“Livorno, la città dei teatri” non ha più segreti. Un viaggio nel tempo con il musicologo Fulvio Venturi

Un tempo, a Livorno, c’erano molte sale teatrali costruite nel periodo compreso fra il 1658 e la fine dell’Ottocento. E proprio grazie a queste sale, che richiamavano sempre centinaia di spettatori per assistere a spettacoli di vario genere, che Livorno veniva chiamata “la città dei teatri”. Fra questi teatri c’era – ed esiste tuttora (è uno dei teatri storici d’Italia) – il Goldoni che è riuscito a sopravvivere ai bombardamenti della seconda guerra mondiale che distrussero vaste zone della città. Ma guerra a parte, molti dei teatri antichi sono scomparsi o ne rimangono solo poche tracce, come per il teatro San Marco dove nacque il partito comunista nel 1921 dopo la scissione dei socialisti avvenuta al Goldoni (nella foto a destra un interno del Teatro Rossini oggi non più esistente come il Teatro San Marco, nell’immagine grande sopra il titolo).

Questi teatri, la loro storia, le loro leggende, gli attori, i cantanti e le orchestre che li frequentarono saranno protagonisti di un ciclo di conferenze (ingresso libero) che si svolgeranno nella Sala Mascagni del teatro Goldoni a partire da mercoledì 15 febbraio 2017, ore 16. Saranno condotte da un musicologo, studioso ed esperto di teatro quale Fulvio Venturi, presidente del Circolo Musicale Galliano Masini di Livorno, autore di numerosi libri sulla lirica, in particolare su Mascagni e le sue opere. Sarà lui a prendere per mano il pubblico e guidarlo seguendo l filo della storie e di storie affascinanti. Verranno raccontati i fasti e la sorte delle sale teatrali livornesi con l’ausilio anche di immagini, sempre con riferimenti alla vita artistica e sociale del loro tempo. Un viaggio che dal passato arriverà ai giorni nostri in quattro tappe (successivi appuntamenti il 23 febbraio e l’1 e 15 marzo), ogni volta con un particolare focus su uno dei teatri.

“E’ vero – spiega Fulvio Venturi (nella foto in basso) – Livorno era ricca di teatri, una particolarità dovuta anche all’assetto politico della città con il suo porto franco, la presenza di popolazioni ospiti, di interessi culturali molteplici; questi aspetti favorirono l’esigenza e la percezione dei teatri come luogo di svago ma anche di frequentazioni, incontri e scambi non solo sociali, ma soprattutto economici, politici e culturali. Non è stato infrequente perciò che tali teatri siano stati costruiti spesso e retti con fondi provenienti dalle diverse “nazioni” che si trovavano sul territorio livornese”.

Si comincerà così dal Teatro di San Sebastiano, il primo dei teatri pubblici livornesi. Inaugurato nel 1658 come Stanzone delle Commedie nelle vicinanze del porto con lo scopo di fornire a chi giungesse a Livorno via mare ulteriori attrattive, questo teatro ebbe un notevole impulso a cavallo del 1700 in virtù dell’interesse del principe Ferdinando de’ Medici, figlio del granduca Cosimo III, e diventò uno dei palcoscenici più rinomati in Europa. Qui Carlo Goldoni incontrò il capocomico Giuseppe Medebach all’inizio della sua attività di commediografo, qui i grandi cantanti dell’epoca si avvicendarono regolarmente e si stabilì la grande tradizione livornese nei confronti del melodramma. E qui, nel 1778, colse anche una vibrante affermazione la celebre cantante livornese Celeste Coltellini, figlia di quel Marco nella cui tipografia fu stampata una edizione dell’Enciclopedie di Diderot. Dunque tutta la storia più fulgida della Livorno luminista e liberale del Settecento passò da questo teatro. Chiuso nel 1781 per fare posto al Teatro degli Avvalorati, l’edificio che ospitò il San Sebastiano fu trasformato in pubbliche abitazioni e, ulteriormente modificato, scomparve dalla mappa cittadina con gli sventramenti del 1923.

 

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