Due riscoperte: “Le Cinesi” e “Rosmonda d’Inghilterra”

di Fulvio Venturi

Presso l’Opera di Firenze si è tenuto a metà ottobre 2016 il Belcanto Festival. Questa rassegna che ha compreso concerti e produzioni operistiche può essere considerata un fiore all’occhiello della programmazione del teatro fiorentino. Il Belcanto Festival, infatti, oltre ai concerti dedicati al sempre verde Chris Merritt (bentornato!), allo stupefacente tenore Michael Spyres, all’attesissima prima donna Jessica Pratt, nonché alla “Maratona di Belcanto” che si è tenuta in anteprima, ha messo in campo ben due interessanti riscoperte operistiche, “Le Cinesi” di Manuel Garcia e “Rosmonda d’Inghilterra” di Gaetano Donizetti.

Manuel Garcia, celebre tenore rossiniano (fu tra l’altro il “creatore” del personaggio del Conte di Almaviva nel “Barbiere di Siviglia”) del quale ricordiamo epiche imprese canore e padre delle due ancor più famose prime donne Maria Malibran e Pauline Viardot, fu anche compositore e rinomatissimo docente. Del suo catalogo rimangono molti titoli, quasi tutti dimenticati, ovvero una quarantina di opere, operine, burlette, tonadillas, e operetas. Queste “Cinesi” (foto piccola sotto a sinistra), testo metastasiano già messo in musica da diversi altri autori fra i quali Christoph Willibald Gluck, furono composte nel 1831 per gli allievi della Accademia musicale di Parigi nella versione originale per voci e pianoforte.

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L’argomento è quello eterno del teatro nel teatro e del primato fra i vari generi operistici: il drammatico, il pastorale e il buffo. A discuterne sono tre amiche cinesi, Lisinga, Tangìa e Sivene, e il fratello della prima, Silango, appena rientrato dall’Europa. In perfetto connubio con l’idea primigenia, il Belcanto Festival ha riproposto la versione filologica dell’operina, dunque canto e pianoforte, affidando la parte esecutiva al pianista e concertatore Michele d’Elia, nonché a Francesca Longari (Lisinga), Giada Frasconi (Sivene), Ana Victoria Pitts (Tangìa) e Patrick Kabongo Mubenda (Silango), allievi dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino, le parti di canto. Ne è uscita una lettura freschissima anche per la regia di Jochen Schoenleber, nella quale gli allievi hanno dimostrato di possedere doti promettenti sia dal lato vocale, che da quello scenico siglando una prova cui non sempre è dato di assistere nelle produzioni “maggiori”. La messa in scena delle “Cinesi” ha avuto luogo nel delizioso Teatro Goldoni di Via Santa Maria.

“Rosmonda d’Inghilterra”, opera di rarissima esecuzione, si basa sulla storia di Rosamund Clifford, amante di Enrico II Plantageneto e accoltellata per gelosia dalla regina Eleonora d’Aquitania. Dopo la prima rappresentazione fiorentina del 1834 fu eseguita a Livorno nel 1845 (Teatro degli Avvalorati) per essere poi obliata. Ad una analisi del catalogo donizettiano, tuttavia, si nota che questa “Rosmonda”, con “Parisina d’Este”, “Lucrezia Borgia”, “Gemma di Vergy” e “Marin Faliero” appartiene al gruppo di opere che immediatamente precede la venuta di “Lucia di Lammermoor” e che contiene comunque spartiti di grande interesse e qualche capolavoro. E per la verità anche “Rosmonda d’Inghilterra”, specie nel primo atto dove l’invenzione melodica procede di pari passo con la speditezza degli eventi scenici, l’impressione di essere lavoro di grande solidità e bell’involo la dà tutta. A parte un incisivo duetto fra la “cattiva” Leonora ed il vacillante re Enrico, appare non di meno più labile il secondo atto, quando la vena elegiaca evocata dal libretto di Felice Romani, ovvero il gemito del vento, il mormorar dell’onda, la notte, fatica ad emergere dalle intenzioni per restare forse prigioniera delle convenzioni musicali.

Dove Belcanto Festival e Opera di Firenze si sono invece superati è stato nel mettere insieme un cast di altissimo livello, degno delle auree tradizioni del grande teatro toscano. Sotto l’ottima direzione di Sebastiano Rolli tutti i cantanti (nella foto grande sopra al titolo) hanno destato l’ammirazione del pubblico a partire dalla rivelazione Raffaella Lupinacci (il “travesti” Arturo) e da un correttissimo Nicola Ulivieri (Clifford), ad una fulgente Eva Mei (Leonora), elegantissima e sexy  in un memorabile abito da gran sera e adeguata acconciatura, ad un Michael Spyres (Enrico II) ancora in gran spolvero ed una Jessica Pratt (Rosmonda) che ha affrontato con estrema facilità la parte dolente ed impervia della protagonista, affidata all’epoca della creazione a Fanny Tacchinardi Persiani come quella di Lucia di Lammermoor. Ottimo il coro guidato dal Maestro Lorenzo Fratini e orchestra, ça va sans dire, in grande assetto come sempre in questo periodo. Entusiasmo alle stelle fra gli appassionati del melodramma ottocentesco convenuti a Firenze da tutta Italia e non solo per questa felice riproposizione.