Il Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi a Modena: attenta lettura musicale, lucida la regia, svettante la vocalità di Anna Pirozzi

di FULVIO VENTURI

Giornate vibranti per gli appassionati d’opera e della musica di Puccini in Emilia dove nei giorni scorsi, a Bologna, è andata in scena una bellissima produzione della Bohème e dove, anticipando leggermente il centenario della prima rappresentazione assoluta, che si terrà nel prossimo dicembre, a Modena (*), è stato allestito il « Trittico ». Occasione ghiotta, sia per la scarsa frequenza con la quale Il Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi vengono presentate in una stessa serata, sia per le lusinghe che il cast offriva sulla carta. Bisogna dire che la produzione, anche ad una certa distanza – poiché questo Trittico fu «varato» dieci anni fa – regge alla grande. Fascinoso l’impianto scenico di Giulio Andrico, belli i costumi di Gianluca Falaschi, lucida la regia di Cristina Pezzoli.

A questi elementi visivi si deve aggiungere l’attenta lettura musicale che delle tre complicate e smaglianti partiture dispiega Aldo Sisillo dal podio direttoriale.

IL TABARRO / fotogallery 1

In questo Tabarro (anche nella foto sopra il titolo) regna la tradizione. Barcone, ponte, Senna, luci serali e Parigi. D’altronde la partitura è così moderna, diremmo perfetta, a dispetto dei dubbi e dei ripensamenti di Puccini, che è difficile poterla pensare diversamente, tanto pronunciati sono gli elementi principali, ovvero erotismo, lutto e rimpianto. Detto di Sisillo, che coglie con grande sensibilità i momenti «fluviali» della partitura, e accende i passi più caldi scatenando anche delle belle masse di suono, bisogna aggiungere la solidità di un cast omogeneo, dove è emersa l’umanità di Ambrogio Maestri, la generosità (un poco brada invero) di Rubens Pelizzari, la svettante vocalità di Anna Pirozzi (veramente bello il do della «nostalgia») e dove le parti di fianco erano assolte con perizia, a partire dalla esperta Frugola di Anna Maria Chiuri (quanto è difficile quell’aria irta di la naturali e ricca di contrattempi).

SUOR ANGELICA / fotogallery 2

Suor Angelica è trattata dalla regista Cristina Pezzoli con mano ferma e dolcezza di donna. Nessuna concessione alla oleografia, e un finale che riesce ad emozionare (ma rimanere impassibili sulla musica di Puccini, lì, è veramente difficile) senza scadere in quel kitsch che l’apparizione di «ombre care» (citiamo a proposito il titolo di un quadro di Grubicy de Dragon dedicato a Giorgio, il figlio di Toscanini morto a nove anni) e salvifiche madonnine potrebbe indurre. Qui ha spiccato la Zia Principessa non priva d’intenerimenti, ma rigorosa e parimenti inflessibile di Anna Maria Chiuri. Anna Pirozzi, al debutto nel personaggio (anche nel Tabarro lo era), ha dispiegato solidità e tenuta, doti comunque necessarie all’assolvimento di questa parte che, al di là delle emozioni che sempre suscita, rimane difficilissima dal lato tecnico, acuta e temporalmente diffusa. Il personaggio deve maturare. Bravo Sisillo nel mantenere gli equilibri di una partitura elegantissima, puccinianamente dissonante e ricca di particolari.

GIANNI SCHICCHI / fotogallery 3

Nella visione di Cristina Pezzoli, Gianni Schicchi sembra più che opera comica, espressione caricaturale. Costumi atemporali, ma “antichi”, parrucche sovrabbondanti, trucco “esagerato”. Tutti “al pezzo” i cantanti alle prese con parti apparentemente simpatiche, ma irte di difficoltà, da pronunciare, per scelta, poiché né partitura, né libretto danno indicazione alcuna in tal senso, in un falso toscano scomodo e non meno caricaturale della lettura regista. Cominciando, ovviamente dal protagonista Ambrogio Maestri, che da questo lato (ma neanche da quello vocale) si è davvero risparmiato. Basterebbe ascoltare uno di quei «vecchi»
dischi realizzati fra il 1950 e il 1960 per rendersi conto che quel calcare la mano sugli aspetti «toscani» di quest’opera, una volta non si metteva in pratica, né era richiesto. D’altra parte Puccini, Forzano e se volete Dante, che toscani erano, sapevano bene come fare.
Ma per tornare allo spettacolo, dalla mise-en-place di Cristina Pezzoli esce uno Schicchi strano, nel quale è impossibile provare vera simpatia per i vari personaggi, persino per la coppia “giovane” Rinuccio-Lauretta impersonata da Marco Ciaponi e Lavinia Bini, appesantita da una caratterizzazione caricaturale realmente molto accentuata. Bisogna dire che fra grettezza, astio, imbroglio, tanta simpatia è anche difficile provarla, né si può dimenticare che, come dice Forzano nel libretto, per quelle «bizzarrie» almeno il protagonista è stato cacciato all’inferno. E così sia. Ma il pubblico che affollava la sala, divertito, ha concesso l’attenuante di lunghi e scroscianti applausi.

(*) Domenica 28 gennaio 2018 alle ore 15.30 al teatro Comunale Luciano Pavarotti di Modena replica del trittico – Il Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi – alle ore 15.30. Sabato 27 gennaio alle ore 17 (ingresso libero), sempre al teatro, presentazione del libro “La verità di Elvira. Puccini e l’amore egoista” di Isabella Brega. Partecipa Raina Kabaivanska, previsti alcuni intermezzi musicali e vocali.

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