascita ufficiale del Sodalizio Mvschiato.
Nel’agosto del 2017 è venuto a mancare Giorgio Marchetti, alias Ettore Borzacchini. Una perdita dolorosa, da allora segnalata con la colonna mozzata dell’immaginifico tempio dell’amicizia e dell’umorismo scelto come simbolo identitario del Sodalizio.