“Mascagni e Livorno”, una lunga storia fatta di passione e musica, aspettando il Festival. Una piccola anticipazione del nuovo libro di Fulvio Venturi, in uscita nei giorni del compleanno del compositore (7 dicembre 1863)

  • Il 7 dicembre è il compleanno dei Pietro Mascagni, che era nato a Livorno nel 1863. Ecco un intervento di Fulvio Venturi, musicologo e critico, grande studioso del compositore livornese che è protagonista anche del suo prossimo libro, “Mascagni e Livorno”. (**)

di FULVIO VENTURI

Sappiamo che Pietro Mascagni morì in solitudine al Plaza di Roma e che lo Stato Italiano non partecipò alle esequie. Al fatto non del tutto comprensibile concorsero diversi fattori, primo la recente fine della guerra – era il 2 agosto 1945 – quindi l’essere stato Mascagni fascista, sia pur con un’adesione più esteriore che effettiva. Comunque se Mascagni non aveva indossato la camicia nera spontaneamente, l’aveva pur messa in qualche occasione ufficiale e anche per dirigere – ad esempio un “Piccolo Marat” all’Arenaccia di Napoli, dove peraltro aveva riscosso un successo eccezionale – e lo Stato Italiano, a differenza del Vaticano, o delle rappresentanze ufficiali francesi e russe, ricordò. Al funerale romano partecipò tutta Roma, ma non il Governo.

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Una celebre immagine d’epoca di Pietro Mascagni direttore d’orchestra al Teatro Goldoni di Livorno (Miniati)

Ammenda fu fatta sei anni più  tardi, quando la salma del Maestro fu traslata nella natìa Livorno con tutte le ufficialità dovute ad un musicista che aveva riempito di sé e delle sue opere i giornali e i teatri di tutto il mondo. C’erano tutti quella volta con bandiere e fasce tricolori, e c’era ancora il popolo, poiché Mascagni era stato ed è un artista popolare che con la sua città aveva vissuto in connubio. 

In quella occasione i suoi concittadini scesero per le vie ad accompagnarlo ancora una volta in tutto un vibrare d’emozione e di commozione. A leggere le cronache, dei quotidiani, di illustri presenti, viene la pelle d’oca a distanza di quasi settant’anni.

In quella occasione al Goldoni dettero “Iris”, perché i musicisti si onorano eseguendo la loro musica, e fu un allestimento che fece storia con la grande Magda Olivero come protagonista e Gianandrea Gavazzeni a dirigere i complessi dell’Opera di Roma, per una delle prime coproduzioni di ogni tempo. 

Che cosa è successo da allora, l’amore dei livornesi per il “loro” musicista, per il loro Mascagni si è attenuato?

Diremmo di no. 

Per qualche polemica relativa alla produzione di “Parisina” nel 1952 la collaborazione con l’Opera di Roma s’interruppe e fu una grava errore, ma le rappresentazioni dei titoli maggiori di Mascagni continuarono per tutti gli Anni Cinquanta fino alla celebrazione del centenario della nascita nel 1963. Belle produzioni di “Isabeau” (1954 e 1962), “Guglielmo Ratcliff” (1955), ancora di “Iris” (1956 e 1963), “Amica” (1957), qualche “Cavalleria”, un “Piccolo Marat” storico (1961, con il valente Umberto Borsò, Nicola Rossi Lemeni, Virginia Zeani e Oliviero de Fabritiis direttore), “Le Maschere” (1963), “L’amico Fritz (1954 e 1959), “Lodoletta” (1960 e 1963).

Poi iniziarono a passare vacche sempre più magre, economicamente si esaurì il “boom” e anche le produzioni livornesi languirono. Ma non l’amore, la passione per la musica di Mascagni. Nel dicembre 1970, in occasione della ripresa di “Silvano” che non si dava dal 1923, il Goldoni, pure in una serata di pioggia a dirotto, era gremito come raramente ho visto. 

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“Mascagni e Livorno”. La copertina del nuovo libro di Fulvio Venturi

Ora non sono qui per fare una cronologia delle rappresentazioni mascagnane a Livorno. 

Attorno a Mascagni è mancata la metodicità, sono mancati i programmi. E quando ci sono stati sono venuti meno sul più bello.

 

E’ mancato un progetto che collocasse Mascagni nella giusta dimensione di protagonista del suo tempo, inquadrando la sua musica all’interno dei movimenti culturali europei fin-de siècle, dalla pittura, alla letteratura, ricordando che attorno a questo musicista si muove il verismo di Giovanni Verga, lo Sturm und Drang di Heine, l’originalità di Luigi Illica, il decadentismo di Gabriele d’Annunzio, così come l’intimismo post-macchiaiolo, il divisionismo di Nomellini e Pellizza, la pittura acquorea di Monet.

Sembra che l’Amministrazione Comunale livornese, chiusa la bella mostra su Modigliani che anima la vita culturale della città in questi giorni, voglia finalmente varare un progetto “Festival Mascagni”.

Sarebbe questo il più bel regalo che la città di Livorno potrebbe fare al “suo” musicista, alle sue opere ed al suo teatro. 

(**) In uscita “Mascagni e Livorno” , di Fulvio Venturi. 450 pp., 20 euro / dreamBOOK. info@dreambookedizioni.it – tel. 050 9912339 – cell 347 7159931.