Marie Antoinette, mostra prorogata fino al 10 giugno al Museo dei Tessuto di Prato dove debuttano i “Drappi d’oro e di seta” del Rinascimento

È una primavera dinamica e ricca di sorprese quella del Museo del Tessuto, che continua a rinnovare i contenuti delle proprie aree espositive per solleticare i cittadini ed i sempre crescenti turisti verso nuove occasioni di visita. Viene prorogata fino al 10 giugno 2018 la mostra “Marie Antoinette. I costumi di una regina da Oscar”. L’iniziativa espositiva sui celebri costumi realizzati dalla costumista italiana Milena Canonero per il film di Sophia Coppola si preannuncia tra le più visitate del Museo pratese. La proroga ha proprio l’obiettivo di dare seguito alle numerose prenotazioni ancora pendenti, oltre che collaborare attivamente alla buona riuscita della manifestazione Eat Prato (http://www.eatprato.it/it/ ) promuovendo la sinergia tra prodotti tipici ed offerta culturale del territorio.

Dopo la fine della mostra “Il Capriccio e la Ragione”, riapre al pubblico la Sala dei Tessuti antichi al piano terreno, con una mostra che valorizza la ricchissima collezione di tessuti rinascimentali del Museo. Il titolo della mostra è “Drappi d’oro e di seta. Tessuti per le corti europee del Rinascimento”, un percorso che illustra l’evoluzione delle produzioni tessili di lusso tra Quattro e Cinquecento, con oltre 120 esemplari – molti dei quali mai esposti prima al pubblico e restaurati appositamente per l’occasione dal Laboratorio di Restauro interno al museo La Tela di Penelope. Il percorso espositivo tra i tessuti è accompagnato dalla riproduzione in grande scala di 6 grandi personaggi della vita di corte rinascimentale italiana del periodo, tra cui Bianca Maria Sforza, Elisabetta Gonzaga, Sigismondo Malatesta, Cosimo Primo de’ Medici (a seguire la fotogallery).

Le immagini selezionate illustrano – attraverso i ritratti realizzati da pittori straordinari come Domenico Ghirlandaio, Piero della Francesca, Raffaello, Tiziano, Alessandro Allori – le fogge sartoriali in voga allora ed offrono puntuali riscontri ai tessuti in mostra, dando immediata evidenza dell’uso che di quei tessuti così preziosi e costosi veniva fatto a corte. L’arte della seta, nel Quattrocento e nel Cinquecento, raggiunge in Italia vertici altissimi di qualità tecnica e d’invenzione.
Città mercantili, con attività commerciali internazionali rodate già dal periodo medievale, quali Venezia, Milano, Firenze, Lucca, Genova, concentrano la loro economia intorno alla produzione di stoffe di seta come velluti, lampassi, damaschi arricchiti da effetti preziosi in filato metallico d’oro e d’argento. La lavorazione di tessuti operati di pregio richiedeva, oltre alla specializzazione in ogni parte del processo, la disponibilità di capitali da investire nelle materie prime – seta, metalli preziosi, sostanze tintorie – e la capacità di commercializzare il prodotto nei mercati del lusso di tutta Europa.
I proventi derivanti dalla produzione serica così come da quella laniera, si trasformano presto in capitali che portano alla costituzione di banche gestite dalle principali famiglie coinvolte in questa attività.

Tra i tessili di maggiore eccellenza si distingue il velluto, per la cui realizzazione occorreva un ingente quantitativo di seta (cinque volte di più di un tessuto semplice) oltre all’impiego di filati metallici preziosi. Tra i velluti più costosi sicuramente spiccano quelli con due o tre altezze di pelo, quelli con tintura in kermes e grana, quelli con trame lanciate e broccate in oro, tutti prodotti normati da una severa legislazione che ne stabiliva la densità dei fili, l’altezza della pezza e l’impiego di determinate sostanze tintorie. Una vera preziosità è rappresentata dal velluto Medici, un particolare tessuto araldico realizzato appositamente a Firenze per la nobile famiglia, che presenta un motivo a rosetta con al centro le celebri sette (ante XVI sec.) “palle” medicee rosse su fondo oro.

Un altro “cammeo” delle collezioni del Museo è inoltre rappresentato dalla “scarsella”, raro esemplare di borsa indossata dagli uomini del tempo attraverso una cintura in vita. Quella del Museo apparteneva probabilmente all’Arte del Cambio di Firenze, la corporazione che soprintendeva al cambio delle valute. Molto particolari i tessuti “a maglia moresca”, che trovano corrispondenza nello stile dell’arte islamica espresso negli stucchi delle architetture e nell’ornato dei metalli. Il caso più conosciuto e prezioso dell’arte tessile è lo splendido velluto dell’abito di Eleonora di Toledo dipinto dal Bronzino (1545).

Un aspetto interessante che illustra la mostra è la contaminazione dei disegni tra le diverse manifatture, anche con quelle straniere. Tra le principali è rappresentata quella di Bursa, in Turchia, che dai primi del Quattrocento inizia ad essere conosciuta e apprezzata anche in Europa attraverso la produzione di ricchi velluti.

Numerose e curiose anche le testimonianze dei “tessuti per la casa” del periodo: tovaglie, copricuscini – tra i quali uno di manifattura del Marocco –, manufatti a fibra mista in lino, cotone e lana, tipologia probabilmente impiegati nella funzione di coperte di rivestimento, biancherie di pregio in lino ricamato in seta, tra i quali i “fazzoletti da mano”, accessorio indispensabile nella moda del XVI secolo.