“Mamma, ci ammazzano. Ci vogliono ammazzare tutti!” Il grido davanti alla ferocia nazista. In anteprima un estratto da “L’eccidio” di Riccardo Cardellicchio in scena il 13 aprile a Fucecchio

L’orrore della guerra. L’orrore del nazismo. Una tragedia che non bisogna dimenticare. La storia deve insegnare e il nostro tempo deve riflettere sulla catastrofe che oltre settant’anni fa travolse l’Europa, senza la quale – dopo la liberazione –  non ci sarebbero stati né ricostruzione né pace né libertà. I testimoni diretti, per questione di età, sono sempre di meno, ma la storia e le storie del singolo o di una collettività debbono essere tramandate, raccontate. Per non commettere gli sbagli del passato. L’intelligenza, la pietà, l’umanità non possono essere inghiottite dalla notte.

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In Toscana l’eccidio del Padule di Fucecchio riempie pagine sconvolgenti della nostra storia. Sul punto di ritirarsi l’esercito nazista, nell’estate 1944, il 23 agosto, tra le prime luci dell’alba e metà mattinata, uccise con artiglieria pesante 174 persone, famiglie, donne, anziani e bambini. Gente civile, innocente, contadini che lavoravano o vivevano nel Padule o che vi avevano cercato rifugio. Il crimine fu compiuto dai nazisti anche grazie all’aiuto di collaborazionisti italiani, fascisti del territorio. Ed ecco ora ecco arrivare a teatro questa immane tragedia, fra storia, ricordi ed emozioni.

L’autore Riccardo Cardellicchio (foto sopra a sinistra, in alto sopra il titolo particolare della copertina del libro), giornalista per anni al Tirreno, studioso della storia e del territorio, è una “grande penna”. La sua scrittura arriva dritto al cuore,  come nel testo “L’eccidio” trasformato in oratorio a tre voci (elaborazione drammaturgica di Andrea Mancini), in scena al Nuovo Teatro Pacini di Fucecchio sabato 13 aprile 2019 alle 21.15 in prima nazionale, nuova produzione del Teatrino dei Fondi, per la regia di Enrico Falaschi, adattamento teatrale di Andrea Mancini, con l’interpretazione di Alberto Ierardi, Marta Paganelli e Giorgio Vierda. Il debutto nazionale è stato preceduto, venerdì 12 aprile, da un’anteprima per le scuole.

Ecco un piccolo estratto dell’oratorio, sul quale riflettere a lungo.

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L’eccidio
Oratorio a tre voci

  • Prima edizione
    © Titivillus Edizioni, 1994
  • Seconda edizione
    © Teatrino di Fondi/ Titivillus Mostre Editoria, 2019

LA DONNA:
Cintolese frazione di Monsummano. Alla casa Simoni, un grosso edificio, gli sfollati sono parecchi. Molti appartengono alle famiglie Arinci, Giacomelli e Grassi.

IL NARRATORE
Gli Arinci e i Giacomelli abitano nel podere Le File, non distante dalla statale. Sono stati costretti ad abbandonarlo con l’arrivo dei nazisti che hanno trasformato l’abitazione in un comando.

LA DONNA
Ai primi spari, gli uomini, che non sono andati a dormire nei campi, hanno pensato subito ad un rastrellamento e si sono dati alla fuga. Amato e Armando Arici si sono buttati insieme ad altri fra le fosse e costeggiando il rio di Pazzera, sono riusciti a guadagnare la provinciale, di qui fino alla casa d’un parente al Diolaiuti.

IL NARRATORE
Le pattuglie entrano nell’aia, sparano qualche raffica di mitra. La gente si desta a sorpresa.

IL POETA
Uscire, uscire tutti, schnel!

IL NARRATORE
Quelli della stalla obbediscono, e vengono messi al muro. Gli altri nel vederli tutti in fila, con una mitraglia a destra l’altra a sinistra, si rifiutano di imitarli. C’è una grande agitazione. Chi esce di casa e chi entra. S’urla, si piange.

LA DONNA
Ma che volete? Che cosa abbiamo fatto.
Così strilla Elisa Arinci, una vedova di cinquantaquattro anni, va verso i soldati, si butta in ginocchio. – Rauss – le dicono. Allora si rivolge al Corrieri: – Guidotti, potete fare qualcosa voi? Lo potete?

IL POETA
(scuote la testa) Non posso nulla. Proprio nulla. Sono qui come voi. E non so cosa è successo alla mia famiglia alla mia capanna.

IL NARRATORE
La donna corre in casa. Per le scale incontra il figliuolo Marino, diciannove anni, seminarista, ch’è malato. L’hanno buttato giù dal letto prendendolo a calci.

LA DONNA
Lasciatelo. È malato. Non vedete che sta male?

IL POETA
Rauss, Rauss.

IL NARRATORE
S’aggrappa al figliuolo. Ma le danno uno strattone e l’allontanano.

LA DONNA
– Giuseppe. Pensa a Giuseppe. – continua a ripetere Marino. La donna pensa all’altro figlio, di undici anni, che è sempre in casa. Fa le scale di corsa.

IL POETA
(gridando) – Mamma, ci ammazzano. Ci vogliono ammazzare tutti.

LA DONNA
Non è possibile. Non è possibile.

IL NARRATORE
Su ci sono dei soldati che inutilmente cercano di radunare le persone sparse nelle stanze e spingerle al pianterreno. Giuseppe si libera d’uno e raggiunge la madre. Mentre escono ecco una scarica di mitraglia.

LA DONNA
Elisa vede cadere Marino, colpito in pieno petto. Gli si butta sopra e piange: – Non avete, proprio pietà di nessuno. Assassini.

IL NARRATORE
Un’altra raffica la falcia, e falcia anche Giuseppe.

IL POETA
Giorgio Mazzei, che è accanto ad Anna Maria Tognozzi e alle sue figliole – Vanda, cinque anni e Severina, un anno – sente le pallottole sfiorarlo, e gli urli di dolore delle sue bambine.
(rallenta molto, quasi in surplace)
Rimane come paralizzato, la bocca aperta, il pensiero: ora ammazzano anche me.

IL NARRATORE
(accento tedesco) Tu piccolo partigiano, venire qui!

IL POETA
Il Mazzei si muove piano piano, guardandolo. Ora mi ammazza, pensa. Poi si ricorda che ha in tasca un permesso.
Lo tira fuori, glielo mostra. Il foglio finisce in terra a pezzettini.
II soldato gli ordina di mettersi a terra accanto al Corrieri, poi di prendere due cassette di munizioni.

IL NARRATORE
Tu, piccolo partigiano, portare.

IL POETA
Parte un’altra raffica e altre persone cadono.

LA DONNA
Natalina Arinci ha preso i bambini (Santi, cinque anni, e Giampiero, un anno) e un paniere d’uova. Approfittando
della confusione si è diretta verso il Rio di Pazzera. Ancora pochi passi e può confondersi con la vegetazione. Ma se ne accorgono. Una raffica raggiunge tutti e tre. Giampiero si lamenta. Il colpo al capo d’un fucile lo cheta per sempre.

IL POETA
Stella Arinci e Nella Simoni si sono nascoste in un armadio in casa. Con loro sono Piero Simoni, otto anni, Vittoria Tognozzi, sette anni e Beppe Simoni, cinque anni. I due nazisti non li hanno visti e sono tornati nell’aia.

LA DONNA
Ai lamenti e agli urli che vengono da fuori le due donne non possono resistere. Vanno alla finestra, s’affacciano.
Vedono i morti sull’aia, quelli di casa. E urlano. Urlano a perdifiato che sono assassini che li conoscono bene…

IL NARRATORE
Un nazista lancia una bomba a mano verso la finestra. La traiettoria è sbagliata. La bomba urta il muro e ricade
nell’aia. C’è un fuggi fuggi generale. L’esplosione fa sussultare i cadaveri poco lontani.

LA DONNA
Assassini, assassini! Le due donne non si stancano d’inveire. Poco dopo una bomba a mano le dilania.

IL POETA
Casimiro Giacomelli, un anziano, ha il tempo d’imboccare la porta della stalla e d’inoltrarsi per i campi.

LA DONNA
Fra i morti si muove una vecchia cieca. È Carmela Arinci, novantatré anni. Non si rende esattamente
conto di quello che sta succedendo. Chiama i familiari.
Vuol sapere.
– Perché non mi rispondete?

IL NARRATORE
Inciampa in un corpo. Sta per chinarsi, la mano tesa, quando un nazista le va accanto.
Toglie la spoletta a una bomba a mano, gliela infila in una tasca del grembiule, quindi rapido s’allontana.
Ancora qualche secondo e la donna è straziata dall’esplosione.

IL POETA
I morti sparsi sull’aia vengono ammucchiati accanto al muro. Molti ricevono un colpo di pistola alla testa.

LA DONNA
Su casa Simoni piomba il silenzio.

(poi a voce più confidenziale)

Un bambino è vivo sotto il corpo della madre. Fortunatamente non si fa sentire.