Giacomo Puccini, esce il secondo volume del suo epistolario. La composizione di “Tosca”, la storia con Cori, la caccia, le ville, gli amici pittori… presentazione a Lucca sabato 13 aprile

di LISA DOMENICI

“Caro Gigi fammi gli accomodi da pari tuo e allora ti spedirò della caccia. Oggi ho ucciso un cignale di 240 libbre-ed una volpe -sarò di ritorno non prima di sabato”.

Chi scrive è Giacomo Puccini da Capalbio (Grosseto) il 18 gennaio 1887. Il destinatario è Luigi Illica, che sta lavorando al libretto di “Tosca”. Questo è il breve scritto con cui si apre il secondo volume del copioso epistolario del compositore lucchese, edito da Olschki, a cura dei musicologi Gabriella Biagi Ravenni e Dieter Schickling, che sarà presentato sabato 13 aprile 2019 alle 17,30 a Lucca, nella sala Tobino di Palazzo Ducale. Il volume contiene 855 lettere (più 8 in appendice senza testo), di cui 326 sono pubblicate per la prima volta, mentre per le altre 529 “finora segnalate in cataloghi d’asta o altrove , si aveva una conoscenza molto limitata”, si legge nell’introduzione. Un numero considerevole secondo i curatori, che copre l’arco temporale 1897-1901, se confrontato con le 784 lettere del primo volume , scritte tra il 1877-1896.

In questo secondo volume, si delinea la personalità multiforme di Puccini nella sua maturità di uomo e artista, due aspetti inscindibili, come già appaiono nel biglietto citato in apertura. Risulta chiaro che la prima preoccupazione del compositore, è “Tosca” alla quale sta lavorando con lena, senza tralasciare altri progetti sui quali sta pensando. Dice Biagi Ravenni che “al contrario del primo volume, in questo emerge il profilo più definito del musicista anche nella quotidianità. Compone “Tosca”, va a caccia, segue la costruzione delle ville, si interessa delle piante del giardino. Parla dei mezzi di locomozione. Arriva anche il primo motoscafo e l’automobile”.

Ci sono le lettere che riguardano i lavori alle ville di Chiatri e di Torre del Lago, commissionati all’ingegnere lucchese Giuseppe Puccinelli, col quale però a un certo punto i rapporti si deteriorano. Emerge pure un Puccini interessato alle arti visive, ai dipinti degli amici pittori quali Fanelli, Nomellini, Pagni.

E siccome abbiamo nominato Ferruccio Pagni, eccoci a parlare, dopo l’arte e la caccia, degli amori. Scrive Puccini a Pagni da Genova il 29 dicembre 1900: “Caro Ferro, domani, anzi stasera, alle 11, arriva Cori bianca. (…) Arriverò Viareggio ma con lei. Bisogna assolutamente arrangiare la cosa in modo che nessuno lo sappia”. Cori, almeno secondo le recenti ricerche sarebbe la piemontese Maria Anna Coriasco (Torino 1882-1961), che Puccini conobbe all’inizio del ‘900. La relazione con la giovane detta Corinna durò quasi quattro anni, mettendo in serio pericolo il rapporto con Elvira Bonturi. Fu vero amore? “In questo volume – spiega Biagi Ravenni – registriamo solo l’inizio della storia, che secondo il mio parere è esibita da parte di Puccini soprattutto in modo goliardico, senza un coinvolgimento sentimentale. Il rapporto con Elvira era tutt’altra cosa”. Insomma una faccenda di sesso, che le sorelle del compositore in primis Ramelde e pure lo stesso Ricordi non approvavano e anzi sollecitavano il compositore a troncare la relazione. Però per saperne di più e conoscere gli sviluppi e la fine burrascosa di questa vicenda bisogna attendere il terzo volume. Intanto abbiamo molto da leggere e apprendere. Non è certo meno affascinante accostarci più da vicino a “Tosca” , che seguiamo nel percorso creativo, e, curiosità interessante, avere informazioni stavolta precise sulle campane, che rintoccano assai nell’opera, compreso il campanone di San Pietro, con il suo famoso e bassissimo “mi”.