Quando Botticelli aveva 25 anni. Quanti dubbi e incertezze nella pittura della Pala di S. Ambrogio emersi dalle analisi diagnostiche in fase di restauro. L’opera torna visibile agli Uffizi, esposta nella Sala della Primavera

di Elisabetta Arrighi

Eccola la Madonna con Bambino e Santi di Sandro Botticelli, prima importante commissione del pittore quando aveva 25 anni. Un grande dipinto dal quale, grazie ad una attenta campagna di diagnostica, sono emersi tutti i dubbi e le incertezze del giovane artista. La Pala di Sant’Ambrogio che mostra la Madonna con Bambino e santi è datata 1470 circa (una ipotesi sostenuta dalle affinità stilistiche con il dipinto raffigurante la Fortezza che si trova anch’esso agli Uffizi, eseguito in quell’anno). E’ stata sottoposta a diagnostica presso l’Opificio delle Pietre Dure dove l’opera si trovava dal 2018 per il restauro. Gli esami hanno evidenziato un numero sorprendente di ripensamenti, sia nella fase del disegno che in quella della pittura. Modiche work in progress, dal pavimento alla posizione del Bambino. E anche un paio di occhi misteriosi, incisi sulla tavola, individuati a metà altezza della figura di S. Caterina. Importante la collaborazione degli Amici degli Uffizi e dei Friends of tre Uffizi Galleries. La presentazione del restauro e della diagnostica è stata condotta dal direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, nell’Auditorium Vasari (nella foto sopra il direttore Schmidt, primo a destra, insieme a Marco Ciatti/Opificio delle pietre dure e Maria Vittoria Rimbotti/Amici degli Uffizi).

La Pala di Sant’Ambrogio / Madonna con Bambino e santi sarà nuovamente esposta agli Uffizi a partire dai prossimi giorno. Verrà collocata nella Sala della Primavera.

L’opera era stata trasferita da lo scorso anno passo l’Opificio delle pietre dure in quanto il supporto ligneo presentava alcuni problemi. A questo era da aggiungere il danneggiamento di tre zone nelle quali il colore risultava sollevato. L’intervento, sostenuto dal punto di vista economico  anche dagli Amici degli Uffizi, ha risolto queste problematiche.

Questa pala d’altare è una delle prime dipinte dall’artista ed ha dimensioni notevoli, ovvero 170 x 194. Insieme alla Madonna col Bambino in trono, raffigura anche i santi Giovanni Battista, Maria Maddalena, Francesco, Caterina d’Alessandria, Cosma e Damiano. “Le figure delle sante – si legge nella scheda dell’opera – ricordano i modelli di Filippo Lippi, maestro di Botticelli, mentre l’ambientazione classicheggiante, dove predominano i marmi policromi di ispirazione albertiana, e l’abile resa dei panneggi, frutto di lunghe esercitazioni dal vero, rimandano alla bottega del Verrocchio dove Botticelli probabilmente completò la sua formazione”. 

Molto poco di sa della storia di quest’opera. E’ certo il suo ingresso nella raccolta delle Gallerie fiorentine – prima alla Galleria dell’Accademia  e poi, dal 1948, agli Uffizi – nel 1808 in concomitanza con la soppressione del monastero benedettino femminile di Sant’Ambrogio a Firenze.  L’assenza, però, di santi legati all’ordine monastico e all’intitolazione della chiesa fanno dubitare che questa fosse la destinazione originale. La raffigurazione in primo piano dei santi Cosma e Damiamo, i santi medici identificati dalle iscrizioni ‘S. COSIMUS’ – ‘S.DAMIANUS’,  fa pensare – sottolinea ancora la scheda – ad una commissione legata all’Arte dei Medici e Speziali, oppure alla famiglia Medici, casata per la quale Botticelli eseguì le sue opere più celebri. 

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La scheda

I “RIPENSAMENTI” E LE ANALISI / La maggior parte dei cambiamenti sono emersi grazie al confronto fra radiografia e indagini riflettografiche: è stato così possibile visualizzare come Botticelli avesse, ad esempio, cancellato letteralmente un pavimento già strutturato tramite incisioni e dipinto nei dettagli, per sostituirne la parte centrale con una pedana per innalzare la figura della Vergine Maria. Ma non solo: il Bambino, in braccio alla Madonna, durante il processo pittorico, cambia drasticamente posizione, come risulta visibile grazie all’individuazione in riflettografia, della prima impostazione degli occhi, collocati in posizione diversa e ruotata rispetto a quella definitiva, e ad una gamba che muta postura. San Cosma, uno dei santi raffigurati, in origine guardava verso l’alto, come è evidente anche in questo caso dallo spostamento dell’occhio, differentemente orientato in origine, che riemerge ‘dalle viscere’ del quadro setacciate ancora una volta dalla riflettografia. Con un ulteriore ripensamento, Botticelli decise successivamente di dare a questo personaggio un altro tipo di atteggiamento e dunque, nella versione ultimata, San Cosma, invece di essere rivolto verso la Vergine, tiene la testa più in basso e guarda verso lo spettatore. Ci sono infine cambiamenti talmente tardivi, da essere stati eseguiti durante la fase di completamento del dipinto, e quindi impossibili da mascherare del tutto: sono quelli che risultano oggi visibili anche ad occhio nudo. 

BOTTICELLI_PALA DI SANT’AMBROGIO_DOPO RESTAURO

È di nuovo San Cosma a non convincere il dubbioso Botticelli. La sua veste, nella versione precedente, lo collocava spostato all’indietro, verso sinistra, e l’alone del suo diverso collocamento, non del tutto cancellato, è visibile ancora oggi all’osservatore attento. 

Ancora più macroscopici sono gli interventi sulla Santa Caterina d’Alessandria, raffigurata in piedi all’estrema destra della pala: in questo caso Botticelli le ‘cancella’ letteralmente un pollice (facendolo scomparire sotto un lembo del manto), ma, come per la veste di San Cosma, il ‘fantasma’ del dito si può vedere ancora oggi. Lo stesso, sia pure in modo lievemente meno riconoscibile, avviene per la punta del mignolo della stessa mano, che il pittore fiorentino decise di ‘accorciare’ a dipinto pressoché finito. 

Infine, l’elemento senz’altro più curioso: un paio di occhi misteriosi, incisi sulla tavola, individuati a metà altezza della figura della Santa Caterina, nell’area centrale della sua veste. Perché si trovano lì? Risposte certe al momento non ci sono, ma una delle ipotesi è che Botticelli potesse avere inizialmente immaginato la Santa in posizione inginocchiata, ripensandoci però quasi subito e stabilendo invece di rappresentarla in piedi. Gli occhi potrebbero dunque essere il lascito di questa iniziale, poi abbandonata, impostazione. A dimostrarlo, c’è anche la perfetta sovrapponibilità tra le pupille incise sotto la veste con quelle dipinte sul viso di Santa Caterina nella versione finale, verificata concretamente sull’opera dagli stessi specialisti dell’Opificio. 

Gli interventi

Il Direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt: 

“Dopo le rivelazioni emerse con lo spettacolare restauro dell’Adorazione dei Magi di Leonardo e con le indagini sul disegno 8P dell’artista, dopo le scoperte fatte sulla Santa Caterina di Artemisia Gentileschi, e molto altro, l’Opificio delle Pietre dure ci offre un altro esempio degli altissimi livelli raggiunti dalla ricerca scientifica sulle opere d’arte. Anche quelle più famose, sulle quali sembra che ormai si sappia tutto, possono invece offrirci informazioni prima insospettate, perfino su artisti studiati da secoli come Botticelli. Questo deve insegnarci che un buon restauro deve anche essere un’occasione di ricerca e non mirare solo ad effetti spettacolari. Per questo sono grato agli Amici degli Uffizi e ai Friends of the Uffizi Galleries, che sempre ci sostengono con generosità in questo nostro impegno per la tutela e la migliore conoscenza del nostro patrimonio”. 

La storica dell’arte dell’Opificio delle Pietre dure Cecilia Frosinini: 

“È probabile che questa inusuale caratteristica metodologia di Botticelli, improntata ad un ripensamento continuo nella genesi dell’opera, gli derivi dall’apprendistato alla bottega di Filippo Lippi, il quale già prima di lui manifestava questa tendenza, assolutamente inusuale per gli artisti del tempo. Ed è importante osservare inoltre, come alcuni dei nuovi dettagli emersi dalle indagini, relativi alla realizzazione della Pala di Sant’Ambrogio, potrebbero offrire elementi per un riesame complessivo della committenza dell’opera”. 

Il soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure Marco Ciatti: 

“Il risultato di gran lunga più importante ottenuto da questa campagna di analisi, come sempre dovrebbe essere in occasione dei restauri, è stato l’ampliamento della conoscenza sul modus operandi di Botticelli, che dovrà adesso essere adeguatamente ricollegato ad altre opere dello stesso artista”. 

La presidente degli Amici degli Uffizi e dei Friends of the Uffizi Galleries Maria Vittoria Rimbotti:

“Dobbiamo il sostegno a questo importante restauro alla generosità dell’amico Joseph Raskauskas, componente dei Friends of the Uffizi Galleries americani che abbiamo fondato nel 2006. Ed è sempre un grande piacere per noi vedere la passione con cui i Friends si impegnano per tutelare i capolavori della cultura, riconoscendo così le nostre comuni radici”.

IL TEAM DEL RESTAURO DELLA PALA DI S. AMBROGIO

Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure: Marco Ciatti
Direzione storico artistica: Cecilia Frosinini
Restauro della parte pittorica: Luisa Gusmeroli, Patrizia Riitano
Restauro del supporto: Ciro Castelli, Andrea Santacesaria
Indagini ottiche, documentazione fotografica ed elaborazioni grafiche: Roberto Bellucci

Hanno collaborato per le indagini: Laboratorio scientifico Opificio delle Pietre Dure, CNR INO, INFN, sezione di Firenze, Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Chimica e dei Materiali, Dipartimento di Fisica, Università degli Studi di Cagliari.