Dal marmo del Monte Altissimo alle opere finaliste del Premio Fondazione Henraux. A Seravezza quattro sculture monumentali mettono in relazione antichità e contemporaneità

Una bellissima sinergia tra arte contemporanea e contesto storico. È la mostra “Dal laboratorio alla città”, seconda edizione della rassegna di scultura “Città di Seravezza”, che fino al 20 settembre 2018 presenta quattro straordinarie opere in marmo del Monte Altissimo selezionate fra le finaliste delle prime tre edizioni del Premio Fondazione Henraux.

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Mattia Bosco, “Bue Tractor”

Un’esposizione urbana che non ha mancato di suscitare grande interesse fra gli ospiti del centro storico di Seravezza nelle prime due settimane di allestimento e liberamente fruibile lungo un piacevole percorso pedonale che unisce Palazzo Mediceo a piazza Carducci toccando le Scuderie Granducali e l’oratorio della Madonna del Carmine. Quattro opere monumentali e quattro protagonisti, i talenti emergenti dell’arte internazionale che Henraux ha selezionato e premiato nelle edizioni 2012, 2014 e 2016 del Premio dedicato alla memoria di Erminio Cidonio: Mattia Bosco, Mikayel Ohanjanyan, Kim De Ruysscher, Daniele Guidugli.

Ed è proprio la relazione tra antico e moderno – tra il messaggio artistico contemporaneo e un contesto urbano di alto rilievo storico-architettonico – uno degli elementi di maggiore suggestione della mostra, come ha riconosciuto il presidente della Fondazione Henraux Paolo Carli nel giorno del vernissage.

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Mentre il sindaco Riccardo Tarabella, nella medesima occasione, ha attribuito al progetto l’indubbio merito di coniugare mirabilmente storia, ambiente e lavoro del territorio. «Un progetto di filiera che punta alla massima valorizzazione del materiale lapideo delle nostre montagne», lo definisce il vicesindaco Valentina Salvatori, coordinatrice del progetto per conto del Comune «e un’occasione ideale, nell’anno delle celebrazioni del Cinquecentenario michelangiolesco, per rafforzare la collaborazione tra due soggetti del territorio – Fondazione Terre Medicee e Fondazione Henraux – che promuovono cultura ad altissimi livelli».

IL PERCORSO ARTISTICO

Scegliendo di iniziare la visita da Palazzo Mediceo, la prima opera che si ammira, proprio sul fronte del Palazzo, è “Materialità dell’invisibile” di Mikayel Ohanjanyan: un candido monolite marmoreo (foto sopra il titolo) che esprime le tensioni tra materia e spazio, tra pieno e vuoto, nell’eterno contrapporsi di forze che è il motore stesso della vita.

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Sul limite opposto dei giardini medicei, sul fianco delle Scuderie Granducali, il “Bue Tractor” di Mattia Bosco: un omaggio al bue, l’antico trattore animale che per secoli ha trasportato i blocchi di marmo, metafora di fatiche immense e di sfide al limite delle forze e dell’ingegno umani.

Proseguendo verso il centro storico, nella chiesina barocca della Madonna del Carmine la terza scultura, il “Moby Dick” di Daniele Guidagli (foto a sinistra), frutto di una potente analogia tra la grande balena bianca e il blocco di marmo: se le singole vertebre della spina dorsale sono spesso ciò che resta dell’enorme corpo della balena, così la scultura nasce e prende vita da un blocco di marmo, preziosa testimonianza dell’immensità della montagna.

Quarta e ultima opera in mostra – in piazza Carducci – il “Canotto” di Kim De Ruysscher (sopra a destra), legato al tema delle migrazioni: un piccolo natante afflosciato e deforme, rovesciato e alla deriva come le molte imbarcazioni che ogni giorno traghettano verso la speranza migliaia di persone tra una sponda e l’altra del Mediterraneo.

Meritorio il sostegno offerto al progetto espositivo da VNE e Barsi Marmi, due aziende locali da sempre molto sensibili alla valorizzazione e alla promozione del territorio.