FESTIVAL PUCCINI 2019. Madama Butterfly e Tosca hanno chiuso (spettacoli del 23 e 24 agosto) il cartellone. La pioggia bagna la tragedia di Cio Cio San e l’opera finisce con le voci e il solo pianoforte. La doppia recensione di Fulvio Venturi
di FULVIO VENTURI
Finale “con carte nuove” come si dice sui tavoli da bridge al Festival Pucciniano. Venerdì 23 agosto 2019 è andata in scena la terza e ultima rappresentazione di “Madama Butterfly” e sabato 24 la quarta di “Tosca” con cast ampiamente rinnovati.
In “Butterfly” si è ripresentato sul podio con il solito agitar di bacchetta e levar di mani al cielo nel momento di scendere in buca, Alberto Veronesi, quando sul programma di sala era indicato Nir Kabaretti. La sera non prometteva punto bene e già prima dell’inizio si era avvertito qualche schizzetto dal cielo. In palcoscenico Karine Bobajanyan, nei panni della protagonista, faceva registrare qualche miglioramento rispetto alla collega che l’aveva preceduta mercé una voce più solida e un’interpretazione piena di buone intuizioni che man mano stavano realizzandosi nel corso dello spettacolo, Angelo Fiore presentava un Pinkerton arrogante e superbo, tutto impuntato sulla sicurezza del registro acuto, Stefan Ignat uno Sharpless pallido vocalmente e non troppo sicuro dal lato musicale. Bisogna però dire che tutta la recita non era un esempio di precisione. Il resto del cast era invariato rispetto alle recite precedenti ed allo spettacolo che avevamo già recensito (27 luglio 2019), dall’ottima Suzuki di Annunziata Vestri all’inappuntabile Commissario Imperiale di Luca Bruno, a tutti gli altri, pregi e difetti. Bene ancora il coro diretto da Roberto Ardigò.
Nel momento più intenso del secondo atto, tuttavia, ovvero al termine dell’inciso “Che tua madre”, cantato con passione da Karine Bobajanyan, ha attaccato a piovere, l’orchestra ha abbandonato la sua posizione e lo spettacolo si è interrotto. Dopo una pausa di una ventina di minuti quando la pioggia, neanche troppo insistente, è cessata la rappresentazione è ripresa al pianoforte e la nostra recensione, pur lodando l’organizzazione, si è fermata lì. Peccato perché a ranghi musicali compatti avremmo volentieri assistito ancora una volta allo stimolante finale ideato dal regista Stefano Mazzonis di Palafrera.
Nuovo direttore, Hirofumi Yoshida, il terzo su quattro rappresentazioni e cast interamente rinnovato riguardo le parti principali anche in “Tosca” (24 agosto 2019). Partito senza troppi rimpianti il duo Cura-Guleghina, Tosca è stata impersonata da Lacrimioara Cristescu. Questa cantante, che ci è parsa giovane, ha un’ottima voce, robusta e piena in tutto il registro, adatta, anzi diremmo adattissima, alla parte. L’interpretazione è da maturare, così come è da vigilare l’ascensione alle note estreme – inutile ricordare che nel secondo atto i “do” di Tosca sono quattro: nella “cantata”, e alle frasi “non è ver, non è ver, sogghigno di demone”, “Ah! Cessate il martir!”, “Mario con te, no, no, ah!”, ai quali si aggiunge nel terzo atto quello attesissimo della “lama” – che ieri sera risultava un poco avventurosa. Ma complessivamente Lacrimioara Cristescu è piaciuta. Alejandro Roy, Cavaradossi in luogo del previsto Hovhannes Ayvazyan, ha confermato quanto di buono aveva già fatto ascoltare nella “Fanciulla del West”. Voce ampia di colore bruno, acuti sicuri e svettanti. Il fraseggio da dirsi a fior di labbro (e Cavaradossi ne ha) è ruvido, ma Roy ha ampi margini di miglioramento. Ieri sera ha colto un successo personale coronato da un generoso “encore” richiesto da un pubblico ancor più longanime dell’interprete in ‘E lucean le stelle’. Di questo successo, siamo certi, saprà far tesoro. Stefan Ignat era Scarpia, confermando in noi le impressioni ricevute la sera precedente. Claudio Ottino, il Sacrestano, è rimasto invischiato nelle insidie musicali della “cantoria” e, su questo argomento, bisogna aggiungere che la stessa Cristescu ha mancato qualche battuta abbondante nel dialogo con Scarpia (“Nulla sfugge ai gelosi” etc.). Può capitare quando si cambiano tanti direttori e tanti cantanti, ma sarebbe meglio evitare. Come nella “Butterfly” della sera precedente, le cosiddette “parti di fianco” erano invariate rispetto alla produzione primigenia con un buon Francesco Napoleoni in evidenza come Spoletta. Ovviamente immutata rispetto alla nostra precedente recensione dello spettacolo (12 agosto) la parte scenica. Hirofumi Yoshida ha diretto forse con qualche incertezza avvertita anche nel finale primo, ma ha avuto il merito di “riaprire” il taglio di “Vi dico, pugnalato… attenti agli sbocchi delle scale” con quel che segue, inspiegabilmente attuato nelle serate precedenti dai suoi colleghi. Siamo pur sempre a cento metri dalla casa di Puccini.
- (Nelle foto: immagini del lago di Massaciuccoli e di Villa Puccini a Torre del Lago. Sopra il titolo: un momento di Madama Butterfly).