Popolazione, sviluppo, ambiente: una giornata di studio a Firenze organizzata da Neodemos. Le relazioni tra dinamiche di popolazione, sviluppo economico, ecosistema e territorio con riferimento all’Italia

Venerdì 22 novembre 2019 si terrà a Firenze la giornata di studio ‘Popolazione, sviluppo, ambiente’, organizzata dall’associazione Neodemos, che da anni si impegna nella divulgazione degli studi sulle relazioni tra tendenze demografiche e società, ambiente, economia e politica. L’incontro si terrà nell’Auditorium della Fondazione Stensen, dalle 16.30 alle 20.00, e sarà promosso da Fondazione Cesifin. 

C’è una rinnovata consapevolezza dell’interdipendenza tra umanità e ambiente, in un mondo sempre più antropizzato e popolato, vorace consumatore di risorse.

L’impronta ecologica della popolazione è strettamente legata al modello di funzionamento del sistema economico, alle modalità di produzione delle merci e di consumo di energia, alla generazione di inquinamento e di rifiuti. La crescita della popolazione, la densità abitativa, la concentrazione nelle aree urbane, i movimenti migratori, lo spopolamento delle aree rurali e i cambiamenti delle patologie assumono un ruolo di primaria importanza, sia come motore, sia come possibile risposta agli squilibri tra ambiente e società. Inoltre, le trasformazioni demografiche previste per i prossimi decenni forniscono importanti elementi per prevedere scenari futuri e disegnare adeguate politiche.

Nell’incontro di Firenze si discuteranno2121

Benché la popolazione sia orientata alla stagnazione o al declino, vi sono numerosi altri aspetti della dinamica futura destinati a interagire con l’ambiente, quali il mutamento dei modelli insediativi con l’abbandono di aree rurali e la concentrazione nelle più fragili aree costiere; le variazione nella distribuzione della popolazione in funzione della vulnerabilità idrogeologica del territorio; le patologie e le cause di morte legate a fattori ambientali e all’inquinamento; la possibile maggiore pressione migratoria dovuta alla desertificazione di vaste aree del continente africano. Alla luce della stretta interdipendenza tra aspetti di natura diversa, gli interventi e il dibattito intendono favorire la comunicazione tra scienze del territorio, scienze sociali, demografiche e economiche. Questo approccio è in armonia con la stessa programmazione Europea declinata in Horizon 2020, che ha al centro le questioni demografiche, la sicurezza alimentare, il cambiamento climatico, il trasporto e la mobilità sostenibile. Sono questi gli aspetti primari degli studi e delle analisi necessarie per disegnare le politiche in grado di affrontare le sfide ambientali dei prossimi decenni. 

All’introduzione di Gustavo De Santis dell’Università di Firenze, presidente di Neodemos,  seguiranno le relazioni di Piercesare Secchi del Politecnico su Geografia umana del paese e rischi naturali, nella quale sarà presentatala Mappa dei Rischi dei comuni italiani voluta da Governo per accrescere la consapevolezza dei cittadini sulla fragilità del proprio territorio; di Filippo Giorgi dell’International Centre for Theoretical Physics Abdus Salam di Trieste, che parlerà de L’impatto del riscaldamento globale sul territorio, presentando i modelli di simulazione di ultima generazione applicati alle varie regioni d’Italia; di Giuseppe Costa dell’Università di Torino che affronterà le relazioni tra Mortalità, salute e ambiente, spiegando quanto la salute delle persone sia legata a fattori ambientali, sociali, economici e culturali e cercando di indicare dove e come si debbano dirigere gli interventi per migliorare lo stato attuale delle cose; di Clara Aida Khalil e Piero Conforti della FAO,  che discuteranno  di Sud-Nord: le migrazioni ambientali in Africa, suggerendo alcune modalità coordinate e coerenti per governare il fenomeno migratorio. Presiede Letizia Mencarini dell’Università Bocconi.

I temi trattati nelle quattro relazioni saranno poi dibattuti in una tavola rotonda, presieduta da Franca Alacevich dell’Università di Firenze, a chiusura del convegno. Vi parteciperanno Filippo Brandolini, presidente di Herambiente, Bruno Carli, Accademia Lincei, CNR, Federico Fubini del Corriere della Sera e Enrico Giovannini, Presidente Asvis.

Informazioni / Associazione Neodemos – Via Baldesi 18 / Firenze. info@neodemos.it www.neodemos.info 

 

Piercesare Secchi

Geografia umana del paese e rischi naturali

Nel settembre del 2016 il Governo ha avviato il progetto Casa Italia, con l’obiettivo di promuovere la prevenzione e la sicurezza del paese a fronte dei rischi naturali. Un risultato del progetto è la Mappa dei Rischi dei Comuni Italiani (https://www.istat.it/it/mappa-rischi), un portale web pubblico reso operativo da Istat. Alimentata da dati generati da diverse fonti istituzionali, quali Istat, INGV, ISPRA e MiBAC, la Mappa fornisce, per ogni comune italiano, un quadro informativo integrato relativo ai rischi naturali congiuntamente a indicatori demografici e socioeconomici. L’obiettivo della Mappa è offrire uno strumento di conoscenza efficace che accresca la consapevolezza dei cittadini sulla fragilità del loro territorio e sostenga l’azione dei soggetti con potere decisionale, permettendo una visione di insieme sulla pericolosità, la vulnerabilità e l’esposizione dei comuni italiani a terremoti, eruzioni vulcaniche, frane e alluvioni. La Mappa si presta anche ad avanzate analisi descrittive e previsive, con l’obiettivo di stimolare un più ampio coinvolgimento nel suo utilizzo da parte della comunità scientifica. Sulla base della Mappa, saranno illustrati alcuni esempi paradigmatici.

Filippo Giorgi

L’impatto del cambiamento globale sul territorio

Il Mediterraneo è una di quelle che vengono chiamate “zone calde” (hot-spots) del riscaldamento globale, cioè una delle regioni del globo che rispondono in maniera maggiore a questo riscaldamento.

Proiezioni di clima del 21° secolo con modelli climatici regionali forniscono informazioni a scale spaziali che raggiungono i 10 km, e quindi consentono una rappresentazione relativamente accurata del territorio italiano. Il mio intervento presenterà alcuni dei risultati principali ottenuti dall’ultima generazione di simulazioni di cambiamenti climatici con modelli climatici regionali per il territorio italiano, con enfasi non solo sui cambiamenti di clima medio ma anche sulla variabilità interannuale e sugli eventi metereologici estremi, di carattere sia alluvionale sia siccitoso. Si mostrerà quanto vulnerabile al riscaldamento globale sia il territorio italiano, con differenze marcate fra le zone settentrionali e quelle meridionali del paese.

Giuseppe Costa

Mortalità, salute, ambiente

La salute della popolazione è legata a fattori ambientali e sociali, economici e culturali. Questi stessi fattori sono influenzati dai bisogni e dai comportamenti delle popolazioni che a loro volta dipendono dalle condizioni della salute. Quali implicazioni hanno le complesse interazioni tra queste diverse dimensioni, sotto diversi scenari? Per quanto riguarda la ricerca, alcune questioni controverse potrebbero essere risolte con una collaborazione maggiormente integrata tra le discipline, nello spirito dell’incontro organizzato da Neodemos. Ad esempio, la misura dell’impatto dei rischi ambientali sulla salute (ed i costi che ne conseguono) risulta inadeguata se basata su dati macro: la quota dei morti o delle malattie attribuibili ad ogni unità di cambiamento di esposizione ad un inquinante ambientale, è in molti casi troppo grande, e paradossalmente potrebbe, da sola, spiegare tutto il miglioramento della speranza di vita avvenuta negli ultimi quarant’anni nei paesi occidentali. Un secondo esempio controverso riguarda il peso relativo che i diversi fattori hanno sulla salute: la documentazione disponibile sull’impatto in termini di DALY (Disability Adjusted Life Years) non offre informazioni adeguate per le scelte delle politiche della salute, che necessitano di conoscere quale sia l’effetto dei diversi determinanti che questa stesse politiche si propongono di modificare. Una terza questione ancora da sciogliere riguarda l’invecchiamento e se questo avvenga con una compressione, oppure con una espansione, della morbosità e delle limitazioni funzionali. Questione importante per il futuro, se si pone mente al fatto che invecchieranno generazioni fin dalla nascita più sane che nel passato. Un altro fenomeno da segnalare riguarda l’alta vulnerabilità alle emergenze stagionali dei soggetti fragili, in particolare la popolazione molto anziana, che sta rapidamente crescendo di numero. Infine occorre tenere presente che permangono significative disuguaglianze geografiche e sociali – spesso conseguenti a fenomeni di segregazione residenziale – che indicano dove, e come, si devono dirigere gli interventi per migliorare il generale stato di salute della popolazione.

Clara Aida Khalil e Piero Conforti

Sud-Nord: le migrazioni ambientali in Africa

Fattori di primaria importanza nel determinare la mobilità del continente africano sono la disponibilità di risorse naturali, il cambiamento climatico in atto e l’intensificarsi di eventi climatici estremi. In sistemi produttivi ancora molto spesso arcaici come quelli vigenti nell’area sub-sahariana, la produzione agricola dipende fortemente dall’andamento climatico. Basti pensare che meno del 5 percento della superficie agricola della regione può contare su sistemi di irrigazione – sebbene la scarsità di risorse idriche non sia necessariamente il fattore più limitante – che solo una minima quota della produzione è basata sull’utilizzo di fertilizzanti e mezzi tecnici moderni, e che la fragilità di istituzioni e mercati limitano la capacità di adattamento alle fluttuazioni ed ai cambiamenti climatici.

Studi sull’impatto del cambiamento climatico sulla produzione agricola indicano che i rendimenti unitari di alcuni dei principali prodotti di base nella regione – come mais ed altri cereali – potrebbero subire un calo fino al 20 percento entro il 2050. Questo fenomeno potrebbe manifestarsi in modo più ingente in alcune aree della regione rispetto ad altre. Per esempio, le zone più sensibili a variazioni delle temperature medie – come ad esempio le regioni meridionali del Senegal, Mali e Burkina Faso – potrebbero veder ridursi le rese di produzione in misura maggiore rispetto alle regioni centro-settentrionali di questi stessi paesi.

Ovviamente, i cambiamenti climatici in atto hanno un impatto sui flussi interni della popolazione.

Tuttavia, il legame fra migrazioni e fenomeni climatici è lontano dall’essere basato su una relazione di lineare. Infatti, la decisione di migrare – seppur fortemente influenzata dal verificarsi di eventi climatici estremi o dal crearsi di situazioni sfavorevoli alla produzione agricola – è mediata dalla struttura sociale, economica e politica e da fattori cognitivi come l’attaccamento al luogo d’origine. Simili interazioni possono risultare in scenari migratori altamente eterogenei e possono stimolare risposte diverse – fino al punto dell’immobilità quando il verificarsi di eventi climatici estremi compromette l’accesso a beni e risorse necessari a mettere in atto il processo di migrazione. Ad ogni modo, il fenomeno dei flussi migratori è sempre più spesso considerato una risposta adattiva agli effetti del cambiamento climatico che ha il potere di contribuire alla resilienza delle comunità di origine.

Occorre cercare modalità coordinate e coerenti per governare il fenomeno migratorio. L’idea non è di contrastare questo fenomeno, o di considerarlo come qualcosa di negativo; ma piuttosto di accompagnarlo e di utilizzarne le potenzialità, impegnandosi perché esso avvenga nel rispetto dei diritti umani.

Al tempo stesso, è importante che i governi, le istituzioni regionali e la comunità internazionale in generale, si adoperino per promuovere le opportunità occupazionali nelle zone rurali, in particolare per i più giovani. Questo per far sì che la migrazione sia il risultato di un processo di scelta, piuttosto che la risposta ad una mera necessità di sopravvivenza.