“Il mio Don Chisciotte”, le undici “carte” di Roberto Saviozzi in mostra a Livorno (guarda la fotogallery)

Ci sono date, quindi anniversari, che non possono passare inosservati. Come i quattrocento anni dalla morte di Cervantes, autore di quel capolavoro della letteratura che è “Don Chisciotte della Mancia”. 1616/2016: Cervantes e il suo Don Chisciotte sono sempre con noi, più vivi che mai. E quattrocento anni dopo ispirano altri artisti. Come Roberto Saviozzi che – racconta – “stimolato dalla ricorrenza ho deciso di fare una rilettura del capolavoro con l’intento di indagare meglio l’inverosimile mondo donchisciottesco, alla ricerca di particolari situazioni e dettagli che di qui mondo potessero significativamente e sinteticamente rendere conto”.

Questa volta Saviozzi non lavora sui frammenti colorati per lui così familiari, compagni di un viaggio artistico lungo e prolifico. Questa volta l’artista, già attivo nel Gruppo Attias di Livorno, ha scelto il bianco e nero, dove comunque il tema del frammento va ripetendosi come elemento caratterizzante delle opere. Tratti decisi, così come il contrasto fra il bianco e il nero è netto, capace di dare una surreale tridimensionalità al mondo visionario di Don Chisciotte e alle emozioni dell’artista davanti alle storie dispiegate da Cervantes. “Ho raccontato, attraverso undici carte che compongono l’opera, di battaglie e di avventure – dice ancora Saviozzi – di speranze e di delusioni dell’hidalgo e del suo scudiero, le cui immagini, così come da me immaginate, sono pure presenti nell’opera stessa”.

Undici carte, undici racconti, undici fantasie, undici riflessioni. Un percorso d’arte che da venerdì 24 marzo 2017 va a concretizzarsi in una mostra – “Il mio Don Chisciotte” è il titolo – allestita a Livorno (città dove Roberto Saviozzi vive e lavora) presso il Circolo culturale d’arte di Antonio Amato, in via Michon 22, dove l’esposizione resterà aperta fino al 30 marzo (orario galleria 10/12.30, 16/19, domenica chiuso).

“Proprio con la forza concreta del bianco e nero, non a caso Saviozzi  racconta il suo viaggio nell’opera come una gratificante avventura alla ricerca di quell’ignoto che l’esperienza di lettore gli riservava – scrive Lorenzo Greco, docente universitario, scrittore e critico – Ben presto si è ritrovato in un labirinto intimo, meno semplice da comprendere, fatto di forme disgregate in frammenti, e proprio la scelta dei bianchi e neri gli ha permesso una maggiore libertà rappresentativa”.

“Considero questo lavoro come una tappa, in sé conclusa, del mio percorso artistico – scrive Saviozzi nel catalogo – il quale si è articolato nel corso di oltre un cinquantennio, secondo modalità di ricerca di varia impostazione e genere. Ho così pensato di dare conto di alcune fasi di tale mia ricerca ai visitatori della mostra esponendo, a fianco de “Il mio Don Chisciotte”, una essenziale antologia pittorico-grafica. L’ho fatto per segnalare ad essi visitatori, l’opportunità di una lettura dell’opera ‘nel contesto’ del mio lavoro complessivo”.