La “Fanciulla” si addice al Goldoni. Generosa l’interpretazione di Svetla Vassileva, bravo il direttore James Meena. Elegante la firma di Ivan Stefanutti (con fotogallery)

di FULVIO VENTURI

A conclusione della tournée che l‘ha portata anche a New York, La Fanciulla del West, coprodotta da Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Lirico di Cagliari, Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro Comunale di Modena, Teatro Verdi di Pisa e Teatro Goldoni di Livorno, è giunta anche su quest’ultima piazza.
Viene da dire subito che raramente il luogo che ospiti una produzione, e in questo caso il Teatro Goldoni, è parso assurgere a rango di protagonista. Bella la sala, adeguata ad una partitura tanto doviziosa l’acustica, realistici gli spazi, soprattutto l’amplissimo boccascena, per un‘opera di movimento come La Fanciulla del West. Ci sia passata la citazione baudeleriana, ma i suoni e i profumi dell‘orchestra pucciniana, sabato sera (3 marzo 2018, ndr), volteggiavano nell’aria creando una languorosa vertigine (cfr. Fleurs du Mal, Harmonie du Soir). E questo, complice l’ottima condizione dell’Orchestra della Toscana, assai più nitida di come l’avevamo ascoltata a Lucca nella stessa produzione tre mesi fa, ha assicurato alla serata un vibrante successo. In palcoscenico l’elegante firma di Ivan Stefanutti si è fatta notare. Se la regia non ha aggiunto elementi a quelli che già conoscevamo, le scene, i costumi e financo le proiezioni erano realizzate da mano maestra. E nella vasta dimensione spaziale il giuoco scenico, essenziale nel primo e nel terzo atto dell’opera, ha trovato giovamento riguardo, ad esempio, alle recite lucchesi che già recensimmo.

I atto – Fanciulla del West – foto Andrea Simi
Primo atto (foto di Andrea Simi)

Sempre rispetto a quelle rappresentazioni lucchesi analizzate dalla nostra testata, a Livorno sono stati operati sostanziali cambiamenti nel cast, dove Svetla Vassileva (nella foto sopra il titolo, ph. Priamo Tolu. A destra un’immagine corale, ph. Andrea Simi) ha sostituito Amarilli Nizza nel ruolo della protagonista. La nota cantante bulgara tornava a Livorno, città del suo debutto, avvenuto ventidue anni orsono in una ripresa dell’operetta Sì di Mascagni, ha risolto con generosità e perizia le infinite difficoltà della parte, sfoggiando un registro acuto molto sicuro ed una tenuta notevole. Si può dire che per la protagonista ogni singolo atto della Fanciulla del West possa risultare gravoso quanto un’intera opera, ma Svetla Vassileva ha trovato i momenti migliori proprio nel toccante finale (a seguire la fotogallery).

Il baritono Enrico Marrucci ha rivestito i panni dello sceriffo Jack Rance in luogo del collega Elia Fabbian con una certa distinzione. Appartiene a quella categoria d’interpreti che vede nello sceriffo pucciniano più un grand-seigneur decaduto che un biscazziere di pochi scrupoli. Il tenore Enrique Ferrer è invece rimasto al suo posto come Dick Johnson. Il suo timbro non presenta particolari lusinghe, ma anch’egli ha dimostrato tenuta e il personaggio alla fine è stato convincente. La moltitudine di minatori, banditi, indiani, spedizionieri, postiglioni che costituisce insieme con orchestra e coro l’anima di questa meravigliosa creazione pucciniana si è mossa con efficacia, massime l‘ottimo Sonora di Giovanni Guagliardo. Tutti, nondimeno, Gianluca Bocchino, Alessandro Abis, Andrea Schifaudo, Pedro Carrillo, Alessio Verna, Marco Voleri, Tiziano Barontini, Giuseppe Esposito, Federico Caverzan, Sabina Cacioppo, Carlo Di Cristoforo, Ricardo Crampton, Antonio Della Santa, meritano una citazione.

 

Il direttore James Meena non ha fallito un attacco ed ha concertato con indubbia perizia. Una maggiore speditezza ed una certa graffiante incisività, ad esempio nella scena del ritrovamento di Johnson e nella partita a poker, avrebbe senz’altro giovato al pathos della serata che a tratti ha latitato. L’Orchestra della Toscana ha suonato con lo stile che gli riconosciamo e questo lo abbiamo già detto. Ottima nella sezione a corde, leggerina in altre sue componenti. Ma ha fatto piacere constatare il ritrovamento di una forma che qualche mese fa pareva appannata, e la pulizia del suono nella ariosa dimensione del Goldoni era davvero gradevole. Molto meglio che in altre serate anche il coro del Festival Pucciniano istruito da Elena Pierini. Applausi copiosi (e non sempre appropriati: che senso abbia interrompere il flusso sonoro dopo Ch’ella mi creda e al termine del concertato della redenzione non si sa. Fortuna che il direttore è andato avanti) da parte di un pubblico non foltissimo. A tanti La Fanciulla del West, autentico capolavoro del repertorio italiano, è ancora sconosciuta. Infine un marginale dato storico. La Fanciulla del West tornava sul palcoscenico del Goldoni (non a Livorno in assoluto poiché era stata data alla Gran Guardia) per la prima volta dal lontano 1957. Gigliola Frazzoni, Franco Corelli e Piero Guelfi in palcoscenico, quella volta. Lo so, non si dovrebbe dire, ma lo dico. Bei tempi.

Kristin Sampson (Minnie) – Gianluca Bocchino (Nick) – foto Andrea Simi

  • Domenica 4 marzo 208 ultima rappresentazione per La fanciulla del west, il capolavoro “americano” di Giacomo Puccini. L’appuntamento al Teatro Goldoni di Livorno è per le ore 16.30.
    Rispetto alla prima di sabato 3 marzo 2018, il cast vede un’unica variazione e proprio per il ruolo della protagonista: a vestire i panni di Minnie, la Fanciulla proprietaria del saloon “La Polka” nel lontano West di metà Ottocento ai tempi della febbre dell’oro, sarà il soprano americano Kristin Sampson, che ha già tenuto a battesimo con grande successo le edizioni realizzate negli Usa (nella foto in alto a destra, ph. Andrea Simi).