Il palcoscenico, la lirica, la storia di Dino Lessi e il senso della comunità. A Rosignano debutta il progetto InOpera con protagonisti e platea che cantano insieme “Va’ pensiero”.

di ELISABETTA ARRIGHI

Anche se vivo da moltissimi anni in un’altra città, lo sento ancora l’odore del salmastro, passeggiando lungo i viali alberati della “città giardino” nata oltre la ferrovia. Il mare è vicino e nei giorni di libeccio si percepisce il sordo rumore delle onde che rotolano prima di infrangersi contro gli scogli oppure scivolare sulla spiaggia. Dove, quando l’acqua si ritira, resta l’impronta bagnata della mareggiata. C’è il salmastro nell’aria mentre sulla passeggiata a mare gli schizzi salati riescono a bagnare il viso come fossero infinitesimali gocce di rugiada. Il mare, la ferrovia. E la Fabbrica, che scrivo con la lettera maiuscola perché senza di Lei il luogo dove sono nata e dove ho vissuto i primi 23 anni della mia vita non ci sarebbe stato. Rosignano Solvay, data ufficiale di nascita il 1917 come frazione di Rosignano Marittimo. Solvay come il cognome di Enest e Alfred, arrivati dal Belgio – negli anni Dieci del Novecento – per impiantare l’industria chimica per la fabbricazione del bicarbonato e della soda su un lembo di territorio ancora ricoperto dalla macchia, dai campi e dalle dune marine.

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La Fabbrica, appunto, e la “città giardino”. Le case per i dipendenti, costruite in mattoni e in stile nordico. Il circolo ricreativo, la chiesa, gli stabilimenti balneari (all’inizio, come il circolo, erano due, uno per gli impiegati e l’altro per gli operai), il Teatro. Anche questa parola la scrivo con la maiuscola, perché a Rosignano Solvay, profonda e laboriosa provincia italiana, il Teatro è stato uno dei fulcri della comunità, che attraverso di esso ha trovato la propria identità, al di là delle cariche, del lavoro, degli steccati sociali di molto tempo fa. E giovedì 8 novembre 2018, cento e uno anni dopo la nascita della frazione di Rosignano Solvay, proprio il Teatro è stato il cuore di una celebrazione. Celebrare se stessi per ritrovare se stessi. Sotto gli occhi vivaci, schermati dalle lenti, di Dino Lessi. Lui, l’uomo del Teatro, che in mezzo secolo di lavoro, che definirei missione, ha fatto innamorare del palcoscenico, della commedia, della lirica, del cinema… generazioni di “solvaini”.

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Il signor Lessi oggi non c’è più. Ma lo ricordo bene, mentre muovevo i primi passi come giornalista, presentando e raccontando le stagioni teatrali sulla fine degli anni Settanta. Con il suo cappello e il bastone, la sua empatia, i suoi ricordi che da soli valevano un corso di storia teatrale. Grazie a lui il Teatro è diventato uno degli elementi distintivi della comunità di Rosignano. Cos’era il Teatro Solvay lo sapevano in tantissimi, anche fuori dai confini locali e regionali. Dino Lessi (a lato il busto in terracotta a lui dedicato nel foyer del teatro) è stato un motore culturale per Solvay, dove sono nati personaggi importanti per il cinema (penso a Gabriella Pescucci, costumista e premio Oscar) e per il palcoscenico. Come Alessio Pizzech, regista, che in qualità di direttore artistico di “InOpera” ha infuso in una sera di novembre una nuova linfa vitale al concetto di comunità e identità grazie ad un progetto-spettacolo che ha visto il coinvolgimento delle scuole, delle associazioni locali (Schola Cantorum e Associazione Il Faro, Gruppo Filarmonico Solvay, Associazione Musicale Antonio Bacchelli, Università Popolare di Rosignano), di sponsor e sostenitori. Un coinvolgimento del territorio dopo l’acquisizione da parte dell’amministrazione comunale del complesso del Teatro Solvay per anni finito in un limbo di oblìo, con il palcoscenico che da tre anni è ritornato a vivere. Con il progetto “InOpera” – debutto ufficiale un paio di settimane fa durante una presentazione con l’assessore Licia Montagnani – il focus è sulla lirica e sulle nuove generazioni (gli studenti coinvolti saranno complessivamente 1400). Gettando uno sguardo – senza nostalgia, ma con grande ammirazione – al passato del Solvay, dove il signor Lessi – grande appassionato di lirica – era stato l’artefice di spettacoli di altissimo livello, con grandi direttori d’orchestra e cantanti quali Cesare Siepi, Magda Olivero, Galliano Masini, Mario Del Monaco…

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Ma la serata dell’8 novembre 2018 è stata molto di più dell’inaugurazione del progetto “InOpera”. Perché “Va’ pensiero. Un teatro lungo un secolo. Gran spettacolo lirico” è stata anche la celebrazione del 90mo compleanno del Teatro Solvay (inaugurato nel maggio del 1928 con “La Traviata”) attraverso una lunga lettera con la quale Dino Lessi, nel congedarsi dal ruolo di direttore del teatro (con l’amarezza determinata dall’impoverimento della cultura), si rivolge alla figlia Graziella (realmente in prima fila in platea). La lettera come meccanismo drammaturgico per raccontare una storia vera con la voce del giornalista Guido Barbieri (ideatore insieme ad Alessio Pizzech), seduto in palcoscenico alla scrivania, con l’abat-jour accesa, l’impermeabile e il cappello appoggiati sull’attaccapanni. Come quelli di Dino Lessi che all’improvviso è apparso con il flash di un breve filmato…

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Un’emozione nell’emozione delle foto d’epoca che per tutta la serata sono state proiettate ai lati del palcoscenico raccontando la nascita e la crescita della fabbrica, della “città giardino”, dell’insediamento urbano di Rosignano Solvay, della sua gente. Fra ricordi di persone – il primo a parlare, seduto in platea, è stato Altero Giomi – che hanno “frequentato” il palcoscenico in maggior parte come coristi durante gli allestimenti lirici promossi da Dino Lessi… Dalla signora che diventò ancella in una Turandot alla bambina che in una Butterfly impersonò il piccolo figlio della protagonista, dalla corista che si fece prendere dal panico il giorno del debutto fino al dipendente Solvay che amava cantare anche quando era a lavoro…

L’esecuzione di brani lirici ha coinvolto platea e galleria, dalla Traviata a Otello, da Cavalleria Rusticana a Butterfly, dall’Elisir d’amore a Cenerentola… Fino al “Va’ pensiero” finale, cantato da tutti, protagonisti in palcoscenico e spettatori che si sono alzati in piedi. Una serata di festa, coinvolgente. Ricordando anche i 50 passi del signor Lessi per entrare uscire dal Teatro. E un bravo a tutti.

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I PROTAGONISTI

Maestro Nicolò Iacopo Suppa

con la partecipazione di Raffaella Angoletti, soprano; Francisco Ariza, tenore; Miche e Pierleoni e Niccolò Casi, baritoni. Con Laura Pasqualetti, pianorte (la accompagnato per tutta la serata coro e cantanti); Diego Terreni maestro del Coro; Mirco Pierini maestro della Banda; Elena Ciaccone maestro del Coro dei Bambini; Carlo Andrea Berti e Vania Franchi maestri del Gruppo Orchestrale dell’Associazione Bacchelli; con la partecipazione delle classi quarte e quinte del plesso Carducci di Rosignano Marittimo; foto e video di Andrea Gattini. Con ringraziamento a sponsor e sostenitori, all’Archivio Leo Gattini e Archivio Solvay.

IN MOSTRA

Da segnalare l’esposizione in una teca di alcuni spartiti del direttore d’orchestra, maestro Ivan Polidori (anche lui di Rosignano), e di alcune locandine, fotografie e ricordi legati alle produzioni liriche del Teatro Solvay.