Processo a Lenin cent’anni dopo la rivoluzione bolscevica. La giuria popolare (per tre soli voti) assolve il dittatore comunista

Lenin è innocente. La sentenza è arrivata sabato 11 novembre 2017 alle 18. La giuria popolare ha assolto (con una votazione di misura) il dittatore comunista durante il “processo” che è stato celebrato nell’ambito del Pisa Book Festival. A cento anni dalla Rivoluzione d’ottobre in cui ebbe un ruolo da protagonista, per Vladimir Il’ič Ul’janov si sono aperte le porte di uno speciale tribunale alla fiera nazionale dell’editoria italiana indipendente (nella foto sopra il titolo, da sx, i professori Cannella, Andreucci e Carpi).
All’appello lanciato a fine ottobre dal Pisa Book Festival per comporre la giuria popolare hanno risposto centinaia di persone. In trenta sono stati selezionati pr sedersi sulla gradinata del “tribunale” della sala Pacinotti, affollata per l’occasione.
L’udienza è iniziata come da programma alle 17.il tribunale popolare della sala pacinotti

Il “giudice” Franco Andreucci, che ha insegnato Storia contemporanea all’Università di Pisa ed è fra i massimi esperti italiani di storia del socialismo, del marxismo, della socialdemocrazia tedesca e del Partito comunista italiano (fra i suoi ultimi lavori: Da Gramsci a Occhetto. Nobiltà e miseria del Partito comunista italiano 1921-1991 (Della Porta editore), ha subito dettato le regole: “Questa non è una commedia – ha detto marziale e imperturbabile – Stiamo parlando di un passato fatto di tragedie. Il popolo russo non ha nulla di divertente da raccontare degli ultimi suoi tre secoli fatti di dittature ed atroci tragedie”. E ha invitato i due “avvocati” a “mettere al bando le ideologie e a portare prove documentali”.
Prende per primo la parola Ettore Cinnella, già professore di Storia contemporanea e di Storia dell’Europa orientale all’Università di Pisa (fra i più illustri sovietologi italiani, Cinnella ha raccontato la rivoluzione russa in molti scritti, fra i quali 1905. La vera rivoluzione Russa, L’altro Marx, Ucraina. Il genocidio dimenticato 1932 – 1933, e 1917. La Russia verso l’abisso (Della Porta Editori): “L’opera politica di Lenin fu una atroce catastrofe, un fallimento colossale. Questo giudizio si acquisice dalla storia della Russia dal 1918 fino al crollo dell’Urss. Lenin – è questa l’accusa mossa al dittatore – ha calpestato e tradito gli ideali socialisti e si è macchiato di crimini contro quegli stessi contadini che diceva di difendere. Usò massicciamente gas tossici per stanare i contadini ribelli e fece rastrellare i villaggi. La sua ossessione erano proprio loro, i kulaki, cioè i contadini. Ne ha fatti ammazzare a milioni. Voglio demolire la teoria per cui Lenin diede riscatto alla classe operaia”.
Cinnella legge i documenti choc che accusano Lenin e il suo regime comunista, contenuti nel suo libro “1917, la Russia verso l’abisso”: “Nei diari della polizia comunista vengono descritti i metodi repressivi che, si può dire, sono peggio di quelli usati dai nazisti. Nel 1920, Lenin ordinò di fucilare operai solo perché sospettati di sabotaggio e di non lavorare per il regime. Nella primavera-estate del 1918 un verbale della sua polizia sanguinaria spiega le regole per “educare” i contadini: “impiccare – legge l’atroce documento Cinnella – i kulaki all’aperto, in modo che la gente veda; prendergli il grano, fucilare gli ostaggi come indicato nel telegramma di ieri”. E ancora, un altro documento ufficiale: “Per ogni nostro compagno ucciso, uccideremo centinaia di insorti”. Il tempo stringe e Cinnella non riesce a terminare la parte più dolorosa del suo discroso accusatorio, quello che inchioda il feroce dittatore attraverso i documenti che raccontano l’uso di gas tossici contro milioni di persone.

i giurati assolvono lenin
L’arringa difensiva tocca a Guido Carpi, professore di letteratura russa all’Orientale di Napoli, autore di una monumentale storia della letteratura e del saggio storico Russia 1917. Un anno rivoluzionario (Carocci): “Bisogna conoscere il contesto in cui matura la Rivoluzione. Quella avvenuta in Russia è frutto di profonde contraddizioni di lungo periodo. Negli anni degli zar c’era stato un ipersfruttamento del ceto contadino annientato da una cronica fame di terra. Dopo la Prima Guerra Mondiale, le élites europee avevano creato un apparato di coercizione e violenza di massa. Per un autentico giudizio su Lenin – inclaza Carpi – ci si deve chiedere se ci fossero altre strade da percorrere. E la risposta è no”. E ancora, sulle requisizioni forzate di alimenti e grano: “Erano già iniziate nel 1916 dagli zar perché i rapporti città-campagna si erano spezzati. I contadini, afflitti da cronica fame di terre, volevano rinchiudersi nel loro ristretto autoconsumo. Le cose descritte da Cinnella sono tremende, è vero, ma i problemi andavano risolti in qualche modo, e il comitato riunito dopo la Rivoluzione servì a poco. Lenin ebbe nove dita di pelo sullo stomaco a fare la Rivoluzione ed ebbe una visione lunga e universale della storia del suo popolo”. Carpi conclude la sua orazione citando le parole con cui Indira Gandhi esalta la figura di Lenin.

Andreucci interroga la giuria per alzata di mano (foto sopra a destra). Con una maggioranza risicata (di soli 3 voti), il compagno Lenin viene assolto. Carpi festeggia levando il pugno chiuso.