Middle East Now, il Medio Oriente contemporaneo a Firenze. Cinema, arte, incontri, cibo… con grande attenzione alla Siria

Al cinema la Compagnia di Firenze, alla presenza di Monica Barni, vicepresidente e assessore alla Cultura della Regione Toscana, Tommaso Sacchi, capo segreteria Assessorato Cultura del Comune di Firenze, Stefania Ippoliti, responsabile Area Cinema Fondazione Sistema Toscana, e i direttori artistici del festival Lisa Chiari e Roberto Ruta, è stata presentata la 9ª edizione di Middle East Now che porta in scena a Firenze dal 10 al 15 aprile 2018 il Medio Oriente contemporaneo con un ricco programma di cinema, documentari, arte, musica, incontri, cibo e teatro. Il festival internazionale, ideato e organizzato dall’associazione culturale Map of Creation, si terrà tra Cinema La Compagnia, Cinema Stensen, Teatro Cantiere Florida, Fondazione Studio Marangoni e altri spazi cittadini, nell’ambito del cartellone della Primavera di Cinema Orientale.

“La voglia di dialogo tra le varie culture è ampiamente espressa dai vari linguaggi del contemporaneo, ben rappresentati dal festival Middle East Now, che conferma anche quest’anno la sua qualità artistica e la sua voglia di conoscenza” ha detto Monica Barni. “Il festival riesce ad aprire una finestra su una cultura apparentemente lontana e straordinariamente complessa, creando un ponte tra oriente e occidente e contaminando positivamente molti luoghi della città di Firenze” ha aggiunto Tommaso Sacchi, capo segreteria Assessorato Cultura del Comune di Firenze.

“I registi, gli artisti, i musicisti, gli chef e i protagonisti della cultura contemporanea che viene dal Medio Oriente hanno sempre tanto da dire e lo fanno attraverso film e opere di grande innovazione, che permettono al pubblico italiano ed europeo di scoprire con occhi diversi e riflettere su una parte del mondo ancora poco conosciuta – hanno sottolineato i direttori artistici Lisa Chiari e Roberto Ruta –  Alla sua nona edizione Middle East Now è sempre più un festival multidisclipinare, includendo quest’anno anche il teatro contemporaneo tra le forme artistiche rappresentate. Abbiamo scelto il tema #Hashtag Middle East perché internet e i social networks sono uno strumento di comunicazione e di evoluzione della società e perché dalla rete arrivano molti input creativi, fonte inesauribile di ricerca e di nuove proposte per il pubblico del festival”.

In programma 43 film premiati nei migliori festival internazionali, tra cui 20 cortometraggi, 31 anteprime italiane, 6 europee e 1 mondiale, per un viaggio cinematografico oltre i luoghi comuni tra le società dell’area mediorientale, da molti anni al centro dell’attenzione della politica e dei media internazionali. Le storie, i personaggi, i temi forti e l’attualità, attraverso i titoli cinematografici più recenti provenienti da Iran, Iraq, Kurdistan, Libano, Israele, Palestina, Egitto, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Kuwait, Afghanistan, Siria, Algeria, Marocco, Sudan.

Il tema del festival 2018: HASHTAG # MIDDLE EAST
L’edizione 2018 svela attraverso una lente d’osservazione insolita il Medio Oriente contemporaneo, un grande selfie per raccontarlo grazie agli hashtag utilizzati quotidianamente da milioni di persone. Hashtag # Middleast guarda al Medio Oriente nella sua complessità e vuole “taggare” alcuni temi che ne emergono, dal ruolo dei social media e di internet nell’evoluzione della società e nella produzione culturale, fino alla loro capacità di fornire informazioni difficilmente reperibili o controllate dai centri di potere. Cosa significa essere connessi in Medio Oriente, utilizzare i social media per comunicare, lanciare messaggi, idee e input nuovi? Il festival sposta l’attenzione sullo storytelling che milioni di individui – dalla casalinga palestinese al combattente dello jihad, dai professionisti delle grandi realtà urbane ai giovani curiosi di nuove esperienze di vita – costruiscono ogni giorno attraverso la rete.
Anche il pubblico del Festival potrà suggerire gli hashtag più significativi, per costruire insieme nuove occasioni di confronto, durante gli appuntamenti quotidiani “Il Punto delle 19.30” a cura di Felicetta Ferraro, dibattiti, tavole rotonde, approfondimenti e presentazioni di libri, su temi di attualità, con cui il festival invita al Cinema La Compagnia esperti, giornalisti e scrittori a parlare del Medio Oriente di oggi, dove conflitti, lotte per l’emancipazione, nuove tecnologie e fantasmi del passato si mescolano in un intreccio complesso.

_ Director in Focus: ANNEMARIE JACIR
Sarà dedicato (come già annunciato da www.toscanaeventinews.it) un focus alla regista palestinese Annemarie Jacir, fra le pioniere del cinema arabo contemporaneo, che ha scritto, diretto e prodotto oltre 16 film. In occasione della Opening Night di martedì 10 aprile al Cinema La Compagnia sarà presentato il suo ultimo film “Wajib” (2017) che ha debuttato al festival di Locarno, vinto premi ai migliori festival internazionali, è stato candidato agli Oscar 2018 e uscirà nelle sale italiane il prossimo 19 aprile distribuito da Satine Films. Storia di Abu Shadi e del figlio che si ritrovano dopo tanti anni per compiere il rito tradizionale del Wajib: consegnare a mano le partecipazioni al matrimonio della figlia e sorella. Ad introdurre la proiezione la regista, l’attore Saleh Bakri, protagonista insieme al padre Mohammad nel film, e il produttore Ossama Bawardi.
Nei giorni successivi sarà proiettata, inoltre, una selezione dei lavori più celebri di Annemarie Jacir: “Like Twenty Impossibles” (2003), primo cortometraggio palestinese selezionato a Cannes; “Salt of this Sea” (2008), primo lungometraggio diretto da una regista palestinese, scelto per la sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes; “When I Saw You” (2012) vincitore del premio NETPAC al Berlin International Film Festival e nominato agli Oscar 2013.

Tante le ANTEPRIME italiane e mondiali di pellicole che approfondiscono temi di forte attualità
Al centro di molti film l’estremismo politico e religioso e la complessità della vita in Medio Oriente, ma anche storie di speranza verso il futuro, di superamento delle difficoltà quotidiane attraverso l’arte, la musica, la cucina, e una grande determinazione e voglia di cambiamento.

Dall’Afghanistan “Rockabul” (Afghanistan/Australia, 2018), che chiuderà il festival domenica 15 aprile, in cui Trevis Beard racconta le vicende dei District Unknown, prima band heavy metal dell’Afghanistan, e la loro grande sfida: fare musica rock in un Paese in cui è considerata satanica e la cui pratica è perseguitata. Il cantante e leader del gruppo, Yusoof Ahmad Shah detto “Yo Khalifa” sarà presente in sala e insieme al regista, anche lui musicista, introdurrà il film con un’inedita performance musicale.

Dall’Arabia Saudita, il documentario “The Poetess” (Arabia Saudita/Germania, 2017) di Stefanie Brockhaus e Andreas Wolff dedicato alla poetessa e attivista saudita Hissa Hilal, divenuta famosa in tutto il mondo grazie al talent show “Million’s Poet” e alle sue poesie contro il terrorismo e il fanatismo islamico.

È la cucina, invece, a dare una speranza alle protagoniste di “Soufra” (Libano, Palestina, 2017), film di Thomas Morgan prodotto da Susan Sarandon, che narra l’emozionante avventura di Mariam Shaar, rifugiata palestinese che ha trascorso tutta la vita nel campo profughi di Burl El Barajneh, a sud di Beirut in Libano, che insieme ad un gruppo di donne gestisce con successo la società di catering Soufra e lotta per espandere le attività al di fuori del campo, nella speranza di un riscatto sociale.

Grande attenzione alla Siria con un’ampia selezione di film che portano sullo schermo immagini potenti dell’attuale situazione del paese, da sette anni flagellato da una terribile guerra, da cui la popolazione tenta in ogni modo di risollevarsi. La prima italiana del documentario “Of Fathers and Sons” (Siria, 2017 – un fotogramma nell’immagine sopra il titolo), vincitore del Gran Premio della Giuria all’ultima edizione del Sundance Film Festival, in cui il regista Talal Derki realizza un ritratto crudo e senza filtri del generale Abu Osama, leader islamista radicale di Al-Nusra, braccio siriano di Al-Qaeda, e segue l’addestramento del branco di giovani ragazzi che lo idolatra. Di omosessualità vissuta nella società araba parla “Mr. Gay Syria” (Turchia, 2017) di Ayse Toprak, che racconta le vicende di Husein, barbiere di Istanbul che combatte tra la famiglia conservatrice e la sua identità omosessuale, e Mahmoud, fondatore del movimento omosessuale in Siria che vive da rifugiato a Berlino, accomunati dal sogno di partecipare al concorso Mr Gay World. Inoltre, “Focus Syria in Short”, sezione dedicata ai cortometraggi realizzati da giovani film-maker siriani.

Storie potenti anche dall’Iraq con “The Journey” (Iraq. 2017), ultimo film del talentuoso regista Mohamed Al-Daradji, protagonista una giovane attentatrice suicida alla stazione di Baghdad, che rimette in discussione i suoi piani dopo un incontro che le cambierà la vita; o la prima italiana di “Mirrors of Diaspora” di Kasim Abid (Iraq, Regno Unito, 2017) sull’esilio, l’alienazione, i ricordi, la creatività, l’identità della propria patria, attraverso le vite di sette artisti iracheni coinvolti nella diaspora da più di quarant’anni.

E ancora, tra i tanti film da Israele e Palestina, la vicenda incredibile e toccante al centro del documentario “Muhi Generally Temporary” (Israele, 2017) di Rina Castelnuovo-Hollander e Tamir Elterman, cpn protagonista Muhi, ragazzino di sette anni di Gaza, vivace e coraggioso, che ha vissuto tutta la sua vita in un ospedale israeliano, dove è stato accolto da piccolissimo a causa di una grave malattia autoimmune, conquistando l’affetto di tutti; l’anteprima del documentario “The Oslo Diaries” di Mor Loushy, Daniel Sivan (Israele, Canada, 2018) sui retroscena degli accordi di Oslo tra Israele e Palestina; “Wall” di Moran Ifergan (Israele, 2017), che mette in scena la personalissima storia del suo divorzio, visto dal più grande confessionale del mondo, il Muro del Pianto a Gerusalemme, dove la regista rimane per un anno.

Tra i titoli di punta che arrivano dall’Iran “Before Summer Ends” di Maryam Goormaghtigh (Francia, Iran, 2017), commedia che mescola documentario e finzione, con protagonisti tre giovani iraniani appena laureati alle prese con un viaggio nel sud della Francia; “20th Suspect Circuit” di Hesam Eslami (Iran, 2017), sull’improbabile amicizia tra il regista e il capo di una gang criminale giovanile che scatena scorribande per le strade di Teheran; il pluripremiato “Stronger than a Bullet“ di Maryam Ebrahimi (Iran, Svezia, 2017), su Saeid Sadeghi, fotografo durante la guerra Iran-Iraq, creatore di immagini di propaganda, oggi pentito.

Per la prima volta al festival il Sudan con la prima assoluta di “Iman” di Mia Bittar (Sudan, 2017), storia ispirata a fatti reali, che racconta quattro giovani sudanesi provenienti da diversi background sociali, che per circostanze particolari si ritrovano attratti dall’estremismo più radicale.

Uno speciale Focus sarà dedicato ai giovani registi emergenti del Kuwait e alle loro differenti interpretazioni della tecnologia, con una selezione di corti, tra cui “The Best Life” di Meqdad Al-Kout (Kuwait, 2016), spaccato divertente sull’ossessione contemporanea dell’essere connessi.