Lucca, al Teatro del Giglio c’è “Il Tamerlano” di Vivaldi che racconta le stesse emozioni di tre secoli fa. Il 17 febbraio alle 20.30 (replica il 19 alle ore 16). Con Ottavio Dantone al clavicembalo che guida l’Accademia Bizantina e le voci soliste

Sono trascorsi quasi 290 anni dalla prima rappresentazione de Il Tamerlano di Vivaldi durante il Carnevale; o, forse, non sarà trascorso che un attimo – perché, in fondo, “le emozioni sono le stesse di tre secoli fa, basta saperle trasmettere”. Parola di Ottavio Dantone, che al clavicembalo guida Accademia Bizantina, cuore musicale dello spettacolo. Due le recite in programma al Giglio di Lucca, in esclusiva toscana: venerdì 17 febbraio 2022 (ore 20.30) e domenica 19 febbraio (ore 16).

Alla regia Stefano Monti, che del titolo mira a sottolineare tanto la dimensione barocca quanto quella atemporale. Obiettivo perseguito anche nell’integrazione di diversi linguaggi: il teatro di figura ma anche la danza, che nelle coreografie di Marisa Ragazzo e Omid Ighani per la DaCru Dance Company diventa un’amplificazione degli stati d’animo dei personaggi.

Il cast è composto dal baritono Gianluca Margheri, dal controtenore Filippo Mineccia e dal contralto Delphine Galou – rispettivamente Bajazet, Tamerlano e Asteria –, cui si aggiungono Marie Lys come Irene, Federico Fiorio come Andronico e Arianna Vendittelli come Idaspe.

Il disegno luci è di Eva Bruno, i contenuti video e 3D sono curati da Cristina Ducci e le illustrazioni sono firmate da Lamberto Azzariti.

«Da un po’ di anni si va affermando una tesi di critici e musicologi secondo la quale l’opera barocca potrebbe diventare il teatro musicale del futuro – sottolinea il regista Stefano Monti, che cura anche scene e costumi – in ragione anche del fatto che il teatro drammatico del Sei-Settecento ha una forza emozionale senza tempo. (…) Pur se costruita attorno a personaggi con pertinenza storiografica, l’opera in questione si caratterizza per una sua astoricità. Tutto s’incentra sulle passioni, fino alla follia, il sublime si mescola con il terribile, la bellezza con la brutalità… altro non sono che la continua oscillazione fra l’alto e il basso della vita.» Il pretesto è infatti storico quanto lo sono il sultano dell’Impero Ottomano Bayezid I e il condottiero mongolo Timur che lo fece prigioniero nella battaglia di Ancyra nel 1402; ma Il Tamerlano, o la morte di Bajazet – “pasticcio” su libretto di Agostino Piovena in cui confluirono, come prassi per l’epoca, pagine di Vivaldi e materiali presi in prestito da altri compositori e altri titoli – è un trionfo di inazione su cui dominano le passioni. Un monolite di quasi kubrickiana memoria si staglierà sulla scena per perseguire la poetica della “maraviglia” barocca ma anche il senso di uno spazio fuori dal tempo.

«Essendo un ‘pasticcio’ questa partitura si caratterizza ovviamente per una marcata varietà stilistica, ma la scrittura di Vivaldi è facilmente riconoscibile rispetto allo stile degli autori coinvolti, ovvero Broschi, Hasse e Giacomelli – spiega Ottavio Dantone, alla guida di Accademia Bizantina, che festeggia 40 anni di riscoperta del repertorio antico e barocco e di prestigiosi traguardi in tutto il mondo –. Il Vivaldi operista viene ancora oggi spesso sottovalutato: certamente nella sua produzione affiora l’urgenza compositiva e un certo carattere ‘imprenditoriale’, ma resta evidente la sua abilità di scrittura fatta di suadenti soluzioni melodiche, armoniche e ritmiche…ci dà una visione estremamente connotativa del gusto teatrale dell’epoca. La filologia non è solo occuparsi della correttezza degli abbellimenti, delle articolazioni o dell’uso degli strumenti antichi. È soprattutto la conoscenza delle consuetudini e delle esigenze non solo espressive ma spesso anche pratiche del teatro barocco.»

In questo nuovo allestimento del Teatro Alighieri di Ravenna, realizzato in coproduzione con il Teatro del Giglio di Lucca, il Teatro Municipale di Piacenza, la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e il Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena, la dimensione barocca del titolo emerge anche dalla riproposizione dell’incontro fra teatro di figura e melodramma – un incontro già avvenuto nella Venezia del Seicento, dove il San Moisè fu il primo teatro lirico anche per marionette; nel tempo, musicisti quali lo stesso Vivaldi composero per il teatro di figura. Anche l’inclusione della danza ha ragione filologica, nei “balli” menzionati nel libretto originale (per quanto manchi evidenza di un corrispettivo musicale). In questo caso il lavoro della DaCru Dance Company si è concentrato sulla necessità di fare di cantante e danzatore un unicum, con il primo a rappresentare il corpo fisico e il secondo il corpo sottile, lo spazio delle risonanze attraverso un linguaggio non convenzionale, grazie alla formazione Urban Fusion degli interpreti: Kyda Pozza, Davide Angelozzi, Elda Bartolacci, Graziana Marzia, Sara Ariotti e Alessandra Ruggeri.

L’opera in tre atti – in quest’occasione proposta nell’edizione critica del musicologo Bernardo Ticci, con le variazioni apportate dallo stesso Dantone – contempla la grandezza e il declino di un Impero con cui la Serenissima aveva dovuto fare i conti per gran parte della propria storia. Il frangente storico è però meno rilevante dell’opposizione fra vinto e vincitore, prigioniero e carceriere. Bajazet, affidato a Gianluca Margheri, sceglie la morte piuttosto che rimanere in potere del proprio nemico, il Tamerlano di Filippo Mineccia. A enfatizzare, e complicare, il dramma ci sono due donne: la figlia di Bajazet, Asteria (ovvero Delphine Galou), che Tamerlano desidera in moglie nonostante ella già ami Andronico (Federico Fiorio), e Irene (Marie Lys), che Tamerlano intende abbandonare a favore di Asteria. Tra tradimenti reali e presunti, i consigli (inascoltati) di Idaspe (il confidente di Andronico interpretato da Arianna Vendittelli), travestimenti, veleni metaforici e non la vicenda si avvita sull’inevitabile conclusione: il suicidio di Bajazet, la cui morte placa l’ira di Tamerlano, restituisce Asteria ad Andronico e ad Irene il promesso sposo. «Un lieto fine convenzionale che per sua intrinseca contraddizione lascia un epilogo aperto a tante riflessioni – nota ancora Stefano Monti – Ciò ha determinato la scelta di un finale della messa in scena in cui non si producesse la fine di una storia e una cesura fra interpreti e spettatori, ma li ponesse entrambi al cospetto di nuovi interrogativi.»

 

I biglietti per Il Tamerlano sono in vendita alla biglietteria del teatro e online su TicketOne (per venerdì 17 febbraioper domenica 19 febbraio). Per informazioni e acquisti telefonare al numero 0583.465320 (in orario di apertura al pubblico: dal mercoledì al sabato con orario 10.30-13 e 15.30-18, e un’ora prima di ogni rappresentazione) o scrivere a biglietteria@teatrodelgiglio.it.