Dopo 21 anni “Le Maschere” di Pietro Mascagni sono tornate in scena al Festival Illica di Castell’Arquato. Bravo il direttore d’orchestra Jacopo Brusa, buona la compagnia di canto capitanata da Alberto Mastromarino. E alla fine dieci minuti di applausi. La recensione di Fulvio Venturi

di FULVIO VENTURI

Le Maschere sono un’opera assai complessa. Sottacendo la genesi, le cui prime tracce risalgono al 1897, frutto di una felice intuizione di Luigi Illica, ovvero la riproposizione di situazioni e personaggi della Commedia dell’Arte con un anticipo di metateatro, ricordando che il lavoro finito è del 1901 e che all’inizio non fu certo un successo, bisogna dire che nella partitura di Pietro Mascagni c’è di tutto. Un prologo che alterna una parte recitata alle altre cantate, una sinfonia brillantissima e lieve, concertati “tutti in scena”, sostanziose parti corali, arie chilometriche alternate ad altre quasi istantanee, parti di grazia e parti di forza, quintetti, quartetti, terzetti, duetti, e un balbuziente, Tartaglia, che canta. La classica opera che, ove mai si decida metterla in scena, occorrono prove, prove e poi prove per raggiungere un assieme soddisfacente. Converrà anche sottolineare che per diverse ragioni i teatri tendono a provare sempre meno.

Bene, a Castell’Arquato, il cui Festival non dispone certamente delle dovizie di altre manifestazioni artistiche e musicali, sono riusciti a mettere in scena Le Maschere quando non si rappresentavano nel mondo dal 2001 (con una produzione affidata alla regia di Lindsay Kemp che partì da Livorno e toccò diverse città) e a fare un buon servizio a Illica, a Mascagni e all’opera stessa.

Senza ombra di dubbio il merito grande di questa operazione spetta a Jacopo Brusa, il direttore d’orchestra e referente artistico del Festival Illica, che ha saputo condurre con saggezza, equilibrio e al tempo stesso con il sangue freddo necessario per superare qualche inevitabile momento d’impaccio. Con il direttore è da lodare l’Orchestra Toscanini, che non ha fatto mancare calore e levità, pulizia esecutiva e passione.

Buona la compagnia di canto, capitanata dall’esperienza di Alberto Mastromarino, il cui Tartaglia abbinato nella parabasi (il prologo) al personaggio ispiratore di Giocadio, diventa in questa lettura il deus-ex-machina della vicenda. Al suo fianco il carisma di Angelo Veccia, il Capitan Spavento, autore di un terzo atto da applausi a scena aperta. In gran rilievo anche il Florindo di Matteo Falcier, un tenore dalla voce squillante e sicura, a suo agio tanto nei momenti lirici (come il bel duetto “Colma di fiori e incanti” e la pavana “Io sono come nube vaporosa”) quanto in quelli di veemente passione come l’ardimentosa “Serenata delle Serenate”. Grande impegno nelle graziose interpreti di Rosaura e Colombina, Marta Leung (che ha avuto bei momenti nel duetto con Florindo e nel quintetto “Signor grande, illustrissimo”) e Anna Maria Sarra alle prese con una parte senz’arie, dove si canta molto e si figura poco. Hanno completato la compagnia di canto Roberto Covatta (Arlecchino), Raffaele Feo (un espressivo e spigliato Brighella) e i giovani Lorenzo Liberali (Il Dottor Graziano) e Francesco Leone (Pantalone). Un po’ smilzo nell’organico il KorMalta-Malta National Choir diretto da Riccardo Bianchi.

La regia di Giulio Ciabatti ha lavorato soprattutto sul recupero degli stilemi della Commedia dell’Arte, con costumi volutamente poveri di Margherita Platè. Quindi è giusto ricordare le “maestranze”: Sara Vailati, direttrice di scena; Dario Toninelli, maestro preparatore di sala (non riesco ad immaginare il lavoro che avrà avuto da svolgere); Ulderico Mantovani, macchinista; Francesca Mori, trucco. Costumi realizzati dalla Compagnia del Costume e della Moda, Milano; Illuminotecnica e fonica, Pro Music srl di Vezzano sul Crostolo (ottimo lavoro svolto).

I dieci minuti di applausi e la soddisfazione mista a commozione sul volto di molti alla fine dello spettacolo hanno dimostrato quanto sia sentito da queste parti il Festival Illica. Dei valori delle Maschere, della considerazione di direttori d’orchestra come Marinuzzi, Gavazzeni, Bartoletti, Gelmetti, dei reiterati interventi sulla partitura effettuati praticamente da tutti, Mascagni per primo, del carsico iter teatrale delle Maschere scriverò in un’altra occasione. Non mi resta da dire che questa produzione ha avuto un protagonista in più: la splendida Piazza del Municipio di Castell’Arquato.