Il movimento di Ferdinando Chevrier in una mostra antologica alla Fondazione Livorno. Un percorso con oltre cento opere e molti documenti

In piazza Grande, nel cuore del centro di Livorno, c’è un palazzo che vive di arte. E’ la sede della Fondazione Livorno, che custodisce un grande patrimonio artistico e che, periodicamente, promuove mostre importanti. Come l’antologica dedicata a Ferdinando Chevrier, livornese doc, un pittore che ha lavorato per molti anni a Milano. Nato nel gennaio 1920, è scomparso a Livorno – dove era tornato a vivere da qualche tempo – il 31 luglio del 2005. L’esposizione in corso (resterà aperta fino al 4 marzo 2018) si intitola “Il movimento e la tensione” ed è a cura di Elena Pontiggia.

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La locandina della mostra antologica dedicata a Chevrier (nella foto sopra il titolo, un particolare)

Si tratta di una mostra corposa (la prima antologica dopo la morte del Maestro), il cui percorso è composto da un centinaio di opere che ripercorrono tutta la vita artistica di Chevrier. Un percorso che avvolge il visitatore in una spirale crescente di emozioni visive e sensoriali, perché il movimento del titolo è tridimensionale, vorticoso, inebriante. Dalle giovanili opere figurative e neocubiste si arriva alle “onde” degli ultimi anni di lavoro. Nel mezzo stanno le opere astratte dei primi anni Cinquanta, quando Chevrier aderisce al M.A.C., il “Movimento Arte Concreta” che nasce a Milano nel 1948, fondato da Soldati, Munari, Monnet e Dorfles. Il movimento delle diagonali e dei colori va così a intersecare lo spazio temporale anelando verso l’infinito.

IMG_6264La mostra documenta inoltre il periodo informale, ispirato al mondo organico e cellulare. “È necessario ancorare l’arte all’unica realtà che non ammette mistificazione, cioè la dimensione biologica” diceva l’artista, come si legge in una nota della Fondazione Livorno. Infine gli ultimi anni, quando l’artista crea una “volumetria rotante” che, anch’essa, rincorre l’infinito. Ma, come accennato, il movimento è alla base di tutta la produzione artistica di Chevrier che nel percorso allestito alla Fondazione Livorno è accompagnato da importanti documenti cartacei e fotografici della sua opera. E da alcune sculture anch’esse legate al concetto di movimento. Interessante, fra l’altro, il bozzetto e la documentazione relativa ad un affresco realizzato in un’abitazione livornese oltre mezzo secolo fa e andato perduto successivamente. Un soggetto che si ritrova nel bozzetto in mostra e in una tela che è speculare all’opera.

In occasione della mostra antologica (che si visita grazie ad una serie di visite guidate durante le quali viene approfondita la conoscenza di Chevrier) è stato pubblicato un catalogo, secondo volume della Collana editoriale Livorno Arte e Cultura, con testi di Elena Pontiggia, vasti apparati critici e la riproduzione delle opere esposte. (e.a.)IMG_6265

Ferdinando Chevrier, la biografia

Ferdinando Chevrier (Livorno 1920-2005) esordisce nel 1947, ma si appassiona alla pittura già a tredici anni, quando nel 1933 vede una mostra futurista alla Bottega d’Arte di Livorno. Apprende i primi rudimenti della pittura da un pittore postmacchiaiolo, Renuccio Renucci (Livorno 1880-1947), che conosce nel 1936. Dopo le prime prove figurative si dedica all’astrattismo geometrico. Dopo la seconda guerra mondiale (era stato impiegato sul fronte greco-albanese), nel 1950 aderisce al M.A.C ed espone in una personale nel 1951 a Milano, oltre che nelle collettive del gruppo. Sempre nel 1951, dopo aver conosciuto Dorazio e Perilli, partecipa alla mostra “Arte astratta e concreta”, organizzata dall’Age d’Or e dall’Art Club. Stringe inoltre amicizia a Firenze con Berti, Brunetti, Monnini, Nativi e Nuti, esponenti dell’Astrattismo Classico, e nel 1952 espone nella Galleria Numero di Fiamma Vigo. Intorno al 1956 si avvicina all’informale, ma a partire dagli anni Settanta torna a una geometria dai forti caratteri dinamici. Nel 1974 si trasferisce a Milano, dove vivrà per trent’anni. Scompare nel 2005 a Livorno.