Dopo il lockdown la lirica risorge nei teatri italiani (mentre la Metropolitan Opera House annulla la stagione). “La Rondine” a Firenze e “Il Tabarro” a Sassari. La doppia recensione di Fulvio Venturi

di FULVIO VENTURI
Segnali importanti dal mondo dell’opera.
Dopo il clamoroso successo di pubblico arriso alla prima edizione livornese del Mascagni Festival e alla sua fascinosa locazione sulla riva del mare, poniamo all’attenzione degli appassionati due spettacoli pucciniani realizzati nel pieno rispetto delle regole di distanziamento sociale in seguito alla epidemia di covid-19.
Il primo è La Rondine (versione 1917) allestita dal Teatro dell’Opera di Firenze con la direzione di Marco Armiliato e la regia, scene, costumi e luci firmati da Denis Krief.
Si è trattato di una produzione eccellente nella parte musicale, grazie alla concertazione brillante e sinfonica del Maestro Armiliato che ha dimostrato anche uno caloroso feeling con il palcoscenico. Gesto morbido e chiarissimo, souplesse che all’essenza di quest’opera è necessaria quanto l’aria che respiriamo, giusta benevolenza nei confronti dei cantanti senza che mai questa diventasse sciatteria o remissione. Particolare niente affatto trascurabile, Marco Armiliato è riuscito ad evidenziare perfettamente senza renderli avulsi dalla partitura quei momenti che mettono in contatto Puccini con ambiti estranei alla musica italiana e lo rendono geniale, come le ironiche citazioni della Salome straussiana nel primo atto, o il magnifico valzer del secondo, anticipatore come non mai in questa lettura della Valse di Ravel. Eccellente la prova dell’orchestra, anch’essa sottoposta a distanziamento con barriere di plexiglas fra sezione e sezione.
In palcoscenico ha primeggiato Aylin Perez e non solo perché ha impersonato Magda, protagonista assoluta (insieme allo spleen) di quest’opera. Bella voce di soprano lirico, raffinate intenzioni interpretative, estrema dimestichezza con una parte dalla scrittura molto impegnativa. Questa cantante ha lasciato il desiderio di essere riascoltata in altri spartiti pucciniani, ad esempio La Bohème e Manon Lescaut, che ci sembrano particolarmente confacenti ai suoi mezzi, ma anche in alcune partiture della Giovane Scuola Italiana (il già citato Mascagni, oppure Cilea) che potrebbe affrontare con classe e distinzione. Il resto del cast non è parso a questo livello, ma Francesco Castoro è stato un buon Prunier e Francesco Verna un incisivo Rambaldo. Meno convincente Roberta Mameli, bella ed efficace in scena, ma non sempre a suo agio fra le aguzze puntature di Lisette e inerte il Ruggero di Dmytro Popov (che sostituiva per tutte le recite Roberto Aronica), dotato sì di buoni acuti e tuttavia rigido assai nel canto di conversazione.
Dallo stuolo dei piccoli personaggi ricordiamo Elena Bazzo che ha ben intonato le deliziose strofe del “sopranino” nel finale del secondo atto. Bene il coro alle prese con una parte frammentaria e spesso virtuosistica, con abbondanza di parti staccate, solistiche, e per di più complicata dall’indossatura delle visiere protettive.
Apparato scenico non memorabile di Denis Krief efficace però nel dimostrare che con i dovuti accorgimenti si possono allestire anche opere molto complesse come questa la quale, oltre al cospicuo numero di personaggi, presenta un atto interamente corale e movimentatissimo, il secondo.
Pubblico purtroppo molto scarso e ben indirizzato al distanziamento dal gentilissimo personale di sala. Successo cordiale.
Emozione e tristezza a Sassari per la produzione del Tabarro che ha aperto la stagione dell’Ente Concerti Marialisa De Carolis al Teatro Comunale. La rappresentazione è stata preceduta da una prolusione del direttore artistico Stefano Garau e dalla esecuzione di Crisantemi, l’elegia che Puccini compose nel 1890 in memoria di Amedeo di Savoia poi momento ispirativo di alcuni passi del terzo e quarto atto di Manon Lescaut e che in questa occasione è stata dedicata alle persone che ci hanno lasciato e continuano a lasciarci a causa del virus covid-19.
Si può fare cultura, e cultura vera, anche nei momenti più bui e, valore aggiunto per questa produzione, per la prima volta dopo il lock-down un teatro di tradizione realizzava uno spettacolo al chiuso.
Regia di Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi (assistente Marina Dardani), scene Leila Fteita, costumi Silvia Bonetti, luci Tony Grandi, video Francesco Fei, questo allestimento, realizzato dalla Fondazione Arena di Verona e comunque inedito, si è avvalso dell’ottima direzione del giovane Marco Alibrando, al comando dell’Orchestra dell’Ente determinata come non mai, sia pure nella formazione ridotta a 36 elementi e fiati separati dal resto della compagine per il tramite di barriere di plexiglas, come nel caso della Rondine fiorentina.
Nella intensa regia si muovevano i solisti, il gruppo vocale dell’Ente Concerti e i figuranti protetti da una bandana sul volto.
Il cast molto omogeneo si è avvalso della professionalità e della qualità di Elia Fabbian (Michele), Susanna Branchini (Giorgetta), Luis Chapa (Luigi) protagonisti del triangolo amoroso sul quale si incentra la vicenda, nonché dagli interpreti dei numerosi altri personaggi, ovvero Martina Serra (La Frugola), Francesco Musinu (Il Talpa, che saluto caramente), Gianluca Sorrentino (Il Tinca, saluti anche a lui), Claudio Deledda (Un venditore di canzonette), Claudia Spiga e Paolo Masala (due amanti), quest’ultimo felicemente debuttante.
Successo memorabile per i duecento spettatori ammessi in teatro e per la città di Sassari tutta.
La presente nota sul Tabarro è stata possibile grazie alla visione remota consentita dalla trasmissione streaming dello spettacolo che comunque è stato registrato e sarà prossimamente trasmesso dalla tv satellitare Sky.
Purtroppo se in Italia registriamo questi incoraggianti segnali, apprendiamo dai mezzi d’informazione l’annullamento della stagione 2020/21 della Metropolitan Opera House di New York.