Il coraggio del Teatro Sperimentale di Spoleto. Successo per “Eine kleine Music 2020” in scena al Caio Melisso. La recensione di Fulvio Venturi

di FULVIO VENTURI
Fra i primi in Italia ad allestire uno spettacolo in teatro nel rispetto delle regole del distanziamento sociale, il Teatro Sperimentale “Adriano Belli” ha presentato “Eine Kleine Musik 2020” al Caio Melisso di Spoleto.
Si tratta di un “double bill” in omaggio al teatro da camera italiano.
Al centro della scena il nostro “Bel Paese”, l’Italia, visto con gli occhi degli intellettuali nell’immediato dopoguerra. Nella prima parte, che potremmo definire “Un marziano a Roma” tanto sono individuabili le tracce dell’omonimo testo di Ennio Flaiano, siamo nella satira pura, nel teatro di cabaret. Due attori, Giovanni Moschella e Bianca Maria D’Amato, recitano il testo di Flaiano, mentre il discorso musicale è affidato ad una “Sängerin” di straordinaria presenza scenica, Chiara Boccabella, che ha cantato in perfetto stile brechtiano (da qui, pensiamo, la scelta di un titolo tedesco per la serata), canzoni di Piero Umiliani, Tony Lenzi e Fiorenzo Carpi su testi spesso splendidi di Mario Soldati, Franco Fortini, Fabio Mauri e Pier Paolo Pasolini. Al pianoforte, con spiccata valentìa, Davide Finotti.
Un nobile progenitore letterario, Alberto Moravia, contraddistingue anche la seconda parte della serata, ovvero l’opera da camera “Una gita in campagna” di Mario Peragallo. Moravia ne scrisse il libretto rielaborando il suo racconto “Andare verso il popolo” del 1944. Siamo verso la fine della guerra e nello sfacelo di quei giorni lo scrittore romano gioca con uno slogan mussoliniano, “andare verso il popolo”, appunto. Una gita in automobile è protagonista di una storia dalla trama all’apparenza semplice, a tratti disarmante e profetica, che cela una lettura della realtà ricca di tutte quelle contraddizioni che hanno caratterizzato il dopoguerra in Italia. “Bisogna andare verso il popolo!” proclamava il Duce con orgoglio. Ma i protagonisti de “La gita in campagna”, quando ci provano, finiscono depredati e umiliati.
L’operina di Peragallo, al suo apparire (24 marzo 1954, Teatro alla Scala), fece parlare i giornali non tanto per la raffinata scrittura musicale e l’amara acutezza dell’argomento, ma per il blando spogliarello cui la protagonista femminile sostenne sull’augusto palcoscenico milanese, atto del quale ancor oggi talvolta si fa menzione.
Anche in questo caso la prova è stata brillantemente superata in ragione di cantanti freschi, motivati e ben assortiti, che andavano dalla coppia dei fidanzatini formata da uno squillante Andrea Vincenti (Mario) e da una elegante Giorgia Teodoro (Ornella), alla risoluta Magdalena Urbanowicz (Leonia) ed al sonoro Alan Storovoitov (Alfredo), oltre che da Silvia Alice Gianolla, Vittoria Magnarello, Yulia Merkudinova e lo stesso Alan Storivoitov a formare il coro. Ancora ottimo Davide Finotti al pianoforte. Eccellente regia di Giorgio Bongiovanni (assistente Bianca Maria D’Amato) che con pochi elementi scenici (allestimento Andrea Stanisci) ed un ingegnoso uso delle luci (Eva Bruno) è riuscito a creare la giusta ambientazione per i due momenti dello spettacolo e persino a dare l’illusione di attualmente impossibili contatti fisici.
Lo spettacolo è andato in scena presso il delizioso teatro Caio Melisso che ha ospitato il debutto di tanti cantanti divenuti celebri, lo stesso cammino che auguriamo ai giovani interpreti di questo spettacolo.