“Il flauto magico” a Livorno: la recensione di Fulvio Venturi

“Il flauto magico”  di Mozart, con la regia, le scene e i costumi di Lindsay Kemp, ha debuttato venerdì 11 novembre 2016 al Teatro Goldoni di Livorno, che ha prodotto l’opera, curandone il nuovo allestimento quale capofila del titolo unico 2016 per la Toscana realizzato insieme ai Teatri di Pisa e Lucca. Domenica 13 novembre alle 16.30 seconda rappresentazione a Livorno. Poi il 14 e 15 gennaio 2017 l’opera sarà al Teatro Verdi di Pisa e il 21 e 22 gennaio al Teatro del Giglio di Lucca. 

 

 

di Fulvio Venturi *

Die Zauberflöte è tornato in scena a Livorno a distanza di diciassette anni. Per l’opera di Mozart si è trattato anche della prima volta al Teatro Goldoni. Diremmo che l’evento si è giocato nel filo della restaurazione, non solo perché Lindsay Kemp ha realizzato regia, scene e costumi come era avvenuto nel 1999, ma soprattutto perché l’attuale produzione ha segnato il rientro ufficiale del regista di Liverpool nelle fila del teatro livornese dopo qualche anno di oblio. Kemp ha ripreso il lavoro fatto in precedenza e lo ha riproposto praticamente senza differenza. Stessi costumi, stesse situazioni, stessi colori. Uno spettacolo che ha resistito all’usura del tempo, che ha una sua leggibilità, una sua godibilità immediata, una sua candida innocenza comunicativa, una sua bellezza, che si fa guardare ancora con gioia e con sentimenti positivi. E questo è stato il dato largamente più fondato della produzione.

Dal lato musicale invece non tutto è andato liscio. L’Orchestra della Toscana soffre senz’altro la dolorosa perdita di Andrea Tacchi, storica spalla della compagine. Se la qualità è rimasta invariata, l’anima della formazione piange, né il direttore Dejan Savic, pur encomiabile, è parso accendere la scintilla vivificatrice.

Nel cast canoro si è distinto il Papageno del giovane baritono costaricano William Hernandez dotato di una voce pastosa, sonora e di una spigliata bonomia scenica. Con lui è da segnalare l’integerrimo Sarastro di Manrico Signorini, enfant du pays livornese, anch’egli al rientro nella città natale, la generica eleganza di Blagoj Nacoski, tenore in via d’affermazione, che vestiva gli aulici panni del principe Tamino e anche il caricaturale Monostatos di Antonio Pannunzio. Ottima sotto tutti gli aspetti la prova del Coro Lirico Toscano, diretto con estrema competenza dal Maestro Marco Bargagna. Non sempre positive, invece, le prove del settore femminile dei solisti, ove è facile citare le tre dame di Barbara Luccini, Roxana Herrera e Carlotta Vichi, ottime sotto tutti gli aspetti, ma ove forse le loro colleghe devono attendere una giusta e ulteriore maturazione. Si conclude la nota con un apprezzamento al personale e alle maestranze della Fondazione Goldoni che hanno profuso professionalità e buona disposizione. Al termine molti applausi per tutti e facce sorrididenti, che in teatro sono sempre un bel vedere.

*scrittore e critico musicale