1977/2017: quarant’anni senza Maria Callas. La donna, il mito e una voce che emoziona dal profondo (con fotogallery)

di FULVIO VENTURI

Ero a Lucca il 16 settembre 1977 per una recita di “Rigoletto”. Alitava una voce per tutta la platea, per tutto il teatro, Maria Callas è morta. Chi vi prestava credito, chi no. Fu il baritono Aldo Protti a dare notizia certa di quanto era accaduto. Dopo il “Sì, vendetta, tremenda vendetta” venne al proscenio del Teatro de Giglio per dedicare la recita alla collega scomparsa. Rimasi seduto, senza commentare, attonito. Per me fu come se fosse finita un’epoca.

Ma chi era stata Maria Callas? Una cantante lirica, ovvio, nata a New York da genitori greci trasferitisi negli Stati Uniti in seguito alla morte dell’unico figlio maschio. Maria aveva una sorella di sei anni maggiore ed ebbe un’infanzia felice sino alla grande depressione causata dal crollo di Wall Street. Il padre, farmacista, perse il lavoro e fra i genitori iniziò a serpeggiare il disaccordo. Nel frattempo Maria e Jackie, la sorella, seguivano lezioni di musica, come voleva la madre. Studiavano il piano da una signorina di origine italiana. Maria dimostrò presto di avere voce per cantare. Imitava gli uccellini in casa, andava dietro alle cantanti che ascoltava per radio e aveva una vera ammirazione per Rosa Ponselle, la diva del Met. Fece anche dei piccoli concorsi, vinse qualche premio. Nel 1937, in seguito alla separazione dei genitori, Maria tornò in Grecia con la madre. Durante il viaggio in nave, il transatlantico italiano Saturnia, cantò La Paloma d’Yradier e l’Habanera dalla Carmen ad una festa di bordo. Alla fine di questo pezzo, come faceva la Ponselle sulla scena, prese una rosa e la lanciò al Comandante. Fu quello il primo suo trionfo e il trasferimento ad Atene fu una vera fortuna. Maria incontrò una grande cantante del passato, Elvira de Hidalgo e da lei apprese i segreti della tecnica antica. Picchettati, flautati, sopracuti, senza che la sua voce, robusta, scura e tendente al basso con naturalezza ne risentisse. La De Hidalgo le insegnò moltissime opere come “Norma”, “La Gioconda” e “Aida” che faranno parte del suo repertorio per sempre, ed anche lavori classici come “La Passione secondo Matteo” di Bach, o il “Didone ed Enea” di Purcell. Dopo sei mesi di studio con la De Hidalgo, Maria Callas ebbe il mio primo contratto con l’Opera di Atene. E la De Hidalgo stessa firmò il contratto per la minorenne allieva.

Quando scoppiò la guerra, nel 1940, ad Atene Maria Callas era già famosa. Cantava con i migliori cantanti greci in opere difficili, adatte a donne mature, e nel 1941 studiò “Tosca”. Il caso volle che, ammalatasi la cantante scritturata, i dirigenti del teatro chiamassero lei a sostituirla. Fu un grande successo. Maria Callas ricordò per sempre quella sera. Poiché era una ragazzona le sarte le ficcarono a forza un abito di velluto nero che le chiusero addosso con aperture e punti supplementari dappertutto, mentre in camerino, con gli occhiali sul naso e la De Hidalgo accanto, ripassava lo spartito. Venne anche il direttore d’orchestra ad accordarsi. Era preoccupato perché senza gli occhiali, in scena, non la ragazza non avrebbe visto nulla. Ma lei era tranquilla perché con la musica non sbagliava mai. E in palcoscenico, giunta al “Vissi d’Arte”, il teatro parve venire giù dagli applausi.

Intanto cominciavano a circolare voci sul suo brutto carattere. Dicevano che era ambiziosa, caparbia e disposta a tutto pur di emergere come la migliore. Poi la guerra diventò dura sul serio. Nel 1944, dopo tre anni di silenzio, si rifece vivo suo padre con una lettera e un po’ di soldi, pregandola di tornare in America. A questa lettera fece seguito anche una comunicazione dell’Ambasciata statunitense che la informava che Maria avrebbe perso la cittadinanza americana se non fosse rientrata nel paese dov’era nata e addirittura anticipava una somma di denaro per il viaggio. Così Maria rientrò da sola negli Stati Uniti.

Con suo padre, a New York stava abbastanza bene. Cercò di farsi sentire al Metropolitan e ci riuscì. Edward Johnson, già grande tenore e direttore artistico, le offrì di cantare Madama Butterfly e Fidelio, che allora si faceva in inglese. Ma per Butterfly Maria Callas riteneva di essere troppo grossa e cantare Fidelio in inglese le parve ridicolo. Non accettò.

Nell’inverno 1946, a Chicago, si unì ad una compagnia italiana che si stava formando sotto la guida di un grande impresario e di un grande agente. Il tenore principale era un livornese, allora famosissimo e con una splendida voce, Galliano Masini. Con lui doveva fare Turandot, ma quando le prove erano già avanzate, all’impresario fu chiesto di versare una cifra enorme per l’assicurazione del coro, così il progetto fallì e Maria Callas decise di tornare in Italia in cerca di fortuna.

Dopo un’audizione con il maestro Serafin giunse il suo grande momento, il debutto all’Arena di Verona con un’opera che ancora non aveva cantato, ma che si addiceva particolarmente ai suoi mezzi ed al suo temperamento “tragico”, “La Gioconda” di Ponchielli. Anche se non destò troppo scalpore, fu un successo e fu notata.

Iniziò così la vera carriera di Maria Callas (in alto una fotogallery che racconta alcuni momenti fondamentali della carriera della Callas: le fotografie sono dell’Archivio Venturi). Il maestro Serafin le offrì diverse scritture, quasi tutte presso un teatro prestigioso, La Fenice di Venezia, in opere pesantissime come “Turandot”, “Tristano e Isotta”, “La Walkiria”, “Parsifal”, “Aida”. Una sera, in camerino, mentre si apprestava ad andare in scena nella “Walkiria” e come le aveva insegnato la De Hidalgo, scaldava la voce con un vocalizzo da soprano leggero sull’aria “Qui la voce sua soave” dai “Puritani” di Bellini. La la moglie del maestro, che era stata una famosa cantante, Elena Rakowska, la sentì e rimase meravigliata. Le chiese come potesse fare quel vocalizzo prima di cantare una parte tanto pesante come quella di Brunilde e Maria Callas ammise candidamente che quel vocalizzo le serviva per tenere la voce leggera. La signora Serafin insistette e le chiese se “I Puritani” li sapesse tutti. “Sì” fu la risposta della Callas mentre entrava in scena. Il fatto era che la titolare dell’opera belliniana, Margherita Carosio, si era ammalata. L’indomani mattina una telefonata di Tullio Serafin annunciò a Maria Callas che lei stessa avrebbe cantato “I puritani” in luogo della collega indisposta.

L’esito di quei “Puritani” fece epoca. Si cominciò a parlare del fenomeno Callas perché una cantante che riusciva ad alternare in una settimana parti agli antipodi dello stile e della vocalità ancora non si era sentita, né in Italia, né altrove. Era il 1949.

A Verona, con “La Gioconda” del debutto italiano, aveva incontrato un signore, amico del maestro Serafin, veneto come lui, gentile, bonario, colto, appassionato d’opera e soprattutto di cantanti d’opera. Le rivolgeva complimenti che lei, alta quasi uno e ottanta, oltre cento chili, sempre affamata, miope e con un brutto carattere, ancora non aveva sentito. La corteggiò per due anni esatti, presenziando ad ogni sua recita, invitandola a cena, inviandole fiori. Era un industriale di nome Giovan Battista Meneghini e quando una sera a Venezia le chiese di sposarlo, anche se aveva 27 anni più di lei, Maria disse di sì. Tutti furono contrari, persino la De Hidalgo, ma lei aveva deciso e lo sposò.

Forse non fu amore, ma certamente Maria aveva un grande affetto per Battista, con lui si sentiva sicura. Erano inseparabili. Migliaia di fotografie li ritraggono insieme. Lui sempre preoccupato d’apparire più giovane, lei infagottata da gonne troppo lunghe atte a nascondere le sue caviglione, qualche gioiello sempre un po’ troppo pesante ed astrakan un po’ troppo vistosi. Ma parevan felici.

Nel 1950, a sorpresa, arrivò la chiamata dalla Scala. L’opera era “Aida” e anche in questo caso doveva sostituire una collega che stavolta era giovane come lei, ma più nota: Renata Tebaldi, voce d’angelo. Ovviamente Maria Callas accettò e da quella volta, più che per lei o per la Tebaldi, nel pubblico si accese una rivalità incomprensibile. La “greca” o “voce d’angelo”? E la loro amicizia, se mai era stata, finì tra ripicche e gelosie.

Seguirono dieci anni di successi trionfali che resero Maria Callas famosa in tutto il mondo.

(1- continua)