Riscoperte, riproposte e grandi cantanti. Al Maggio Musicale la straordinaria prestazione di Juan Diego Florez in “Roméo et Juliette”: è uno di quegli artisti che da soli fanno luce e rendono uno spettacolo indimenticabile. La recensione di Fulvio Venturi
di FULVIO VENTURI
Vi è sempre stato un Maggio delle riscoperte e delle riproposte, quello ad esempio al quale è legata la Verdi e la Rossini renaissance, e uno dei grandi cantanti, quello delle Tebaldi e delle Callas, dei Corelli, dei Del Monaco e dei Kraus, dei Bastianini e dei Christoff.
Questo “Roméo et Juliette” è da ascriversi senza ombra di dubbio alla categoria dei grandi cantanti, grazie alla straordinaria prestazione di Juan Diego Florez. In genere inizio le mie note sugli spettacoli con dei brevi focus sull’opera rappresentata, oppure con i ricordi legati alla mia carriera di spettatore, questa volta prendo la penna in segno di lode. Florez, almeno questo Florez, è uno di quei cantanti che da soli fanno luce e rendono indimenticabile uno spettacolo. Presenza scenica signorile, impegno massimo, ma naturale, facilità di canto strabiliante, ottima pronuncia in una lingua che non è quella natale.
Dovrei ricordare adesso che la parte di Roméo è una delle più complesse e difficili del secondo ottocento, con quel continuo alternarsi di nuances e di passioni, ma questo, perdonatemi i francesismi, ça-va-sans-dire. Dunque Florez, ben supportato dal direttore d’orchestra Henrik Nánási, farà passare per indimenticabile una produzione abbastanza modesta, dove non spiccano la regia di Frederick Wake-Walker, la macchina scenica mobile (con intoppi) di Polina Liefers (luci di Peter Munford, video di Ergo Phizmiz), la coreografia diffusa di Anna Olkhovaya ed i costumi di Julia Katharina Berndt. E dobbiamo anche dire per onestà di giudizio che la Juliette di Valentina Nafornita, spesso impacciata nelle agilità e affaticata nelle frequenti ascese al registro superiore, non ha raggiunto lo stratosferico livello del Roméo di Florez. Sorvoliamo su qualche ombra protesa anche sul resto del cast vocale per sottolineare in positivo la bella prova di Alessio Arduini, un Mercutio pressoché perfetto, di Giorgio Misseri, Tybalt di ottima voce, la simpatia di Xenia Tziouvaras nei panni della nourrice Gertrude e la spigliatezza di Maria Barakova nel rôle en travesti di Stéphano, paggio di Roméo. A Francesco Milanese (Capulet), Evgeny Stavinsky (Frère Laurent), Francesco Samuele Venuti (Pâris), Lulama Taifasi (Benvolio), Adriano Gramigni (Le Duc de Vérone), Eduardo Martínez Florez (Grégorio) erano affidati i numerosi personaggi di fianco, talvolta consegnati da Charles Gounod ad una indubitabile convenzionalità. Henrik Nánási ha ben diretto l’Orchestra del Maggio qui chiamata ad una prova lunga, ma non insormontabile e bene come al solito il Coro dell’istituzione fiorentina guidato con perizia da Lorenzo Fratini. Lunghi applausi al termine con il meritato trionfo per Juan Diego Florez.