Il compleanno di Maria Callas, Pasolini, Medea e la poesia “Timor di me?”

Maria Callas era nata a New York nel dicembre 1923 da genitori greci. Diverse sono le date: c’è chi sostiene che avesse visto la luce il 2 dicembre, chi il 3 e chi il 4. A Maria piaceva il 4 dicembre (anche se sui documenti era scritto 2), giorno di santa Barbara, e così anche a sua madre. Per cui oggi 4 dicembre 2016 – secondo la sua volontà – avrebbe compiuto 93 anni. Purtroppo la grande cantante lirica è scomparsa ad appena 54 anni nel suo appartamento parigino per arresto cardiaco. Ecco un ricordo di lei – scritto dal critico musicale Fulvio Venturi – attraverso il rapporto che ebbe con Pier Paolo Pasolini, grande e sensibile artista.

di Fulvio Venturi

TIMOR DI ME?
Oh, un terribile timore; / 
La lietezza esplode
 / Contro quei vetri al buio
 / 

Ma tale lietezza, che ti fa cantare in voce / È un ritorno dalla morte: e chi può mai ridere  (…)

Maria Callas e Pier Paolo Pasolini s’incontrarono nel 1968 per le riprese di Medea. Lei era già una donna stanca, segnata dall’amore doloroso per Onassis, dalla maternità frustrata, dalla carriera interrotta e viveva il personaggio di Medea, del quale era stata incomparabile interprete sulla scena, con immedesimazione, con una trasposizione financo fisica. Lui era quel che era, un uomo di grande cultura, non un “regista”, non un “letterato”, non un “pittore”, ma un artista di sensibilità straordinaria. Nacque tra loro un sentimento strano, che forse per lei poteva mutarsi in passione – Maria Callas viveva sempre come in un sogno – e che per lui era di ammirazione per la grande artista, di amicizia, d’interpretazione psicologica fine ed esatta. Si frequentarono, furono visti insieme anche per ragioni extra-artistiche, Pierpaolo presentò Maria alle donne di casa sua; mi piace pensare che lo fece come si usava presentare alla madre una fidanzata d’altri tempi. Poi quel rapporto si esaurì, non senza il trauma della morte violenta. Rimangono di esso tante foto, alcune di scena, scattate durante le riprese del film, altre private. Queste sono ovviamente le più interessanti. Maria e Pier Paolo appaiono ora sulla spiaggia, in costume da bagno, ora in paesaggi sbiaditi dal tempo, spesso brulli, fra rovi di lentisco o d’amaranto, ora fra le gore di un lago salato. Sorridono, si tengono per mano, si guardano, sembrano felici. Forse fu amore vero.

pasolinicallas11Oltre a quelle foto rimangono le lettere che lei gli scrisse e una decina di poesie che lui le dedicò. Quelle poesie, mai raccolte specificamente, furono pubblicate e si possono tuttora leggere nella raccolta “Trasumanar e organizzar”, ultima silloge poetica di Pasolini, apparsa nel 1971. Nel volume quelle poesie non recano dedica, ma se si conosce la biografia di Maria Callas  (nella foto piccola a destra insieme a Pasolini, da Twitter) s’individuano con facilità. Parlano del rapporto col padre, vulnus mai sanato da lei, di Atene, della guerra, di una ragazza “che sarà grassa ed ora è florida, di gran guancia”. Dunque lei, Maria, nei primi anni di carriera (quando aveva diciassette, diciotto anni), ancora in Grecia e prima del dimagrimento degli Anni Cinquanta.

Per parlare di quelle scelgo “Timor di me?” (di cui in testa all’articolo riportiamo alcuni versi, ndr). Timor di me è una frase del Trovatore, opera amatissima dalla Callas. Ora è noto che Maria Callas fosse solita inserire nel suo eloquio frasi operistiche. E forse quella frase fu da lei rivolta a Pasolini in uno di quei momenti che talvolta capitano fra amanti, quando uno dei due cerca un contatto fisico e l’altro tergiversa, prima che la scintilla dell’amore fisico incendi anche i loro sensi. “Hai paura di me?” si dice allora in quei casi, e in tutto questo potrebbe stabilirsi un’interpretazione plausibile del componimento. “Timor di me” è una poesia molto bella, profonda. Di un bello pasoliniano, scabro e introverso. Maria è vista da Pierpaolo come un’apparizione ultraterrena (ctonia, dice lui) , la cui voce risuoni in un vuoto universale: “un vuoto nel cosmo”. E quel vuoto nel cosmo è anche l’intima solitudine di Pasolini. Poi i riferimenti più o meno consueti al vissuto di Maria Callas, ancora una volta il rapporto col padre, Parigi, l’artista che ha bisogno di donare, il canto perduto della primadonna.